2 Dicembre 2025

Omesso pagamento del premio assicurativo da parte del Condominio nel caso di responsabilità da cose in custodia

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Corte di Appello di Ancona, Sentenza del 29 luglio 2025, Seconda Sezione Civile, Presidente Estensore Giudice Dott. G. Federico.

Massima: “In caso di omesso pagamento del premio assicurativo per danni derivanti da responsabilità civile, l’amministratore di condominio per andare esente da responsabilità, deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile (informazione condomini, fissazione assemblea condominiale, recupero somme presso i morosi) per procurarsi il denaro sufficiente e di aver eseguito il pagamento del premio assicurativo non appena messo in condizione, dalla compagine condominiale, di poterlo fare.

CASO

Tizia con atto di citazione conveniva innanzi al Tribunale di Ascoli Piceno il Condomino Beta, al fine di ottenere, ai sensi degli artt. 2051 e 2043 c.c., la condanna del medesimo al pagamento dei danni subiti per la somma di € 41.041,49, in occasione di una caduta avvenuta nel 2013 mentre l’attrice si trovava a scendere le scale del Condominio Beta sito in San Benedetto del Tronto.

Segnatamente Tizia, insieme alla propria figlia, si recava all’interno del fabbricato presso lo studio della Dott. Sempronio; al termine della visita la medesima mentre scendeva i gradini del fabbricato – privi di corrimano e presidi antiscivolo – scivolava rovinosamente e riportava gravi lesioni.

Vani sono stati i tentativi della medesima di addivenire ad una composizione della lite mediante trattativa stragiudiziale con la Alfa quale compagnia assicurativa del Condominio Beta – ad ella indicata dall’attuale amministratore Mevio – atteso che l’impresa rappresentava l’impossibilità di provvedere al pagamento dei danni, essendo stato omesso il pagamento del premio assicurativo da parte del Condominio.

Si costituiva in giudizio il Condomino Beta, il quale chiedeva il rigetto delle domande avversarie eccependo l’imprudenza della condotta di Tizia e chiedeva altresì di essere autorizzato dal Tribunale a chiamare in manleva Mevio in proprio e quale legale rappresentante della società Epsilon, quale amministratore del Condominio Beta al momento del sinistro per cui è lite.

In particolare, Mevio avrebbe dovuto manlevare il Condomino Beta per l’eventuale condanna al risarcimento dei danni subiti dall’attrice a seguito della caduta, in quanto responsabile in proprio del mancato pagamento del premio assicurativo della polizza danni derivanti da responsabilità civile.

Si costituiva in giudizio Mevio, in proprio e in qualità di legale rappresentante della società Epsilon, contestando sia la sussistenza di responsabilità a suo carico (an della domanda), ma anche la quantificazione del danno prospettata da parte attrice (quantum della domanda).

Infine, deduceva l’esclusione di qualsivoglia tipo di responsabilità rispetto alla non operatività della polizza assicurativa per danni derivanti da responsabilità civile “in quanto il mancato pagamento del premio assicurativo doveva ritenersi imputabile al condominio”.

Chiedeva, altresì, di essere ammesso alla chiamata in causa della propria compagnia assicuratrice Gamma per danni derivanti da responsabilità professionale nell’esercizio della libera professione di amministratore di condomino e la compagnia Delta con la quale dal 20 agosto 2020 aveva stipulato una nuova polizza assicurativa per responsabilità professionale.

La compagnia Gamma e Delta costituitesi in giudizio, deducevano che il soggetto giuridico che amministrava il condominio all’epoca del sinistro era l’impresa Epsilon che tuttavia non era assicurata, posto che entrambe le polizze erano state stipulate da Mevio in proprio.

Con sentenza n. 478 del 5 luglio 2024, il Tribunale di Ascoli Piceno rigettava la domanda risarcitoria di parte attrice condannando la medesima al pagamento delle spese di lite nei confronti di tutti gli altri contraddittori.

Specificamente, il giudice del primo grado rilevava che Tizia non avesse soddisfatto l’onere della prova posto a suo carico ai sensi dell’art. 2697 c.c., “e che la verificazione dell’evento doveva ricondursi alla condotta colposa dell’attrice, idonea ad interrompere il nesso causale ed a configurare il caso fortuito, con esclusione della responsabilità del custode ex art. 2051 c.c.”.

Soccombente in primo grado, Tizia, interponeva appello avverso la ridetta sentenza “chiedendo l’accoglimento del gravame e la conseguente riforma della pronuncia di prime cure, per non avere il Tribunale correttamente valutato le risultanze istruttorie”.

Si costituivano le parti appellate chiedendo l’integrale rigetto del gravame interposto da Tizia e la conferma della sentenza di primo grado.

