Solidarietà attiva nei libretti postali cointestati: legittimazione del cointestatario superstite e limiti dell’opposizione degli eredi
di Alessandra Sorrentino, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., Sez. I, ord., 02.11.2025, n. 28935 – Pres. Di Marzio – Rel. Dal Moro
Libretto postale cointestato – Clausola di pari facoltà di rimborso – Decesso di un cointestatario – Opposizione degli eredi – Limiti – Legittimazione del superstite – Rapporti interni e liberazione dell’intermediario
[1] La legittimazione alla riscossione di una somma depositata su un libretto postale cointestato con clausola di “pari facoltà di rimborso” spetta a ciascun cointestatario, indipendentemente dalla morte di uno degli intestatari. Il decesso di uno dei cointestatari non incide sulla possibilità del cointestatario superstite di richiedere il rimborso della quota parte della somma depositata, giacché, nei rapporti interni tra concreditori, l’obbligazione solidale si divide fra gli eredi in proporzione delle rispettive quote.
CASO
Poste Italiane aveva proposto opposizione contro un decreto ingiuntivo, con cui le era stato ordinato di pagare al cointestatario superstite di un libretto postale una somma pari alla metà dell’importo depositato.
L’istituto postale aveva negato il rimborso, a seguito di formale opposizione allo scorporo della quota di uno degli eredi della cointestataria deceduta, invocando la disciplina applicabile ai libretti postali anteriori al 30 giugno 2002 (D.P.R. n. 156/1973, D.P.R. n. 256/1989, che consentivano agli eredi di opporsi al rimborso).
L’istituto postale, infatti, affermava che il libretto di risparmio era stato aperto nel 1991 e che nel 2003 vi era stata soltanto una sostituzione del documento, dovuta ad una mera operazione tecnica per la gestione automatizzata, senza modifiche sostanziali al contratto.
Pertanto, riteneva applicabile, nel caso di specie, la disciplina previgente e non il D.M. 6 giugno 2002.
Il giudice di prime cure aveva revocato il decreto ingiuntivo opposto, ma la Corte d’Appello aveva riformato la sentenza, affermando che, in applicazione dei principi in materia di conto corrente cointestato, i rapporti interni sono regolati dall’art. 1298, co. 2, c.c. e che Poste Italiane avrebbe dovuto apporre il blocco solo sulla metà delle somme depositate, in attesa della denuncia di successione o di un provvedimento giudiziario.
Contro tale decisione l’Ente Poste proponeva ricorso per cassazione, articolato in tre motivi.
SOLUZIONE
La Corte di cassazione ha stabilito che, in caso di libretto postale cointestato con facoltà di prelievo disgiunto, il cointestatario superstite ha diritto di prelevare la propria quota anche in presenza dell’opposizione di un erede del defunto.
L’ordinanza chiarisce che la nuova normativa, applicabile ai rapporti sorti dopo il giugno 2002, distingue tra la titolarità del credito e la legittimazione alla riscossione.
L’opposizione dell’erede incide sui rapporti interni tra eredi e cointestatario superstite, ma non impedisce all’intermediario di effettuare il pagamento a chi è legittimato a riceverlo.
Se, quindi, vi è un unico soggetto legittimato alla riscossione dell’intero — come avviene, di regola, in presenza della clausola di «pari facoltà di rimborso» a favore del cointestatario superstite —Poste è tenuta a corrispondere l’intera somma a colui che, in quanto legittimato, ne richiede il pagamento, restando a carico del cointestatario superstite ogni aspetto relativo all’effettiva titolarità del credito e dell’eventuale rivendicazione degli eredi nei rapporti interni.
QUESTIONI
La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso dell’istituto postale, tenuto conto dell’evoluzione legislativa in materia di libretti postali.
Nella disciplina previgente a quella attuale, l’art. 157 D.P.R. 156/73, nel caso di libretto postale cointestato, consentiva l’opposizione al rimborso da parte dei coeredi e l’art. 187 D.P.R. 256/89 imponeva, in caso di decesso di un cointestatario, la “quietanza di tutti gli aventi diritto” per il rimborso a saldo, anche in presenza della clausola di pari facoltà.
Pertanto, qualsiasi conflitto tra gli aventi diritto paralizzava la possibilità di rimborso da parte dell’istituto postale.
A seguito dell’entrata in vigore del D.M. 6 giugno 2002, la normativa previgente è stata abrogata e l’art. 8, co. 3 del suddetto decreto ha stabilito che: “i versamenti e i prelevamenti, effettuati da ciascun intestatario separatamente, o dal suo rappresentante debitamente legittimato, liberano pienamente Poste Italiane S.p.a. nei confronti degli altri intestatari, eccettuati i casi di notifica di atti da cui risulti che il credito non è più nella disponibilità di ciascun intestatario”.
Ciò posto, con riferimento alla prima censura mossa da Poste Italiane, secondo cui la Corte di merito avrebbe erroneamente individuato la legge applicabile al caso di specie, in quanto, essendo il rapporto originario sorto nel 1991, le disposizioni previgenti (più restrittive) avrebbero continuato a regolare il libretto, in conformità con la normativa transitoria di cui all’art. 7, co. 3, D.Lgs. 284/1999, la Suprema Corte ha, invece, confermato la valutazione della Corte d’Appello, secondo cui il rapporto contrattuale in esame era sorto ex novo (e non semplicemente sostituito, senza modifiche sostanziali al contratto) nel 2003. Con conseguente applicazione del D.M. 06.06.2002.
