18 Novembre 2025

L’opposizione al cumulo dei mezzi di espropriazione non consente di revocare l’ordinanza di assegnazione del credito già emessa in una diversa espropriazione presso terzi

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Trib. Verona, 11 giugno 2025 – Est. Burti

Espropriazione mobiliare presso terzi – Ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. – Successiva espropriazione immobiliare – Cumulo dei mezzi di espropriazione – Opposizione del debitore ai sensi dell’art. 483 c.p.c. – Caducazione dell’ordinanza di assegnazione già emessa – Inammissibilità

Massima: “L’opposizione del debitore al cumulo dei mezzi di espropriazione ai sensi dell’art. 483 c.p.c. è rimedio interno al processo esecutivo, proponibile solo nel caso in cui siano pendenti più procedure esecutive, sicché non può essere accolta l’istanza del debitore che, nell’ambito di un’espropriazione immobiliare, chieda la caducazione dell’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. emessa a favore del medesimo creditore all’esito di una precedente espropriazione mobiliare presso terzi”.

CASO

Dopo avere promosso nei confronti della propria debitrice un’espropriazione mobiliare presso terzi e avere conseguito, all’esito della stessa, un’ordinanza di assegnazione ai sensi dell’art. 553 c.p.c., il creditore eseguiva, sempre ai danni della medesima debitrice, un pignoramento immobiliare.

L’esecutata, a quel punto, proponeva opposizione ai sensi dell’art. 483 c.p.c., chiedendo al giudice dell’esecuzione di dichiarare la caducazione dell’ordinanza di assegnazione conseguita dal creditore, vista la sicura capienza dell’immobile pignorato ai fini della soddisfazione delle sue ragioni.

SOLUZIONE

[1] Il giudice dell’esecuzione ha respinto l’opposizione proposta dall’esecutata, rilevando, da un lato, che il rimedio esperito presuppone la contemporanea pendenza di plurimi processi esecutivi e, dall’altro lato, che, attraverso di esso, non può essere invalidato il provvedimento emesso a definizione di altra esecuzione precedentemente intrapresa e ritualmente conclusasi.

QUESTIONI

[1] L’ordinamento processuale consente al creditore di aggredire il patrimonio del debitore avvalendosi di tutti i mezzi di espropriazione forzata (mobiliare presso il debitore, mobiliare presso terzi, immobiliare) apprestati a suo favore, senza alcun ordine di priorità e non solo in via successiva, ma pure concorrente: lo prevede espressamente l’art. 483 c.p.c., il quale, a tutela dell’esecutato, prevede un apposito rimedio volto a evitare eccessi o abusi e attraverso il quale limitare e circoscrivere l’aggressione esecutiva a uno dei mezzi espropriativi scelto dal creditore o determinato dal giudice.

Non si tratta, dunque, di uno strumento mediante il quale il debitore contesta il diritto del creditore di procedere a esecuzione forzata o la pignorabilità dei beni (e, dunque, di un’opposizione ex art. 615 c.p.c.), piuttosto che la validità degli atti esecutivi compiuti o vizi formali della procedura (e, quindi, di un’opposizione ex art. 617 c.p.c.), dal momento che, ricorrendo all’opposizione di cui all’art. 483 c.p.c., il debitore demanda al giudice la valutazione in ordine alla congruità o meno del valore dei beni complessivamente assoggettati al vincolo espropriativo rispetto all’entità del credito (o dei crediti) che, attraverso la liquidazione o assegnazione, deve (o devono) trovare soddisfazione.

Da questo punto di vista, si dibatte se l’opposizione in questione possa essere sollevata solo quando i mezzi espropriativi attivati non siano omogenei, oppure anche quando, nell’ambito del medesimo o di plurimi processi esecutivi, siano stati pignorati più beni dello stesso tipo (per esempio, più immobili): secondo l’orientamento prevalente, al rimedio disciplinato dall’art. 483 c.p.c. può ricorrersi unicamente nel primo caso, giacché, nel secondo, occorre chiedere la riduzione del pignoramento ai sensi dell’art. 496 c.p.c.

La limitazione del cumulo dei mezzi espropriativi, peraltro, ha carattere eccezionale, potendo essere disposta solo in caso di abusività del cumulo, ravvisabile quando il sacrificio del debitore, coinvolto in plurime procedure esecutive, non sia giustificato da un ragionevole interesse del creditore (Cass. civ., sez. III, 20 novembre 2024, n. 30011).

La peculiarità della fattispecie esaminata dal Tribunale di Verona con l’ordinanza che si annota risiede nel fatto che l’esecutata aveva proposto l’opposizione di cui all’art. 483 c.p.c. allorché il creditore che aveva avviato l’espropriazione immobiliare ai suoi danni aveva già fruttuosamente concluso una precedente espropriazione mobiliare presso terzi: attraverso l’opposizione, la debitrice non mirava alla declaratoria di improcedibilità dell’esecuzione immobiliare, sul presupposto che l’ordinanza di assegnazione conseguita dal creditore consentisse a quest’ultimo di ottenere già completa soddisfazione delle proprie ragioni; al contrario, l’istanza era rivolta all’invalidazione di detta ordinanza di assegnazione, in considerazione del valore dell’immobile pignorato, reputato tale da assicurare un ricavato in grado di tacitare il diritto del creditore.

Il giudice dell’esecuzione ha respinto tale richiesta, rilevando che, così come non può proporsi l’opposizione ex art. 615 c.p.c. una volta che il processo esecutivo si è definitivamente concluso, allo stesso modo non è ammissibile l’opposizione di cui all’art. 483 c.p.c. – costituente anch’essa un rimedio interno al processo esecutivo – allorquando una delle procedure esecutive sia già stata portata a compimento (nel caso di specie, con la pronuncia di un’ordinanza di assegnazione del credito pignorato).

