19 Settembre 2017

Codice dell’amministrazione digitale e processo: l’uno non esclude l’altro

di Giuseppe Vitrani, Avvocato Scarica in PDF

Mentre il Governo si appresta ad emanare l’ennesimo decreto correttivo del codice dell’amministrazione digitale è bene ancora una volta ricordare come la conoscenza del testo normativo in questione rivesta un’importanza centrale anche per gli avvocati sia per l’espressa applicabilità al processo civile telematico sia per i frequenti richiami al diritto sostanziale in esso contenuti.

Val dunque la pena ricordare ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 2, le disposizioni del CAD si applicano “altresì al processo civile, penale, amministrativo, contabile e tributario, in quanto compatibili e salvo che non sia diversamente disposto dalle disposizioni in materia di processo telematico”.

Come detto, vi sono poi moltissime disposizioni che possono interessare il mondo delle professioni legali, ad iniziare da quelle sul valore delle firme elettroniche.

È infatti l’art. 21 CAD a stabilire che “il documento informatico, cui è apposta una firma elettronica, soddisfa il requisito della forma scritta e sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità”.

La norma, ad esempio, può ben essere utilizzata per invocare l’efficacia ex art. 633 c.p.c. di una e-mail per la richiesta di emissione di un decreto ingiuntivo.

E sempre dall’articolo in analisi si ricavano disposizioni fondamentali per la validità delle firme elettroniche; ai commi 2 e 2 bis si prevede infatti che:

  • il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche di cui all’articolo 20, comma 3, ha altresì l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del codice civile.;

e che

  • salvo il caso di sottoscrizione autenticata, le scritture private di cui all’articolo 1350, primo comma, numeri da 1 a 12, del codice civile, se fatte con documento informatico, sono sottoscritte, a pena di nullità, con firma elettronica qualificata o con firma digitale. Gli atti di cui all’articolo 1350, numero 13), del codice civile redatti su documento informatico o formati attraverso procedimenti informatici sono sottoscritti, a pena di nullità, con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale.

Dalle norme in questione ricaviamo, ad esempio, il principio che tutti i contratti con oggetto immobiliare, se stipulati con firma elettronica, necessiteranno di firma digitale, non essendo sufficiente una firma elettronica avanzata; dalla eventuale violazione della norma in questione discenderanno evidenti problematiche in tema di validità dei contratti.

Sempre dalla lettura del secondo comma dell’art. 21 CAD apprendiamo che “l’utilizzo del dispositivo di firma elettronica qualificata o digitale si presume riconducibile al titolare, salvo che questi dia prova contraria”. La norma fonda dunque una presunzione di apposizione (in particolare della firma digitale) da parte del proprietario del relativo certificato; si noti che per vincere tale presunzione non è previsto alcun tipo di disconoscimento ma dovrà essere fornita una prova contraria dai contorni abbastanza indeterminati, comunque molto difficile da fornire e che dovrà passare quantomeno attraverso una denuncia di smarrimento del certificato di firma o attraverso una richiesta di revoca dello stesso rivolta all’autorità emittente.

Ancora (e da ultimo) val la pena di ricordare che l’efficacia della PEC quale mezzo di comunicazione in particolare con la pubblica amministrazione trova il proprio fondamento proprio nel CAD, all’articolo 48.

Questi brevi e non esaustivi esempi rendono evidente, ad avviso di scrive, come il codice dell’amministrazione digitale non sia un testo fondamentale solo per la pubblica amministrazione; la sua conoscenza è infatti imprescindibile anche per i privati e in particolar modo per gli avvocati.