SOLUZIONE

La Corte di Appello di Ancona, definitivamente pronunciandosi sull’appello proposto da Tizia, avverso la sentenza n. 478/2024 emessa dal Tribunale di Ascoli Piceno, condannava il Condominio Beta al pagamento in favore di Tizia di € 10.083,71, somma già comprensiva di rivalutazione monetaria ed interessi, nonché al pagamento di € 760,00 oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria dall’esborso al saldo; condannava la società Epsilon a tenere indenne il Condominio Beta di quanto sarà tenuto a versare all’appellante Tizia; rigettava la domanda proposta da Mevio in proprio e quale legale rappresentante della società Epsilon nei confronti della società Gamma e Delta; condannava il Condominio Beta alla refusione e a favore della appellante Tizia di metà delle spese di entrambi i gradi, che si compensano per il residuo, e che vengono liquidate per l’intero, quanto al primo rado in € 3.700,00, di cui € 850,00 per esborsi; il tutto oltre rimborso spese generali, IVA 22% e CPA 4%; condannava altresì Mevio in proprio ed in qualità di legale rappresentante della società Epsilon a rifondere al Condominio Beta nonché alla società Gamma e Delta le spese di entrambi i gradi di giudizio oltre accessori di legge; poneva infine le spese di CTU a carico del Condominio Beta e di Mevio in proprio e quale legale rappresentante della Società Epsilon in ragione della metà e a carico di ciascuna parte.

QUESTIONI

Tizia soccombente in primo grado, come anticipato in rassegna fattuale interponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno sulla base di tre motivi, che la Corte di Appello di Ancona ha ritenuto esaminare congiuntamente in ragione della loro stretta connessione.

L’appellante censura la sentenza di primo grado nella parte in cui il primo giudicante non avrebbe ritenuto soddisfatto l’onere della prova a carico della medesima relativamente all’accaduto che ribadiva essersi così verificato “approntandosi a scendere le scale aveva perso l’equilibrio e, non avendo trovato alcun punto cui aggrapparsi, era caduta dai primi gradini fino al pianerottolo successivo riportando lesioni personali. La mancanza del corrimano lungo la scala aveva determinato l’evento lesivo, dovendo dunque ravvisarsi il nesso causale tra la res ed il danno, come confermato dalle testimonianze assunte ed erroneamente valutate dal giudice di prime cure, soprattutto con riferimento alla testimonianza della figlia”.

La Corte di Appello di Ancona valutava le censure tutte fondate.

In primo luogo occorre evidenziare che la responsabilità per cui è causa è annoverata e disciplinata ai sensi dell’art. 2051 c.c. il quale dispone che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

Tale norma prevede una responsabilità in capo al custode del bene da cui eventualmente derivi un pregiudizio a cose o persone.

Invero, affinché possa dirsi integrata la responsabilità da cose in custodia occorre che vi sia la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo, rapporto che postula l’effettivo potere sulla stessa, e cioè la sua disponibilità giuridica e materiale, con il conseguente potere di intervento su di essa.

La Suprema Corte di Cassazione sul punto ha elaborato tre elementi chiave per definire il potere di custodia: “1) il potere di controllare la cosa 2) il potere di modificare la situazione di pericolo insista nella cosa o che in essa si è determinata 3) quello infine di escludere qualsiasi terzo dall’ingerenza sulla cosa nel momento in cui si è prodotto il danno[1].

In materia di condominio negli edifici, per orientamento giurisprudenziale costante

La responsabilità in questione peraltro è di natura oggettiva, infatti, l’art. 2051 c.c., nel delineare la responsabilità del custode per i danni cagionati dalla cosa che egli ha in custodia, introduce un criterio di imputazione di natura oggettiva, che prescinde completamente da qualsiasi valutazione sulla condotta soggettiva del custode e, quindi, da ogni profilo di colpa.

La disposizione fonda la responsabilità esclusivamente sull’accertamento del nesso causale tra la cosa e l’evento dannoso: è sufficiente dimostrare che il danno sia stato provocato dalla cosa oggetto di custodia affinché sorga in capo al custode l’obbligo risarcitorio. In tale schema, l’unico elemento idoneo a interrompere tale rapporto causale – e quindi ad escludere la responsabilità – è rappresentato dal caso fortuito, inteso in senso ampio come fattore esterno, imprevedibile e inevitabile, che si inserisce nella sequenza causale rendendo impossibile imputare l’evento alla cosa custodita.

Ne deriva che la responsabilità ex art. 2051 c.c. non richiede la prova di un comportamento colposo del custode, ma si fonda su un meccanismo di responsabilità “per rischio”, nel quale grava sul custode stesso l’onere di dimostrare l’esistenza di un fattore fortuito tale da escludere la derivazione dell’evento dalla cosa. Solo tale dimostrazione può liberarlo dal vincolo risarcitorio che, diversamente, opera in via presuntiva e automatica.