È vero, infatti, che, in virtù di quanto disposto dall’art. 2928 c.c., l’emissione di un’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. non determina, di per sé, il soddisfacimento del creditore (e la conseguente e corrispondente esdebitazione dell’esecutato nei suoi confronti), verificandosi ciò solo ed esclusivamente una volta avvenuto il pagamento del terzo (eventualmente a seguito dell’azione esecutiva promossa in suo danno, in caso di mancato adempimento spontaneo dell’ordinanza di assegnazione, che costituisce titolo esecutivo nei suoi confronti), ma è altrettanto vero che il giudice dell’esecuzione immobiliare non è legittimato a disporre dell’efficacia dei provvedimenti emessi nell’ambito di un’altra esecuzione, a maggior ragione se questa si è già ritualmente conclusa.

Lo ha confermato, di recente, la Corte di cassazione, secondo cui la pronuncia, all’esito di espropriazione mobiliare presso terzi, di un’ordinanza di assegnazione di canoni locatizi non ancora scaduti determina l’immediato trasferimento della titolarità del relativo credito in favore del creditore assegnatario e l’altrettanto immediata fuoriuscita di tale credito dal patrimonio del debitore esecutato, sicché la successiva esecuzione di un pignoramento sull’immobile produttivo dei canoni già assegnati non attinge questi ultimi, non priva di efficacia l’ordinanza di assegnazione e non consente agli organi della procedura esecutiva immobiliare di adottare statuizioni incidenti su tali canoni (Cass. civ., sez. III, 26 giugno 2025, n. 17195), dal momento che il giudice dell’esecuzione immobiliare non ha alcun potere di disporre delle sorti dei canoni di locazione che hanno già formato oggetto di un’ordinanza di assegnazione emessa da altro giudice ai sensi dell’art. 553 c.p.c., nell’ambito di un’espropriazione mobiliare presso terzi svoltasi e conclusasi autonomamente, dovendosi qualificare come abnorme – e, come tale, impugnabile con l’opposizione ex art. 617 c.p.c. – il provvedimento che, facendo leva sulla regola di cui all’art. 2912 c.c., ordini al custode giudiziario di acquisire i canoni già assegnati (Cass. civ., sez. III, 30 aprile 2024, n. 11698).

Come sottolineato anche dal Tribunale di Verona, l’ordinanza di assegnazione è un provvedimento che innova la realtà giuridica, costituendo un rapporto bilaterale tra creditore assegnatario e terzo pignorato sul quale il giudice di una diversa esecuzione non è legittimato a interferire.

Attraverso il rimedio di cui all’art. 483 c.p.c., dunque, il debitore non può conseguire un effetto che non trova sponda in alcuna disposizione del vigente ordinamento processuale e che si pone in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza in materia di rapporti tra distinti processi esecutivi.

Pertanto, l’opposizione al cumulo dei mezzi di espropriazione può condurre, qualora sia ravvisata la sussistenza dei relativi presupposti, alla declaratoria di improcedibilità di quella avente per oggetto beni in misura o di valore eccedente quanto necessario per assicurare la soddisfazione del creditore che ha promosso più azioni esecutive (essendo, peraltro, ragionevole ritenere che debbano essere tenute in considerazione, oltre alle spese occorrenti per coltivare l’esecuzione, anche le pretese che altri creditori potrebbero fare valere mediante intervento); non, invece, alla caducazione del provvedimento che ha concluso un’altra espropriazione precedentemente avviata, a maggior ragione se divenuta inoppugnabile perché non ritualmente attinta da alcuna impugnazione.

In altre parole, il debitore che abbia proposto opposizione ai sensi dell’art. 483 c.p.c. non può aspirare a ottenere che, in conseguenza dell’avvio in suo danno di una successiva espropriazione immobiliare e della limitazione a essa dell’aggressione esecutiva, il credito di cui è stato coattivamente spogliato in conseguenza della pronuncia di una precedente ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. ritorni nella sua disponibilità e che il terzo pignorato, dunque, riprenda a effettuare i pagamenti in suo favore, anziché a beneficio del creditore assegnatario: un tanto è precluso proprio per il fatto che, come rilevato dal Tribunale di Verona, il rimedio in questione presuppone la contemporanea pendenza delle procedure esecutive, nessuna delle quali dev’essersi già conclusa, non essendovi diversamente più spazio per adottare un provvedimento che consenta di operare un coordinamento tra le stesse.

Coordinamento che, in virtù di quanto stabilito dal comma 2 dell’art. 483 c.p.c. compete in linea generale al giudice che governa l’esecuzione immobiliare, qualora il cumulo dei mezzi espropriativi la veda coinvolta, attraverso la pronuncia dell’ordinanza con cui l’espropriazione viene limitata al mezzo che il creditore sceglie o che il giudice stesso determina.

È proprio facendo riferimento a tale regola, d’altro canto, che la Corte di cassazione, con le pronunce sopra citate, ha individuato nel giudice dell’esecuzione immobiliare una sorta di primus inter pares, investito del potere di adottare i provvedimenti necessari per evitare che il contemporaneo svolgimento di più processi esecutivi conduca a esiti in tutto o in parte sovrapponibili o, nei casi più gravi, confliggenti, pregiudicando l’efficacia del processo esecutivo e, con essa, la concreta ed effettiva soddisfazione del creditore.

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