Rimessa all’Adunanza Plenaria la questione dell’applicabilità, al giudizio amministrativo, del meccanismo di sanatoria di cui all’art. 182, co. 2, c.p.c.
di Martina Mazzei, Avvocato Scarica in PDFLa Terza Sezione del Consiglio di Stato, rilevando la presenza di un contrasto interpretativo, con l’ordinanza n. 4837 del 4 giugno 2025, ha rimesso all’Adunanza Plenaria la decisione del seguente quesito:
“i) se la disciplina della nullità della procura speciale contenuta nel c.p.a. sia completa o contenga una lacuna da colmare mediante ricorso al c.p.c.;
ii) se la previsione di cui all’art. 182, comma 2, c.p.c. può ritenersi espressione di un principio generale applicabile al giudizio innanzi al giudice amministrativo”.
I fatti di causa
La vicenda processuale all’attenzione della III Sezione del Consiglio di Stato ha ad oggetto la legittimità del silenzio serbato dal Ministero della Giustizia su un’istanza presentata da un cittadino francese allo scopo di ottenere il rilascio di una garanzia preventiva di non estradizione negli Stati Uniti d’America ai sensi degli artt. 697 e 698 c.p.p.
Il giudizio di primo grado si era concluso con una pronuncia di inammissibilità del Tar Lazio per inesistenza dell’obbligo di provvedere.
In particolare, il giudice di prime cure – aderendo alla tesi difensiva ministeriale secondo la quale l’applicazione degli istituti codicistici di cui gli artt. 697 ss. c.p.p. e dei trattati di estradizione vigenti in materia presuppone l’inoltro di una domanda di estradizione – aveva affermato che non solo non sono consentite atipiche misure extra ordinem in prevenzione della mera possibilità di un simile evento; ma che neppure sussiste in capo al Ministero della Giustizia alcun obbligo di pronunciarsi in astratto e in modo del tutto svincolato dalla verifica in concreto delle condizioni richieste dalla legge affinché detto potere ministeriale possa essere attivato.
Nel giudizio d’appello proposto dal cittadino francese, nel quale si sono costituiti sia il Ministero della Giustizia che il Governo degli Stati Uniti, quest’ultimo ha sollevato l’eccezione di inammissibilità per nullità della procura alle liti ai sensi del combinato disposto degli artt. 38, 40, comma 1, lett. g), 44, comma 1, lett. a) e 101 comma 1 c.p.a.
L’eccezione di inammissibilità è stata così argomentata:
– la procura, notificata unitamente al ricorso in appello, risulta dichiaratamente rilasciata in Francia (ove risiede l’appellante) ma è stata autenticata dal difensore italiano;
– ai sensi dell’art. 12 della legge n. 218 del 1995 (“Il processo civile che si svolge in Italia è regolato dalla legge italiana”), la procura alle liti utilizzata in un giudizio che si svolge in Italia, anche se rilasciata all’estero, è disciplinata dalla legge processuale italiana (lex loci);
– in applicazione del suddetto principio la procura alle liti rilasciata all’estero deve essere autenticata da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge dello Stato estero ad attribuirle pubblica fede, mentre non può essere autenticata dal difensore italiano della parte, considerato che il potere di autenticazione di quest’ultimo non si estende oltre i limiti del territorio nazionale;
– è, inoltre, esclusa la possibilità di rinnovazione della procura alle liti ai sensi dell’art. 182 c.p.c. e il suddetto vizio determina l’inesistenza, con impossibilità di sanatoria, anche della notificazione eseguita in proprio dal difensore, a mezzo di posta elettronica certificata ai sensi della legge 21 gennaio 1994 n. 53.
La Terza Sezione del Consiglio di Stato, aderendo alle argomentazioni di parte appellata, ha affermato che la procura allegata e notificata unitamente al ricorso in appello deve ritenersi nulla e tale quindi da compromettere la valida instaurazione del grado di giudizio. Invece, sull’ulteriore questione relativa all’applicabilità o meno al giudizio amministrativo dell’art. 182, comma 2, c.p.c., ravvisando un contrasto interpretativo, ha ritenuto indispensabile rimettere la risoluzione della quaestio iuris alla decisione dell’Adunanza plenaria.
