Occupazione dell’immobile dopo il recesso ingiustificato dalle trattative: nella liquidazione del danno deve tenersi conto del periodo di detenzione illegittima
di Martina Mazzei, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. II, 13 maggio 2025, n. 12679 – Pres. Di Virgilio – Rel. Trapuzzano
[1] Responsabilità civile – Responsabilità precontrattuale – Recesso ingiustificato dalle trattative – Risarcimento del danno – Detenzione illegittima dell’immobile
(Cod. civ. art. 1337)
[1]Massima: “Colui il quale, in pendenza delle trattative per la stipula di un contratto di vendita, ottenga comunque dal proprietario la detenzione dell’immobile non può ritenersi detentore di buona fede nel caso in cui l’altra partegli manifesti in modo inequivoco la volontà di recedere dalle trattative e recuperare la detenzione dell’immobile. Pertanto, anche se il recesso dalle trattative sia stato ingiustificato e dia luogo a responsabilità precontrattuale, nella liquidazione del danno conseguente il giudice di merito deve tenere conto del periodo di tempo per il quale l’immobile è stato detenuto illegittimamente dalla parte avente diritto al risarcimento per responsabilità precontrattuale.”
CASO
[1] La vicenda alla base della decisione in epigrafe trae origine da una domanda di rilascio di un’unità immobiliare, occupata senza titolo, con conseguente richiesta di risarcimento del danno. I convenuti si costituivano in giudizio chiedendo: l’accertamento della nullità della compravendita in favore degli attori, in relazione alla loro perdita della qualità di soci della cooperativa, e, quindi, l’accertamento del diritto all’assegnazione dell’immobile; nonché la condanna degli attori al risarcimento del danno per recesso abusivo dalle trattative.
Il Tribunale accoglieva in parte la domanda attorea di rilascio dell’immobile, condannando gli attori, in accoglimento della domanda riconvenzionale, alla restituzione delle somme versate dai convenuti per l’immobile e al risarcimento dei danni conseguenti all’illegittimo recesso dalle trattative.
La Corte di Appello, adita dagli originari attori, confermava l’esclusione dell’illegittimità del possesso dell’immobile da parte degli appellati attesa l’esistenza di serie ed avanzate trattative tra le parti volte all’acquisto del bene che induceva ad escludere che l’immissione in possesso fosse avvenuta contro la volontà degli alienanti. Qualificata la responsabilità precontrattuale come responsabilità contrattuale, i giudici d’appello ritenevano pacifica l’esistenza di trattative tra le parti e l’affidamento riposto dai potenziali acquirenti nella conclusione del contratto di trasferimento del bene con la conseguenza che i potenziali venditori, pur avendo sostenuto di essere receduti dalle trattative per divergenze sul prezzo e sulle modalità di pagamento, non avevano provato che dette divergenze esistessero e che fossero dipese da circostanze non riferibili alla loro condotta.
Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per Cassazione i soccombenti.
SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte, in parziale accoglimento del ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.
La seconda sezione, in particolare, ha sottolineato che sebbene la Corte di appello avesse impostato il suo ragionamento logico-argomentativo sulla base del presupposto giuridico esatto per cui l’interruzione ingiustificata delle trattative configurava un’ipotesi di responsabilità precontrattuale; tuttavia, essa non ne ha tratto le giuste conseguenze in ordine alla qualificazione giuridica della responsabilità (da ricondurre alla responsabilità contrattuale) e alla liquidazione dei danni atteso che il giudice d’appello non ha tenuto conto del periodo di tempo nel quale l’immobile era stato detenuto illegittimamente.
QUESTIONI
[1] L’ordinanza in commento offre lo spunto per fare delle considerazioni sulla natura giuridica della responsabilità precontrattuale.
