La parte convenuta nel procedimento ex art. 696-bis c.p.c. può recuperare le spese legali e tecniche sostenute nel procedimento di consulenza tecnica preventiva, quando questa si concluda a suo favore?
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. III, 20 maggio 2025, n. 13385 – Pres. Travaglino – Rel. Fiecconi
Consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis c.p.c. – Successiva azione di accertamento negativo promossa dal resistente – Legittimazione ad agire – Sussistenza – Interesse ad agire diverso dalla rifusione delle spese di consulenza tecnica preventiva – Necessità
Massima: “Sussiste la legittimazione ad agire della parte processuale che, a chiusura del procedimento di consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis c.p.c., intende ottenere un accertamento negativo della sua responsabilità prospettata nell’ambito di detto procedimento, posto che la relazione di consulenza entra a fare parte del materiale probatorio idoneo a fondare il convincimento del giudice nel raffronto con le altre risultanze istruttorie acquisite; tuttavia, l’azione, per risultare ammissibile, deve essere sorretta da un concreto e attuale interesse a ottenere detto accertamento, ex art. 100 c.p.c., tenuto conto del comportamento processuale delle altre parti del giudizio, non potendo coincidere unicamente con quello dell’attore a ottenere la rifusione delle spese di consulenza tecnica preventiva sostenute nella fase stragiudiziale”.
CASO
Una paziente proponeva un ricorso ex art. 696-bis c.p.c. per fare accertare la sussistenza di responsabilità risarcitoria in capo all’odontoiatra cui si era rivolta: la consulenza medico-legale depositata all’esito del procedimento, tuttavia, escludeva che fosse ravvisabile una tale responsabilità.
A quel punto, l’odontoiatra promuoveva un giudizio di accertamento negativo della propria responsabilità, chiedendo anche la condanna dell’originaria ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel procedimento ex art. 696-bis c.p.c.
Le domande venivano accolte in primo grado, ma la Corte d’appello di Trento, riformando la sentenza impugnata, dichiarava la carenza di interesse ad agire dell’odontoiatra, visto l’esito favorevole dell’accertamento tecnico preventivo e la mancata coltivazione delle proprie pretese risarcitorie da parte della paziente, non potendosi promuovere il giudizio di merito al solo scopo di ottenere il rimborso delle spese sostenute nel procedimento ex art. 696-bis c.p.c.
La pronuncia di secondo grado veniva gravata con ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
[1] La Corte di cassazione ha respinto il ricorso, affermando che la parte che può considerarsi soddisfatta all’esito di un procedimento ex art. 696-bis c.p.c., in quanto la relazione del consulente tecnico ha escluso una sua responsabilità nei confronti di chi aveva proposto il ricorso, non ha un interesse giuridicamente rilevante che giustifichi l’avvio, da parte sua, del successivo giudizio di merito, se finalizzato al mero recupero delle spese sostenute nella fase di accertamento tecnico preventivo.
QUESTIONI
[1] La particolare natura della consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite prevista dall’art. 696-bis c.p.c., che ha una finalità prevalentemente deflattiva, pur assumendo anche la funzione di supporto istruttorio nel successivo ed eventuale giudizio di merito, influisce sul regime di ripetibilità delle relative spese.
L’ordinanza che si annota è intervenuta in una fattispecie in cui una paziente aveva promosso nei confronti dell’odontoiatra cui si era rivolta un procedimento ex art. 696-bis c.p.c., conclusosi con una relazione medico-legale che aveva escluso responsabilità a carico del professionista, il quale aveva successivamente introdotto un giudizio di accertamento negativo delle altrui pretese risarcitorie, in realtà finalizzato a recuperare le spese sostenute nella fase di istruzione preventiva.
È noto, infatti, che le spese in questione non sono liquidabili dal giudice in base al principio di soccombenza cui fa riferimento l’art. 91 c.p.c., visto che, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza, il procedimento ex art. 696-bis c.p.c. non può essere inteso alla stregua di un giudizio contenzioso, essendo precipuamente finalizzato al componimento della lite (oltre che alla precostituzione di un accertamento probatorio eventualmente non più ripetibile): per questa ragione, tali spese vanno sostanzialmente equiparate a quelle stragiudiziali sostenute dalla parte prima del giudizio, nel quale – una volta introdotto dopo il vano esperimento dell’accertamento tecnico preventivo – potranno essere riconosciute e liquidate, in quanto provate e documentate, come danno emergente.
In altre parole, le spese sopportate nel corso del procedimento ex art. 696-bis c.p.c., non essendo assimilabili a quelle giudiziali, integrano una voce di danno emergente per chi le sostiene a causa dell’altrui iniziativa, potendosene dunque pretendere il risarcimento nell’ambito del successivo giudizio promosso dalla controparte, nel quale la relazione depositata dal consulente nominato dal giudice del procedimento preventivo, ove ritualmente acquisita secondo le regole dettate dall’art. 698 c.p.c., assume il valore di elemento di prova, soggetto al prudente apprezzamento del giudice ai sensi dell’art. 116 c.p.c. (fermo restando il potere di discostarsi motivatamente dalle conclusioni rassegnate dal consulente tecnico d’ufficio e di disporre indagini suppletive o integrative, anche alla luce di eventuali ulteriori mezzi di prova ammessi e acquisiti sulla base delle allegazioni delle parti).