La quaestio iuris
Sulla portata applicativa dell’art. 182 comma 2 c.p.c. (ai sensi del quale “Quando rileva la mancanza della procura al difensore oppure un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione che ne determina la nullità, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione”) al processo amministrativo si registrano due orientamenti contrastanti, trasversali alle diverse Sezioni del Consiglio di Stato.
Un primo indirizzo (Cons. Stato, sez. II, n. 2311/2024; Cons. Stato, sez. III, n. 2606/2018; n. 6371 del 2018; n. 7441/2020; n. 6822/2021; Cons. Stato, sez. IV, n. 1119/2014; n. 7370/2024; Cons. Stato, sez. V, n. 773/2016; n. 1331/2016; n. 1178/2018; n. 283/2019; 4253/2021; n. 8837/2022; n. 9391/2024) ritiene applicabile l’art. 182 comma 2 c.p.c. in forza del rinvio esterno che l’art. 39, comma 1, c.p.a. fa alle “disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali”.
In particolare, tale orientamento fa leva sulle seguenti argomentazioni:
– il vizio della procura concerne la capacità processuale (ovvero la titolarità da parte del difensore del potere di proporre la domanda) e non invece la legittimazione ad agire (riguardante la prospettazione del soggetto assistito dal difensore come titolare del diritto o dell’interesse azionato);
– per tale ragione esso è sanabile in qualunque stato e grado del giudizio, con efficacia retroattiva e con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti;
– tale sanatoria non può essere impedita dalla previsione dell’art. 182 c.p.c. secondo cui sono fatte salve le decadenze già verificatesi, perché questo limite attiene alle decadenze sostanziali (sancite cioè per l’esercizio del diritto e dell’azione ex art. 2964 e ss. del c.c.) e non a quelle che si esauriscono nel processo (Con. Stato, sez. III, n. 6822/2021);
– una lettura costituzionalmente orientata del combinato disposto tra le norme applicabili “conduce a sottolineare come, a voler seguire la tesi opposta, vi sarebbe una seria compromissione del diritto di difesa dell’odierno appellante” (Cons. Stato, sez. III, n. 7441/2020);
– “l’art. 182 comma 2 c.p.c., infatti, nel rimettere al Giudice la possibilità – e non l’obbligo – di concedere termine per il deposito tardivo della procura, mira esattamente a permettere una valutazione delle circostanze che hanno condotto il difensore a proporre il ricorso senza aver ancora ottenuto rituale procura. E tali circostanze, su cui il primo Giudice esprimerà la propria valutazione, sono quelle che avevano indotto a formulare la richiesta, come detto, già nel ricorso introduttivo” (Cons. Stato, sez. III, n. 7441/2020).
Un secondo indirizzo si esprime in senso contrario alla suddetta estensione (fra cui Cons. Stato, sez. III, n. 1691/2024; n. 3550/2024; n. 4275/2024; n. 1935/2025; Cons. Stato, sez. IV, n. 3887/2021; n. 108/2024; n. 8092/2024; Cons. Stato, sez. V, nn. 8340, 8341, 8342 e 8343/2020; n. 2160/2021; Cons. Stato, sez. VI, n. 2922/2019; Cons. Stato, sez. VII, n. 9241/2023) sulla base delle seguenti osservazioni:
– l’art. 182, comma 2, c.p.c. non è espressione di un principio generale applicabile al processo amministrativo il quale, a differenza di quello civile (che ammette anche il conferimento di un mandato generale alle liti), impone il conferimento del mandato speciale prima della sottoscrizione del ricorso da parte del difensore, trattandosi di processo strutturato come prevalentemente di impugnazione (Cons. Stato, sez. IV, n. 8092/2024);
– è da escludersi anche che il predetto art. 182, comma 2, c.p.c. sia compatibile con i principi propri del processo amministrativo, in quanto la previsione di un termine decadenziale per la notifica del ricorso presuppone necessariamente il previo conferimento del mandato speciale, con riferimento allo specifico atto oggetto di impugnazione;
– l’ulteriore principio secondo cui gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva, salvi i diritti dei terzi, non opera nel campo processuale, ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale;