E l’accertamento della Corte d’Appello, secondo cui “il rapporto in questione era sorto nel 2003 (e non nel 1991)”, non era stato adeguatamente contestato in sede di legittimità (non risultava, infatti, alcuna specifica doglianza rivolta contro tale accertamento), con la conseguenza che su tale fatto si era formato il giudicato interno.
Ne scaturiva che, per la Cassazione, era divenuto un presupposto definitivo e non più discutibile che la disciplina applicabile, al caso de quo, fosse quella del D.M. 6.6.2002, che ha abrogato espressamente le norme precedenti.
Conseguentemente, con riferimento alla seconda censura di Poste Italiane, secondo cui la Corte d’Appello non aveva riconosciuto la legittimità del rifiuto di liquidazione a fronte dell’opposizione dell’erede, come previsto dall’art. 180, co. 1, D.P.R 256/89, che consentiva il blocco dei pagamenti in caso di opposizione, i giudici di legittimità hanno ritenuto inammissibile tale motivo, in quanto fondato sulla premessa, già smentita dal giudicato interno, dell’applicabilità del D.P.R. n. 256/89, che, come si è detto, è stato abrogato dal D.M. 6 giugno 2002.
Con il terzo motivo di ricorso, l’Ente Poste sosteneva che l’art. 8 del D.M. 6.6.2002 impedirebbe la liquidazione delle somme in seguito alla notifica del decesso, che farebbe venire meno la “effettiva paritaria operatività” e la “disponibilità del credito” in capo a ciascun intestatario del libretto postale.
Inoltre, la ricorrente riteneva erronea l’applicazione dell’art. 1298, co. 2, c.c. (presunzione di uguaglianza delle quote), sostenendo che il patto di solidarietà fiduciaria era venuto meno con il decesso del cointestatario e l’opposizione dell’erede.
La Suprema Corte ha ritenuto il terzo motivo infondato.
In primo luogo, ha chiarito che la nuova normativa, applicabile al caso di specie, non prevede più alcuna possibilità di opposizione da parte degli eredi dei cointestatari. L’art. 8, co. 3, del D.M. stabilisce che i prelevamenti liberano pienamente Poste Italiane, “eccettuati i casi di notifica di atti da cui risulti che il credito non è più nella disponibilità di ciascun intestatario”.
Questa norma, letta insieme agli artt. 1292 e 1298 c.c., crea una vera e propria solidarietà attiva tra i cointestatari; per cui:
- ciascuno ha diritto di chiedere l’intero pagamento;
- il debitore (Poste) è liberato pagando uno solo;
- nei rapporti interni, si presume che le quote siano uguali.
La nuova normativa, quindi, non prevede più un obbligo generalizzato di blocco, in caso di opposizione degli eredi.
Gli Ermellini chiariscono che la formula “disponibilità del credito” deve essere interpretata come riferita alla legittimazione alla riscossione, non alla titolarità effettiva del credito e che l’obbligazione solidale, stabilita dalla clausola di “pari facoltà di rimborso“ (solidarietà attiva ex artt. 1854 c.c. e 1292 c.c.), sopravvive al decesso. Di conseguenza, la morte di un cointestatario non incide sulla posizione del superstite.
In forza della solidarietà attiva, l’intestatario superstite ha titolo per pretendere il pagamento dell’intero credito, liberando la debitrice Poste da ogni responsabilità, ma la riscossione da parte del superstite non interferisce con la spettanza del credito.
La Corte ha richiamato l’orientamento consolidato in materia di buoni postali fruttiferi cointestati con pari facoltà di rimborso (Cass. civ., 15655/24, 26275/24, 5426/2022, 24639/2021, 40107/2021), estendendone la logica ai libretti postali aperti dopo la riforma: il cointestatario superstite è legittimato a riscuotere l’intero (o la sua quota) e da solo risponde delle contestazioni sulla effettiva titolarità nei rapporti interni con gli eredi (ex artt. 1295 c.c. e 1298 c.c.).
Un libretto con “pari facoltà di rimborso” (anche detto “a firma disgiunta”) crea un rapporto in cui ciascun cointestatario è legittimato a riscuotere l’intera somma dal debitore (l’istituto postale). Questo diritto di riscuotere (legittimazione alla riscossione) è distinto dalla proprietà effettiva delle somme (titolarità del credito), che nei rapporti interni si presume divisa in parti uguali (art. 1298 c.c.).
Alla morte di un cointestatario, la quota a questi spettante si divide tra gli eredi in proporzione delle rispettive quote. Tuttavia, tale divisione riguarda esclusivamente i rapporti interni tra il superstite e gli eredi, ma, nei confronti del debitore (istituto postale), non modifica la posizione del cointestatario superstite, il quale mantiene la sua piena legittimazione a riscuotere; legittimazione che non viene meno per l’opposizione dell’erede.
L’art. 8 D.M. 6 giugno 2002 ha, quindi, la funzione di tutelare, non gli eredi, ma l’intermediario (Poste Italiane). Tale tutela si realizza attraverso la limitazione del suo onere di verifica: Poste Italiane non deve più indagare sulla complessa ripartizione ereditaria, ma solo sull’esistenza del titolo formale (la cointestazione con firma disgiunta) in capo al superstite.
Il rischio di contenzioso per pagamento indebito (che era il fondamento della vecchia tutela ex art. 187 D.P.R. 256/1989) viene così trasferito completamente sui rapporti tra i soggetti aventi diritto, e cioè tra cointestatario superstite ed eredi del cointestatario defunto.
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