In materia di condominio negli edifici, il Condominio quale Ente di gestione custode dei singoli beni e dei servizi comuni è tenuto ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde in base all’art. 2051 c.c., dei danni da queste cagionati.

Ebbene, la Corte di Appello di Ancona facendo proprio l’orientamento consolidato della Corte di legittimità ha rilevato che in materia di responsabilità per danni da cose in custodia ai fini della integrazione della medesima rileva “la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode[2].

Nel caso per cui è lite l’appellante si trovava ad aver perso l’equilibrio all’atto di scendere dalle scale e non avendo trovato un appoggio – corrimano laterale – rovinava a terra.

La mancanza del presidio/corrimano sul muro laterale, la cui installazione non era obbligatoria considerata la data di realizzazione del fabbricato, è stata considerata “decisiva ai fini dell’accertamento del nesso eziologico tra la res ed il sinistro”, quale fonte di responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. del Condominio Beta stesso, “dovendo prescindersi dall’accertamento di una colpa specifica per violazione di norme di legge, rilevante nella diversa fattispecie di responsabilità ex art. 2043 c.c.”.

Questo in ragione del fatto che la presenza del corrimano avrebbe impedito al Tizia di rovinare al suolo, soprattutto in considerazione dell’ulteriore circostanza della mancanza di altri presidi di sicurezza quali le strisce antiscivolo sui singoli gradini.

Tuttavia, la Corte del gravame ha riconosciuto in capo alla appellante una carenza, seppur minima di diligenza.

Il collegio infatti ha ritenuto che “l’appellante nell’affrontare la discesa delle scale condominiali, che non conosceva bene ma che aveva già percorso in salita, e che erano visibilmente sfornite di corrimano, avrebbe dovuto adottare una maggiore diligenza ed attenzione”.

La condotta della appellante, invero, non è stata ritenuta imprevedibile e comunque tale da integrare il caso fortuito necessario per interrompere il nesso di causalità ma tale da contribuire in misura prevalente alla determinazione dell’evento “con conseguente attribuzione in capo alla danneggiata di un concorso di colpa in misura del 60% ai sensi dell’art. 1227 c.c.”.

In sostanza il giudice delle seconde cure accertava la sussistenza in capo al Condominio Beta della responsabilità da cose in custodia ai sensi e per gli effetti dell’art. 2051 c.c., con il riconoscimento di un concorso di colpa in capo alla appellante ai sensi dell’art. 1227 c.c..

Sulla quantificazione del danno, la Corte di Appello di Ancona ha ritenuto “pienamente coerente ed esaustiva” la CTU espletata in primo grado, la quale ha riconosciuto in capo all’appellante una invalidità del 9% (micropermanente), ed accertato “che i postumi riportati incidono negativamente ed in misura medio elevata sulla cenestesi lavorativa di Tizia senza che sia possibile attenuare o eliminare i postumi con protesi o terapie”.

Ne consegue che per la quantificazione del danno è stato necessario valutare la cenestesi lavorativa applicando l’orientamento costante della Corte di legittimità in ragione del quale “il danno di natura patrimoniale, derivante dalla perdita di capacità lavorativa specifica, richiede un giudizio prognostico sulla compromissione delle aspettative di lavoro in relazione alle attitudini specifiche della persona, mentre il danno da lesione della “cenestesi lavorativa”, di natura non patrimoniale, consiste nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell’attività lavorativa, non incidente, neanche sotto il profilo delle opportunità, sul reddito della persona offesa, risolvendosi in una compromissione biologica dell’essenza dell’individuo. Tale tipologia di danno, configurabile solo ove non si superi la soglia del 30% del danno biologico, va liquidato onnicomprensivamente come danno alla salute, potendo il giudice, che abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore differenziato del punto di invalidità, anche ricorrere ad un appesantimento del valore monetario di ciascun punto[3].

Il giudice di seconde cure, applicando le Tabelle di Milano del 2024 ha valutato il danno subito da Tizia – tenuto conto anche del concorso di colpa della medesima ai sensi dell’art. 1227 c.c., del 60% –  nella misura del 9% di invalidità, aumentato in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c., del 10% in ragione della cenestesi lavorativa; non ha ritenuto liquidabile il danno morale “considerata la fattispecie di responsabilità accertata (responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c.)”.

Quanto alla domanda di manleva avanzata dal Condomino Beta nei confronti di Mevio in proprio e quale rappresentante legale della società Epsilon, amministratore al momento del fatto illecito la Corte del gravame, ritenendola fondata ha così argomentato.

