21 Marzo 2023

La prova del c.d. “eventus damni” nell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c.

di Emanuela Ruffo, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ. Sez. Sesta Sent., 27/01/2023, n. 2552, Pres. Scrima, Est. Dell’Utri

Revocatoria – Alienazione di immobile – Destinazione di parte del prezzo al soddisfacimento di debiti scaduti – Revoca dell’alienazione – Ammissibilità – Ragioni – Fattispecie

[1] È assoggettabile ad azione revocatoria ordinaria, ai sensi dell’art. 2901 c.c., l’alienazione di un bene immobile da parte del debitore, anche se il relativo prezzo sia stato destinato, in parte, al pagamento di debiti scaduti del venditore-debitore, non potendo tale circostanza ex se escludere la sussistenza dell'”eventus damni“.

Disposizioni applicate Art. 2901 c.c.

CASO

In primo e secondo grado i giudici del merito hanno rigetto la domanda giudiziale proposte dall’attore per l’accertamento dell’inopponibilità nei propri confronti, ai sensi dell’art. 2901 c.c., dell’atto con il quale il convenuto aveva ceduto a un terzo un proprio immobile.

In particolare la corte d’Appello ha ritenuto che il fatto che il convenuto avesse quasi totalmente impiegato il ricavato della vendita del proprio immobile per l’estinzione di altri debiti scaduti e garantiti avrebbe escluso l’atto in questione dall’assoggettabilità all’azione revocatoria. Sulla base di tale argomentazione, sia il tribunale che la corte d’appello hanno respinto la domanda di revocatoria ordinaria.

Il creditore ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza di appello che, nel rigettare la domanda avanzata dal creditore ai sensi dell’art. 2901 c.c., aveva rilevato che il debitore aveva venduto il proprio immobile e utilizzato una parte del prezzo ricavato per l’estinzione di debiti scaduti, senza però accertare l’eventuale rilevanza del residuo patrimoniale rimasto al debitore ai fini della tutela delle ragioni creditorie.

QUESTIONI

La sentenza in esame ha ad oggetto la verifica da parte dell’organo giudicante del presupposto del c.d. eventus damni che, com’è noto, costituisce uno degli elementi da provare in sede di azione revocatoria.

 Ai sensi dell’art. 2901 c.c. infatti il creditore deve provare l’esistenza dell’atto dispositivo compiuto dal debitore, la sussistenza della partecipatio fraudis e del consilium fraudis, nonché la sussistenza del c.d. eventus damni, ovvero il pregiudizio arrecato al creditore dall’atto di disposizione del debitore, in modo che sia per il creditore impossibile o più difficile e rischioso soddisfarsi sul restante patrimonio del debitore.

Infatti, l’eventus damni, presupposto dell’azione revocatoria ordinaria, ricorre non solo quando l’atto di disposizione determini la perdita della garanzia patrimoniale del debitore, ma anche quando tale atto comporti una maggiore difficoltà ed incertezza nell’esazione coattiva del credito (Cass. Civ. 12678/2001; Cass. Civ. 12144/1999).

Per consolidata giurisprudenza inoltre tale pregiudizio può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore (ad esempio, conseguente alla dismissione dei beni), ma anche in una variazione qualitativa (ad esempio, conseguente alla conversione del patrimonio in beni facilmente occultabili o in una prestazione di facere infungibile), quando detta variazione sia tale da rendere più difficile la soddisfazione dei creditori stessi (Cass. Civ. 2792/2002; Cass. Civ. 4578/1998).

Nel caso di specie il tribunale e la corte di secondo grado avevano rigettato l’actio pauliana in quanto avevano ritenuto non sussistente il presupposto dell’eventus damni, posto che il debitore aveva utilizzato parte del prezzo della compravendita impugnata per l’estinzione di altri debiti scaduti e garantiti.

La Corte di Cassazione si discosta tuttavia da tale ricostruzione evidenziando “come la stessa corte territoriale, nel dare atto dell’avvenuta utilizzazione, da parte del debitore solo di una parte del prezzo ricavato dalla compravendita impugnata in questa sede per l’estinzione di debiti scaduti, abbia implicitamente riconosciuto la sussistenza di un residuo patrimoniale rimasto in capo allo stesso in conseguenza di detta cessione, senza peraltro darsi cura di accertare, in termini positivi o eventualmente negativi, la rilevanza di detto residuo patrimoniale ai fini della tutela delle ragioni creditorie”.

“Da tale premessa di fatto” – prosegue la Corte di legittimità – “discende la violazione del parametro normativo in questa sede dedotto dal ricorrente principale, non potendo escludersi in alcun modo l’avvenuta dimostrazione del ricorso concreto di una fattispecie estintiva della prerogativa di tutela azionata in questa sede”.

I giudici del merito avrebbero dovuto pertanto verificare se nel caso concreto la possibilità per il creditore di soddisfare il proprio credito sul restante patrimonio del debitore fosse più difficile e rischiosa, verifica quest’ultima che invece non è stata compiuta.

Il requisito dell’eventus damni è quindi provato qualora il patrimonio residuo del debitore non sia ex se sufficiente a soddisfare il credito, ovvero la soddisfazione di quest’ultimo risulta più difficoltosa: nella fattispecie in esame la Corte di Cassazione deduce la prova di tale presupposto dai fatti di causa, nella circostanza per cui il ricavato della vendita era stato utilizzato per pagare altri debiti e, per l’effetto, la Corte accoglie il ricorso.

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