– è vero poi che ai sensi dell’art. 125, comma 2, c.p.c. “la procura al difensore dell’attore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell’atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata”: ma il terzo comma della medesima disposizione aggiunge che tale regola “non si applica quando la legge richiede che la citazione sia sottoscritta da difensore munito di mandato speciale”, come appunto nel caso del ricorso per cassazione e del ricorso al giudice amministrativo;
– nel medesimo senso rileva la previsione dell’art. 40 c.p.a. (ma il discorso è estendibile anche all’art. 101 c.p.a., per quanto riguarda il ricorso in appello), poiché la regola ivi fissata per cui il ricorso sottoscritto dal solo difensore deve indicare l’esistenza della procura speciale lascia intendere che questa deve esistere prima del ricorso stesso e non può essere rilasciata in un momento successivo (salvo il caso di sostituzione dell’originario difensore);
– la previsione a pena di inammissibilità ricollegata alla proposizione del ricorso, comportando che il relativo requisito debba sussistere al momento di detta proposizione, impedisce la configurabilità del potere di rinnovazione, anche perché detto potere concerne la categoria delle nullità sanabili e non quella distinta delle inammissibilità;
– diversamente opinando, si consentirebbe la sanatoria di una decadenza specificamente comminata dal codice del processo amministrativo, qual è quella correlata al rispetto del termine per la proposizione dell’azione di annullamento;
— anche nel processo civile, laddove è richiesta la procura speciale, come nel già menzionato caso del ricorso per cassazione (art. 365 c.p.c.), l’art. 182, comma 2, c.p.c. è ritenuto pacificamente inapplicabile (Cass. civ., sez. II, ord. n. 3832/2024; 28153/2024);
– d’altra parte, non esiste un principio (costituzionalmente rilevante) di necessaria uniformità di regole processuali tra i diversi tipi di processo, rispettivamente davanti alla giurisdizione civile e alla giurisdizione amministrativa o alle altre giurisdizioni speciali, potendo i rispettivi ordinamenti processuali differenziarsi sulla base di una scelta razionale del legislatore, derivante dal tipo di configurazione del processo e dalle situazioni sostanziali dedotte in giudizio (Corte cost. n. 191/1985), oltre che in relazione all’epoca della disciplina e alle tradizioni storiche di ciascun procedimento;
– il legislatore può pertanto regolare in modo non rigorosamente uniforme i modi della tutela giurisdizionale, purché non ne siano vulnerati i principi fondamentali di garanzia ed effettività (Corte cost. n. 49/ 1979; n. 38/1988; n. 251/1989);
– anche da ultimo la Corte costituzionale ha ribadito che il legislatore può discrezionalmente conformare gli istituti processuali (v. ex multis, sentenze nn. 172,160, 139 e 45/2019, nn. 225 e 77/2018, nn. 94 e 241/2017) nella fissazione di termini di decadenza o prescrizione, ovvero di altre disposizioni condizionanti l’azione (tra le tante, sentenze n. 45/2019, n. 6/2018, n. 94/2017 e n. 155/2014), «con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute (v., ex plurimis, sentenze n. 44 del 2016, n. 23 del 2015 e n. 157 del 2014), che si ravvisa, con riferimento specifico all’art. 24 Cost., ogniqualvolta emerga un’ingiustificabile compressione del diritto di agire (sentenze n. 44 del 2016 e n. 335 del 2004)» (Corte cost. n. 121/2016).
La Sezione rimettente, pur prestando adesione, in linea di principio, agli argomenti addotti dal secondo dei due indirizzi sopra richiamati, in quanto maggiormente coerenti con la disciplina della procura speciale e del regime decadenziale del processo amministrativo, ravvisa l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale che deve, per ragioni di certezza, essere rimesso alla decisione dell’Adunanza plenaria. Come si legge nell’ordinanza, il numero di decisioni sopra menzionate rende evidente la dimensione quantitativa del contrasto di giurisprudenza, che impatta su un numero rilevante di contenziosi davanti al giudice amministrativo, sempre più connotato, specie in taluni settori quali i pubblici appalti e l’immigrazione, da parti processuali aventi sede o residenza all’estero.
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