Secondo la ricostruzione fattuale, l’amministratore in carica al momento del sinistro avrebbe omesso la corresponsione del premio assicurativo per la copertura dei danni da responsabilità civile sebbene il pagamento del medesimo fosse stato inserito all’interno del bilancio ed approvato con il piano di riparto e nel bilancio consuntivo nonché “nel bilancio preventivo 2013 e relativi piani di riparto, che erano stati approvati con l’assemblea del 5/6/2013 con cui era stato nominato amministratore”.

Orbene, l’Amministratore di condomino negava l’imputabilità a suo carico di qualsiasi responsabilità giacchè giustificava la mancanza di copertura assicurativa con l’incapienza del conto corrente del condominio “determinata della morosità dei condomini nel pagamento degli oneri condominiali”.

Richiamava altresì l’applicabilità dell’art. 1719 c.c., il quale dispone che “il mandante, salvo patto contrario, è tenuto a somministrare al mandatario i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato e per l’adempimento delle obbligazioni che a tal fine il mandatario ha contratte in proprio nome”.

Ciò posto, la Corte distrettuale ha giudicato il mancato pagamento dell’indennizzo a seguito del sinistro conseguente all’omesso pagamento della polizza assicurativa quale grave inadempimento imputabile all’amministratore.

Infatti è onere dell’amministratore di condominio “provvedere alla gestione ordinaria del condominio e dei suoi interessi, tra cui il pagamento delle utenze e delle rate delle polizze assicurative in corso”.

Ebbene, l’adempimento del rapporto di mandato richiede non solo la diligente esecuzione degli atti per i quali il mandato è stato conferito, ma anche degli atti preparatori e strumentali nonché di quelli ulteriori che dei primi costituiscano il necessario completamento.

Ai sensi dell’art. 1708 c.c., laddove l’amministratore avesse ritenuto o valutato come insufficienti i fondi presenti all’interno del conto corrente condominiale, avrebbe dovuto al contrario avvisare la compagine condominiale della ridetta circostanze e chiedere alla medesima di “effettuare nel più breve tempo possibile un’integrazione dei pagamenti per poter far fronte alle spese occorrenti”, cosa che nel caso di specie non è stata eseguita o comunque non provata da parte del rappresentate della compagine condominiale, il quale da ultimo si è unicamente limitato ad allegare “un unico atto di diffida ad effettuare il pagamento nei confronti di un solo condomino moroso, senza alcuna indicazione della necessità di pagare il premio assicurativo”.

Il medesimo pertanto non ha dimostrato, per andare esente da responsabilità, di aver fatto tutto il possibile (informazione condomini, fissazione assemblea condominiale, recupero somme presso i morosi) per procurarsi il denaro sufficiente e di aver eseguito il pagamento non appena messo in condizione, dalla compagine condominiale, di poterlo fare, cui consegue in definitiva una sua responsabilità per le conseguenze patrimoniali derivate dall’omesso pagamento del premio in scadenza.

Infine, quanto alla domanda di manleva avanzata da Mevio nei confronti delle due compagnie assicuratrici la Corte di Appello di Ancora ha ritenuto non accoglibile la richiesta.

Le polizze concluse con la impresa Gamma e con l’impesa Delta, sono state stipulate dal medesimo in proprio e non già in qualità di rappresentante legale della società Epsilon all’epoca dei fatti amministratore di condominio; inoltre, le polizze avevano ad oggetto unicamente la responsabilità civile per l’esercizio dell’attività di amministratore di condominio, ma non anche la diversa responsabilità ai sensi dell’art. 2991 c.c. quale socio della società.

Peraltro, la polizza conclusa con la compagnia Gamma conteneva al suo interno clausole “claims made”, in ragione delle quali la copertura assicurativa a differenza del modello tipico loss occurrence è applicabile solo per le richieste di risarcimento (claim) avanzate nel periodo di validità della polizza (nel caso per cui è lite la domanda è del dicembre 2020 ed il contratto cessato nel giugno 2020).

La responsabilità imputata all’amministratore era comunque esclusa dalle coperture assicurative che escludevano l’operatività della polizza per fatti o circostanze di cui la parte al momento della stipula del contratto sia consapevole, che potranno dare origine a richieste di risarcimento.

Orbene, nel caso per cui è lite risulta irrilevante la circostanza che non fosse stata ancora notificata all’amministratore Mevio l’atto di citazione per responsabilità professionale, dal momento che il fatto costitutivo, a lui ben noto, circa il mancato pagamento del premio assicurativo, gli era stato formalmente contestato sin dal 2013.

[1] Cass. Civ. n. 7403/2007

[2] Cass. Civ. SS. UU., n.20943/2022

[3] Cass. Civ. n. 16628/2023

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