17 Giugno 2025

Autoconvocazione dell’assemblea di condominio ex art. 66 disp. att. c.c.

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, sez. II, Ordinanza del 21.02.2023 n. 5319, Pres. F. Manna, Est. A. Scarpa

Massima:La richiesta di convocazione dell’assemblea condominiale può provenire da due condomini, che rappresentino un sesto del valore dell’edificio, e non richiede alcuna forma solenne, ex art. 66 disp. att. c.c., essendo sufficiente che giunga presso l’indirizzo indicato dall’amministratore al momento dell’accettazione dell’incarico ovvero presso l’indirizzo affisso sul luogo di accesso al condominio, il quale non coincide necessariamente con la residenza o il domicilio”.

CASO

Tizia e Caio avevano impugnato la delibera relativa alla nomina dell’amministratore approvata dall’assemblea del Condominio Alfa, convocata su iniziativa di alcuni condomini a norma dell’art. 66, comma 1, disp. att. c.c.

Gli attori avevano dedotto, tra l’altro, che l’avviso di convocazione non riportava i nomi dei condomini che avevano assunto l’iniziativa e che lo stesso era stato consegnato a mani alla signora Sempronia.

Il Tribunale di Roma, con ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. dava atto che la nomina dell’amministratore risultava confermata da successiva delibera assembleare, dichiarando cessata la materia del contendere e, invocato il principio della soccombenza virtuale ai fini della regolamentazione delle spese di lite, compensava le stesse tra le parti senza alcuna specifica motivazione.

Tizia, pertanto, proponeva appello per la violazione della normativa inderogabile in materia di autoconvocazione dell’assemblea – art. 66 disp. att. c.c. – poiché la richiesta di convocazione era stata inviata all’indirizzo del Condominio e non al domicilio dell’amministratore, e perché lo stesso avviso di convocazione era carente di sottoscrizione.

La Corte d’Appello di Roma respingeva il gravame invocando l’assenza di previsione di una forma particolare per l’invio all’amministratore della richiesta di convocazione dell’assemblea e per la convocazione diretta operata dai condomini.

Quanto al luogo di invio della raccomandata, la Corte territoriale riteneva che lo stesso potesse essere indentificato con lo stesso stabile condominiale, in quanto fornito di servizio di portineria e di una sala per le riunioni dove poter svolgere le assemblee.

Inoltre, l’avviso di convocazione di detta assemblea non era “anonimo”, stante l’allegata lettera di chiarimento da parte di tre condomini che ne avevano assunto la “paternità”.

Tizia, pertanto, proponeva ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione respingeva il ricorso.

QUESTIONI

Con il primo motivo Tizia lamentava la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1131 c.c. e 66 disp. att. c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto valida ed efficace la richiesta di autoconvocazione dell’assemblea ai sensi del richiamato art. 66 disp. att. c.c.  pur non essendo la stessa mai stata inoltrata all’amministratore presso il suo domicilio o studio professionale.

Secondo Tizia la compiuta giacenza della raccomandata inviata all’amministratore presso lo stabile condominiale avrebbe provato l’inidoneità del recapito prescelto.

Con la seconda doglianza la ricorrente deduceva la violazione e falsa applicazione dell’art. 66 disp. att. c.c., per avere la Corte capitolina ritenuto valido ed efficace l’avviso di convocazione dell’assemblea straordinaria, sebbene priva di qualsivoglia sottoscrizione e/o riferibilità ai tre condomini che avevano inviato l’invito all’amministratore, anche se gli stessi rappresentavano un sesto del Condominio nel rispetto dell’art. 66 disp. att. cc.