Durante la fase delle trattative – o, comunque, nella fase che precede la conclusione del contratto – il comportamento doloso o colposo di una delle parti in danno dell’altra, violativo del precetto di buona fede e quindi lesivo dell’altrui libertà negoziale, determina l’insorgere della responsabilità precontrattuale. La ratio di tale responsabilità è quella di tutelare la libertà di autodeterminazione negoziale. Attraverso la previsione della responsabilità precontrattuale, infatti, l’ordinamento tutela l’interesse a che la controparte, con cui si sta trattando, si comporti correttamente in modo da garantire la libera esplicazione dell’autonomia negoziale.
La giurisprudenza, affinché si configuri la responsabilità precontrattuale, richiede la sussistenza di alcuni requisiti.
In primo luogo, tra le parti devono essere in corso delle trattative e tali trattative devono essere giunte ad uno stadio tale da ingenerare, nella parte che invoca l’altrui responsabilità, il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto. Tali trattative, inoltre, devono essere state interrotte, senza giustificato motivo, dalla parte cui si addebita la responsabilità. E, infine, secondo l’ordinaria diligenza, non devono sussistere, per la parte che invoca la responsabilità, fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto (Cass. civ. 15 aprile 2016 n. 7545; Cass. civ. 29 marzo 2007 n. 7768; Cass. civ. 18 luglio 2003, n. 11243; Cass. civ. 14 febbraio 2000, n. 1632).
La verifica della ricorrenza di tutti i suddetti elementi, risolvendosi in un accertamento di fatto, è demandata al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata (Cass. civ. 6 settembre 2024, n. 24081; Cass. civ. 25 settembre 2023, n. 27262; Cass. civ. 16 novembre 2021, n. 34510; Cass. civ. 15 aprile 2016, n. 7545; Cass. civ. 29 marzo 2007 n. 7768; Cass. civ. 1° marzo 2007, n. 4856).
Il fondamento codicistico della responsabilità precontrattuale risiede in due previsioni del codice civile: gli artt. 1337 e 1338.
L’art. 1337 c.c., in particolare, prevede che la violazione della regola di comportamento che impone alle parti il dovere di comportarsi secondo buona fede, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, determini l’insorgere della responsabilità precontrattuale. L’art. 1337 c.c. sancisce, quindi, il principio di buona fede oggettiva.
La buona fede in senso oggettivo viene in rilievo all’art. 1175 c.c. quale regola di condotta in forza della quale è imposto ai soggetti dell’obbligazione di modellare il reciproco comportamento, sulla scorta dei canoni di lealtà e correttezza, al fine di porre in essere una condotta che non si limiti a soddisfare gli interessi dei soggetti ma che realizzi, altresì, il fine di assicurare uno spostamento di ricchezza conforme a giustizia.
La buona fede oggettiva, quale sinonimo di correttezza, alla luce del dettato costituzionale di cui all’art 2, è un canone di comportamento e, pur essendo una clausola elastica, è fonte di precisi obblighi comportamentali finalizzati alla salvaguardia della sfera giuridica della controparte.
In un primo momento gli interpreti hanno cercato di tipizzare questi obblighi al fine di individuare con precisione le regole comportamentali incombenti sulle parti nella fase che precede la formazione del contratto successivamente, invece, è emersa l’idea che qualunque comportamento sleale, tenuto nella fase precedente alla conclusione del contratto, possa essere fonte di responsabilità.
Sono emersi così – accanto all’obbligo fondamentale, tradizionalmente ricondotto nell’alveo dell’art. 1337 c.c., di non recedere ingiustificatamente dalle trattative volto a tutelare l’interesse della parte a non essere coinvolto in trattative inutili e a quello specifico tipizzato dall’art. 1338 c.c. – una serie di altri obblighi di varia natura (obblighi di informazione, di segretezza, di collaborazione, di chiarezza) la cui caratteristica principale rimane il carattere aperto cioè la possibilità di ampliarsi fino a comprendere qualsiasi comportamento tenuto in fase precontrattuale che sia contrario a buona fede e in grado, quindi, di danneggiare la libertà negoziale dell’altra parte.