In questo quadro generale di riferimento, nell’ordinanza che si annota viene affermato che, dandosi continuità a un indirizzo già fatto proprio dai giudici di legittimità, deve escludersi la sussistenza dell’interesse ad agire prescritto dall’art. 100 c.p.c. quando le spese sostenute da una parte del procedimento di accertamento tecnico preventivo delle quali venga chiesta la rifusione siano il presupposto di fatto della domanda risarcitoria che abbia una causa petendi in concreto diversa da quella che avrebbe avuto la domanda in funzione della quale era stato promosso l’accertamento tecnico preventivo.
Viene richiamata, in proposito, la pronuncia di Cass. civ., sez. III, 20 settembre 2024, n. 25324, che, in una fattispecie in cui era stata qualificata come azione risarcitoria proposta ai sensi dell’art. 2043 c.c. la domanda introdotta dalla parte che aveva chiesto la condanna della controparte alla rifusione delle spese sostenute in un procedimento ex art. 696 c.p.c. in cui era stata ingiustamente coinvolta, aveva confermato l’inaccoglibilità della richiesta, poiché non sussisteva alcun nesso di strumentalità – in senso giuridico – tra l’esito dell’accertamento tecnico preventivo e l’iniziativa giudiziale così promossa e, dunque, alcun collegamento con la causa petendi della domanda in funzione della quale era stato promosso l’accertamento tecnico preventivo.
Nel caso di specie, al contrario, l’azione di accertamento negativo della responsabilità dell’odontoiatra nell’ambito della quale era stata chiesta la rifusione delle spese dallo stesso sostenute nel procedimento ex art. 696-bis c.p.c. coincideva con quella oggetto di quest’ultimo, sicché il collegamento tra le causae petendi era indubbiamente ravvisabile.
Tuttavia, poiché la controparte (ossia la paziente che aveva originariamente proposto il ricorso ex art. 696-bis c.p.c. risultato a lei sfavorevole) non aveva contrastato ovvero contestato la domanda di accertamento negativo della responsabilità così promossa, limitandosi a eccepirne l’improponibilità perché diretta unicamente a ottenere il rimborso delle spese sostenute nella fase precedente, i giudici di merito avevano ravvisato una carenza di interesse ad agire in relazione a tale accertamento, preclusivo dell’accoglimento delle domande proposte, compresa quella avente per oggetto la condanna alla rifusione delle spese sostenute nel procedimento ex art. 696-bis c.p.c.
La Corte di cassazione ha reputato corretta tale impostazione: non essendovi incertezza giuridica circa l’assenza di responsabilità dell’odontoiatra (visto che la paziente non aveva contestato le risultanze della consulenza tecnica preventiva a lei sfavorevole), l’iniziativa assunta si poneva in termini sostanzialmente elusivi rispetto alla norma che regola il carico delle spese nei procedimenti di istruzione preventiva (individuata nell’art. 8 d.P.R. 115/2002, in virtù della quale ciascuna parte provvede alle spese degli atti processuali che compie e di quelli che chiede e le anticipa per gli atti necessari al processo quando l’anticipazione è posta a suo carico dalla legge o dal magistrato) e in contrasto con la funzione deflattiva dell’istituto, in quanto determinante una proliferazione dei giudizi contenziosi.
Alla luce di quanto osservato, tuttavia, si fatica a individuare una sintesi tra la qualificazione delle spese sostenute nei procedimenti di istruzione preventiva in termini di danno emergente (che, come tale, dovrebbe essere sempre e comunque risarcibile, ovviamente se provato) e i criteri stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità per ottenerne la rifusione.
Fermo restando che la loro liquidazione non può avvenire nell’ambito del procedimento ex artt. 696 e 696-bis c.p.c. facendo applicazione del principio di soccombenza, ma è demandata al giudice del successivo giudizio di merito, da quanto affermato nell’ordinanza annotata pare discendere una sostanziale irripetibilità delle spese in questione, dal momento che:
- l’azione promossa dalla parte che può ritenersi soddisfatta dal punto di vista sostanziale all’esito del procedimento di istruzione preventiva, in quanto abbia carattere tipicamente e puramente risarcitorio, non presenta alcun collegamento con la causa petendi della domanda sottesa al ricorso ex 696 e 696-bis c.p.c.;
- quando un tale collegamento sussiste, perché l’azione di merito introdotta è di accertamento negativo rispetto alla pretesa dell’originario ricorrente, l’inerzia di questo ovvero la sua mancata contestazione vale a fare venire meno l’interesse dell’attore alla decisione e, quindi, anche alla liquidazione delle spese.
Le conseguenze che derivano da tale posizione paiono estremamente punitive per la parte che subisce l’iniziativa altrui rivelatasi destituita di fondamento, giacché pongono irrimediabilmente a suo carico le ripercussioni economiche di una tale iniziativa, non concedendo alcuno spazio affinché le stesse vengano a gravare sulla controparte.
Tanto più che le disposizioni inerenti ai procedimenti di istruzione preventiva non esonerano il resistente dall’obbligo di avvalersi della difesa tecnica, a differenza di quanto è a dirsi per altri procedimenti speciali (si veda, per esempio, l’art. 660, comma 6, c.p.c. in materia di convalida di sfratto, che ammette la comparizione personale dell’intimato).
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