Stante la sola proposizione del ricorso per cassazione da parte di Tizia – e non anche di Caio – la Corte di legittimità teneva a premettere che secondo unanime orientamento, l’impugnazione di una delibera assembleare di condominio determina fra i condomini che siano stati parte del giudizio una situazione di litisconsorzio processuale, sicché, ove la sentenza che ha statuito su tale impugnativa venga impugnata da alcuni soltanto di tali condomini, il giudice del gravame deve disporre l’integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c. nei confronti degli altri, quali parti di una causa inscindibile, ancorché il gravame riguardi, come nel caso in esame, le sole spese di lite, trattandosi di capo accessorio che condivide il carattere di inscindibilità della causa principale.

Tuttavia, la suddetta integrazione nel caso di specie veniva ritenuta superflua, in quanto il ricorso appariva infondato.

La Corte premetteva come qualora la delibera assembleare impugnata venga revocata o sostituita con altra delibera, successiva alla proposizione del giudizio, si verifica la cessazione della materia contendere, atteso che la sussistenza dell’interesse ad agire deve valutarsi non solo nel momento in cui è proposta l’azione, ma anche al momento della decisione[1].

Allorché il giudice rilevi la cessazione della materia del contendere nell’impugnazione di una delibera condominiale la pronuncia finale sulle spese deve avvenire in base ad una valutazione di soccombenza virtuale, sicché il giudice del merito è espressamente tenuto ad eseguire un giudizio complessivo ed unitario, sostanzialmente prognostico in relazione sull’originaria fondatezza delle contrapposte domande ed eccezioni proposte dalle parti, al fine di decidere sull’incidenza della potenziale soccombenza sull’onere delle spese.

Secondo i giudici di legittimità, pertanto, la ricorrente avrebbe potuto diversamente dolersi della declaratoria di cessazione della materia del contendere, in ragione del venir meno dell’interesse alla prosecuzione del giudizio, non potendo viceversa limitarsi, come fatto, a contestare la decisione per questioni di merito.

Risulta, difatti, sottratta all’ambito del devoluto in sede di appello nonché in sede di legittimità, la statuizione di cessazione della materia del contendere, la quale perciò è coperta da giudicato interno formatosi ai sensi dell’art. 329, comma 2, c.p.c..

Spetta, invece, al giudice del merito, nel caso in cui dichiari cessata la materia del contendere, di deliberare il fondamento della domanda per decidere sulle spese secondo il principio della soccombenza virtuale, decidere, cioè, se la domanda avrebbe dovuto essere accolta o rigettata nel caso in cui non fosse intervenuta la cessazione della materia del contendere, con apprezzamento di fatto la cui motivazione è sindacabile in cassazione ove siano enunciati motivi formalmente illogici o giuridicamente erronei.

In materia di spese giudiziali, il sindacato di legittimità trova spazio nel caso in cui il giudice di merito abbia violato il principio della soccombenza, ponendo le spese a carico della parte risultata vittoriosa, e ciò vale sia nel caso in cui la controversia venga decisa in ognuno dei suoi aspetti, processuali e di merito, sia nel caso in cui il giudice accerti e dichiari la cessazione della materia del contendere e sia, perciò, chiamato a decidere sul governo delle spese alla stregua del principio della cosiddetta soccombenza virtuale[2].

Ad ogni modo, Tizia non proponeva appello questione attinente violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., ovvero alla carenza di motivazione sulla compensazione delle spese, avendo unicamente insistito, anche in sede di ricorso per cassazione, a censurare le decisioni dei due gradi di giudizio in punto di invalidità della deliberazione assembleare.

Nel merito della questione, la normativa che disciplina la costituzione e il funzionamento dell’assemblea condominiale si rinviene principalmente negli artt. 1135 e 1136 del c.c., nonché all’art. 66 disp. att. c.c..

In particolare, l’art. 1135 c.c. delinea le attribuzioni dell’assemblea, mentre l’art. 1136 c.c. stabilisce le regole riguardanti i quorum necessari per la costituzione della stessa assemblea e per l’adozione delle delibere.

Ai sensi dell’art. 66 disp. att. c.c. l’assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall’art. 1135 c.c., può essere convocata in via straordinaria dall’amministratore quando questi lo ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio.

