Responsabilità dell’Istituto scolastico: l’obbligo di vigilanza deve essere commisurato al grado di maturità dell’allievo
di Martina Mazzei, Avvocato Scarica in PDFCass. civ. sez. III, ord. 20 ottobre 2025, n. 27923 – Pres. Frasca – Rel. Guizzi
[1] Responsabilità civile – Danno cagionato all’allievo – Culpa in vigilando – Maturità dell’allievo – Grado di prevedibilità della condotta
(Cod. civ. 2048)
[1] “La domanda di iscrizione presso un istituto scolastico e la conseguente ammissione dell’allievo generano un vincolo negoziale che impone all’istituto l’obbligo di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’alunno per tutto il tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica. Tuttavia, tale obbligo deve essere commisurato al grado di maturità dell’allievo, con una vigilanza decrescente al crescere dell’età e della capacità di discernimento dello stesso. La non prevedibilità della condotta dannosa posta in essere da un alunno prossimo alla maggiore età e munito di completa capacità di discernimento può esonerare l’istituto scolastico dalla responsabilità contrattuale per culpa in vigilando”.
CASO
[1] Il caso trae origine da un incidente occorso al termine di una lezione di educazione fisica, quando un alunno, trovandosi nello spogliatoio adiacente alla palestra, veniva colpito accidentalmente da un compagno con un casco, riportando la rottura di due denti.
A seguito dell’’impugnazione, da parte del MIUR, della sentenza di accoglimento di primo grado, la domanda risarcitoria veniva rigettata sull’assunto che il danno era stato determinato da causa non imputabile all’Istituto scolastico o a un suo docente. Tale conclusione è stata fondata sull’accertamento che il sinistro si era verificato nello spogliatoio maschile (al quale la docente, donna, di educazione fisica non poteva accedere) ad opera di un compagno frequentante il quinto anno scolastico e prossimo alla maggiore età, e dunque munito di completa capacità di discernimento e già formato dal punto di vista comportamentale, donde l’impossibilità di configurare alcun profilo di “culpa in vigilando”.
Avverso tale decisione il ragazzo proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi.
SOLUZIONE
[1] Per quanto di interesse, con il primo motivo viene denunciata, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 1 c.p.c., la violazione o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli artt. 1218 e 2048 cod. civ.
In particolare, secondo il ricorrente la circostanza che la docente di educazione fisica non potesse accedere – in quanto donna – allo spogliatoio non escluderebbe la responsabilità dell’Istituto, il quale avrebbe dovuto “distaccare” o “delegare” un dipendente di sesso maschile per la sorveglianza all’interno dello spogliatoio, o predisporre qualsiasi altra cautela idonea ad evitare episodi come quello – incontestatamente e incontestabilmente – verificatosi.
D’altra parte, neppure andrebbe trascurata la considerazione che un casco da moto non è un capo di vestiario da cambiare dopo l’ora di educazione fisica, ma sicuramente rappresenta un oggetto contundente, che non avrebbe dovuto – né dovrebbe – mai avere accesso nell’ambito di un istituto scolastico, o al massimo essere depositato in appositi contenitori posti all’ingresso.
La Corte di Cassazione, dopo aver ricostruito la natura della responsabilità dell’istituto scolastico per danni cagionati all’alunno, ha rigettato il ricorso.
QUESTIONI
[1] L’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a sé stesso.
Da ciò deriva l’applicabilità del regime probatorio desumibile dall’art. 1218 cod. civ. per cui mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante.
Poste queste premesse la Cassazione rammenta che, se l’istituto scolastico è certamente tenuto ad osservare obblighi di vigilanza e controllo, ciò deve avvenire con “lo sforzo diligente adeguato alla natura della cosa e alle circostanze del caso concreto”, dato che il normale esito della prestazione dipende da una pluralità di fattori, tra cui l’organizzazione dei mezzi adeguati per il raggiungimento degli obiettivi in condizioni di normalità, secondo un giudizio relazionale di valore, in ragione delle circostanze del caso.
In particolare, tra le circostanze da apprezzare, al fine di stabilire se sia stata raggiunta, o meno, la prova della non imputabilità dell’evento dannoso – esonerativa della responsabilità ex art. 1218 cod. cv. – viene in rilievo, innanzitutto, “l’età degli allievi, che impone una vigilanza crescente con la diminuzione dell’età anagrafica” (Cass. Sez. 3, sent. 29 maggio 2013, n. 13457).
La giurisprudenza di legittimità ha infatti precisato che “il contenuto dell’obbligo di vigilanza è inversamente proporzionale al grado di maturità degli alunni, onde con l’avvicinarsi di questi all’età del pieno discernimento il dovere di vigilanza dei precettori richiede in minor misura la loro continua presenza”, e ciò perché siffatta condizione, nei casi in cui si controverta in merito al danno cagionato da uno studente ad un altro, è “tale da far presumere la non prevedibilità della condotta dannosa posta in essere” (Cass. Sez. 3, ord. 31 gennaio 2018, n. 2334; negli stessi termini pure Cass. Sez. 3, ord. 24 gennaio 2024, n. 2394).
Rilevato che la Corte d’appello si è uniformata a tali coordinate ermeneutiche, la III Sezione ha rigettato il ricorso.
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