Secondo quest’interpretazione estensiva, qualunque comportamento precontrattuale violativo della clausola generale di buona fede è fonte di responsabilità precontrattuale e allora la responsabilità precontrattuale, basandosi su una clausola generale, è una forma di responsabilità atipica ed elastica.
Indubbiamente il primo – e per lungo tempo il principale – obbligo precontrattuale discendente al dovere di buona fede è quello, ex art. 1337 c.c., di non recedere ingiustificatamente dalle trattative precontrattuali.
Il dovere di buona fede è posto a tutela dell’affidamento incolpevole della controparte che, in relazione alla durata e alla serietà delle trattative, è normalmente portata a fare progressivamente affidamento sull’esito positivo della contrattazione. Fino al momento della conclusione del contratto la parte è libera di non concludere ritirandosi dalle trattative ma deve farlo in modo da non pregiudicare ingiustificatamente le ragioni legittime della controparte pena il risarcimento del danno patito da quest’ultima per effetto del recesso.
Infatti, i presupposti dell’obbligo risarcitorio in caso di recesso dalle trattative sono proprio la presenza di un affidamento incolpevole della controparte e l’assenza di un giustificato motivo di recesso.
Ciò posto, la giurisprudenza maggioritaria, condivisa anche dalla sentenza in commento, riconduce la responsabilità precontrattuale ad una responsabilità aquiliana (Cass. civ. 20 gennaio 2025, n. 1397; Cass. civ. 18 ottobre 2024, n. 27102; Cass. civ. 4 giugno 2024, n. 15643; Cass. civ. 25 settembre 2023 n. 27262; Cass. civ. 21 settembre 2022, n. 27577; Cass. civ. 17 settembre 2013, n. 21255; Cass. civ. 10 gennaio 2013, n. 477; Cass. civ. 29 luglio 2011, n. 16735; Cass. civ. 18 giugno 2005, n. 13164; Cass. civ. 7 maggio 2004, n. 8723; Cass. civ. 10 ottobre 2003, n. 15172; Cass. civ. 4 marzo 2002, n. 3103; Cass. sez. un., 16 luglio 2001, n. 9645 del 16/07/2001) con conseguente applicazione delle relative regole in tema di distribuzione dell’onere della prova.
Pertanto, qualora gli estremi del comportamento illecito siano integrati dal recesso ingiustificato di una parte, non grava su chi recede la prova che il proprio comportamento corrisponde ai canoni di buona fede e correttezza, ma incombe, viceversa, sull’altra parte l’onere di dimostrare che il recesso esula dai limiti della buona fede e correttezza postulati dalla norma de qua (Cass. civ. 25 settembre 2023, n. 27262; Cass. civ. 3 ottobre 2019, n. 24738; Cass. civ. 29 luglio 2011, n. 16735; Cass. civ. 5 agosto 2004, n. 15040).
Con la decisione in commento la Suprema Corte ha censurato la sentenza d’appello sia per aver qualificato la responsabilità precontrattuale come responsabilità contrattuale sia per non aver tenuto conto, nella liquidazione del danno, del periodo di tempo, successivo al recesso dalle trattative dei potenziali venditori, in cui l’immobile era stato occupato illegittimamente.
A tal riguardo, la II Sezione ha affermato che colui il quale, come avvenuto nel caso di specie, in pendenza delle trattative per la stipula di un contratto di vendita, ottenga dal proprietario la detenzione dell’immobile non può ritenersi detentore di buona fede nel caso in cui l’altra parte gli manifesti in modo inequivoco la volontà di recedere dalle trattative e recuperare la detenzione dell’immobile.
Pertanto, anche se il recesso dalle trattative sia stato ingiustificato e dia luogo a responsabilità precontrattuale, nella liquidazione del danno conseguente il giudice di merito deve tenere conto del periodo di tempo per il quale l’immobile è stato detenuto illegittimamente dalla parte avente diritto al risarcimento per responsabilità precontrattuale (lo stesso principio è stato affermato con riferimento alle trattative per la stipula di un contratto di locazione v. Cass. civ. 20 marzo 2012, n. 4382).
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