I condomini, decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta all’amministratore e senza che questo si attivi, possono provvedere direttamente alla convocazione.

In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’art. 1137 c.c. su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati.

L’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione.

L’omissione ovvero la trasmissione con forme diverse da quelle previste della convocazione, rappresenta un vizio di regolare costituzione dell’assemblea, che si riverbera sulla validità della deliberazione assembleare, rendendola, perciò, annullabile, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, c.c.
Si tratterebbe, infatti, di un’invalidità per un vizio formale, attinente alla regolare costituzione dell’assemblea, secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite Civili con la sentenza n. 4806 del 2005.

Secondo i giudici di legittimità debbono qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto. Pertanto, la mancata comunicazione, a taluno dei condomini, dell’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale comporta, non la nullità, ma l’annullabilità della delibera condominiale, la quale, ove non impugnata nel termine di trenta giorni previsto dall’art. 1137, comma 3, c.c., decorrente, per i condomini assenti, dalla comunicazione, e, per i condomini dissenzienti, dalla sua approvazione, è valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio.

Sul punto, la giurisprudenza di merito esclude la sufficienza di una convocazione tramite posta elettronica o mail ordinaria al fine di ritenere soddisfatto l’obbligo di convocazione, attesa la necessità di generare certezza circa l’effettiva conoscenza della convocazione, giacché il legislatore ha inteso tipizzare le forme della comunicazione circoscrivendole a quelle che garantiscono una conoscibilità effettiva della convocazione stessa ai singoli condomini[3].

A differenza degli obblighi previsti per la convocazione da parte dell’amministratore, viceversa gli Ermellini sostengono che l’art. 66, comma 1, disp. att. c.c. non prevede, tuttavia, forme tassative per la richiesta di autoconvocazione assembleare proveniente da condomini, bastando evidentemente, perché produca l’effetto della decorrenza del termine di dieci giorni, che essa giunga nella sfera di conoscenza dell’amministratore.

In tal senso, non rileva che l’indirizzo dell’amministratore sia quello di domicilio, residenza o dimora dello stesso, potendosi, piuttosto, identificare con il luogo da questo comunicato contestualmente all’ accettazione della nomina ex art. 1129, comma 2, c.c.  o con il suo recapito appositamente affisso sul luogo di accesso al condominio ai sensi del successivo comma 5.

Sul punto in ogni caso, i giudici di Piazza Cavour precisavano come l’accertamento che la comunicazione sia arrivata all’indirizzo del destinatario spetti al giudice del merito, in quanto si sostanzia in un giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità per violazione di norme di diritto.

Ciò posto, decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i condomini promotori possono provvedere direttamente alla convocazione, mediante avviso che abbia il contenuto specificato dal comma 3 dell’articolo 66 disp. att. c.c. e dal quale risulti chi convoca l’assemblea, non risultando necessaria sottoscrizione di tutti i condomini che abbiano preso l’iniziativa.

Su quest’ultimo punto si è pronunciata anche giurisprudenza di merito, la quale richiamando la pronuncia in analisi, riteneva come la convocazione debba avvenire mediante avviso che abbia il contenuto specificato dal comma 3 dell’art. 66 disp. att. c.c., ossia l’indicazione specifica dell’ordine del giorno, del luogo e dell’ora della riunione o, se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell’ora della stessa; pur non essendo essenziale la sottoscrizione di tutti i condomini che abbiano assunto l’iniziativa, dall’avviso deve comunque risultare chi convoca l’assemblea[4].

Il ricorso, pertanto, secondo la Corte di legittimità andava respinto.

[1] Cass. civ., n. 10847/2020.

[2] Cass. civ., Sez. I, n. 14023/2002

[3] Trib, Civ. Pavia, Sez. III, Sent. n. 1362/2023.

[4] Trib. Santa Maria Capua Vetere, Sent. n. 2636/2024.

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Gestione dei rischi reato presupposto “sicurezza sul lavoro”: come impostare il modello 231?