11 Novembre 2025

È nulla la clausola del contratto di assicurazione che esclude il diritto dell’assicurato di agire per il pagamento dell’indennizzo

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 23 giugno 2025, n. 16787 – Pres. De Stefano – Rel. Rossetti

Parole chiave: Assicurazione – Per conto altrui o per conto di chi spetta – Diritti dell’assicurato – Derogabilità – Esclusione – Clausola che prevede l’attribuzione dei diritti derivanti dal contratto al contraente – Nullità

[1] Massima: “Nell’assicurazione contro i danni per conto altrui è nulla la clausola che neghi all’assicurato – nella specie, accordandola al solo contraente – la facoltà di partecipare alle operazioni di stima del danno e di liquidazione dell’indennizzo e, in ogni caso, il diritto di agire in giudizio per ottenerne il pagamento”.

Disposizioni applicate: cod. civ., artt. 1892, 1932

CASO

La proprietaria di un immobile che lo aveva concesso in locazione otteneva un’ordinanza di convalida dello sfratto per morosità nei confronti della conduttrice; il giorno prima che l’ufficiale giudiziario eseguisse lo sfratto, nell’immobile si sprigionava un incendio che lo danneggiava.

La proprietaria dell’immobile agiva quindi in giudizio nei confronti della compagnia con cui, il giorno prima dell’incendio, la conduttrice aveva stipulato un contratto di assicurazione per la copertura di molteplici rischi, tra i quali quello per danni materiali al fabbricato condotto in locazione, sostenendo di essere il soggetto assicurato ai sensi dell’art. 1904 c.c. e, come tale, avente diritto al pagamento dell’indennizzo.

La compagnia assicuratrice, costituendosi in giudizio, negava che alla locatrice spettasse la qualifica di assicurato.

Il Tribunale di Monza accoglieva la domanda, ritenendo che il contratto dovesse essere qualificato quale assicurazione per conto altrui, ai sensi dell’art. 1891 c.c., sicché la veste di assicurato e di creditore dell’indennizzo spettava al proprietario dell’immobile danneggiato.

La Corte d’appello di Milano, tuttavia, accoglieva l’impugnazione proposta dalla compagnia assicuratrice, ritenendo valida ed efficace la clausola – contenuta nelle condizioni generali di polizza – in base alla quale le azioni, le ragioni e i diritti nascenti dal contratto spettavano al contraente.

La pronuncia di secondo grado era gravata con ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione, in accoglimento del ricorso, ha cassato la sentenza impugnata, rilevando in via officiosa la nullità della clausola del contratto di assicurazione che escludeva la facoltà della locatrice, quale soggetto assicurato, di compiere gli atti necessari per l’accertamento e la quantificazione dei danni, nonché di impugnare la liquidazione conseguentemente effettuata e di agire in giudizio per il pagamento dell’indennizzo.

QUESTIONI

[1] Con la sentenza che si annota, la Corte di cassazione, in una fattispecie in cui si discuteva della legittimazione della locatrice ad agire per ottenere l’indennizzo per i danni subiti dall’immobile concesso in locazione in forza di un contratto di assicurazione concluso dalla conduttrice (legittimazione che era stata esclusa dalla Corte d’appello di Milano in virtù di una clausola, contenuta nelle condizioni generali di contratto, che attribuiva i diritti scaturenti dalla polizza al contraente), ha affermato un importante principio di diritto, in virtù del quale, nell’assicurazione per contro altrui o per conto di chi spetta, il contraente e l’assicuratore non possono escludere convenzionalmente la legittimazione processuale dell’assicurato.

Tale principio si fonda sull’affermata inderogabilità dell’art. 1891, comma 2, c.c., posto che, diversamente, risulterebbe snaturata l’essenza stessa del contratto di assicurazione, al punto da rendere configurabile una figura negoziale del tutto diversa.

Questa specifica tematica, peraltro, ha formato oggetto di un ampio dibattito, che ha visto contrapporsi ben quattro correnti di pensiero.

Per un primo, risalente orientamento, l’art. 1891, comma 2, c.c. (a mente del quale i diritti derivanti dal contratto spettano all’assicurato e il contraente, anche se in possesso della polizza, non può farli valere senza l’espresso consenso dell’assicurato medesimo) costituiva norma derogabile dalle parti, non essendo compresa nell’elenco di disposizioni che l’art. 1932 c.c. definisce inderogabili se non a favore dell’assicurato: secondo questa impostazione, tale semplice fatto bastava per escludere che la deroga all’art. 1891 c.c. potesse ritenersi preclusa in virtù del principio in base al quale, di regola, l’esercizio del diritto all’indennizzo compete al suo titolare.

Per un secondo orientamento, invece, la clausola che nega all’assicurato l’esercizio di azioni, ragioni e diritti nascenti dalla polizza deve interpretarsi nel senso che al contraente vengono riservate le sola attività di carattere amministrativo, consistenti nelle operazioni di gestione del sinistro, ferma restando la titolarità del credito indennitario in capo all’assicurato: questi, dunque, potrebbe convenire in giudizio l’assicuratore per domandarne la condanna al pagamento dell’indennizzo, ma non per chiedere l’accertamento del proprio credito.

Un terzo orientamento – reputando non derogabile l’art. 1891, comma 2, c.c., dal momento che configura un’ipotesi di sostituzione processuale, che può trovare titolo in uno specifico mandato dell’avente diritto (ossia dell’assicurato), ma non in una rinuncia per la cui validità ed efficacia sarebbero necessarie l’esistenza del diritto e la consapevolezza di tale esistenza – ha sostenuto che la sottoscrizione di una clausola come quella in questione non consente di ravvisare il consenso espresso dell’assicurato all’esercizio dei diritti nascenti dalla polizza da parte del contraente, escludendo dunque la legittimazione di quest’ultimo.

Un quarto orientamento, infine, ha ritenuto il contraente (nel caso di specie, un conduttore) legittimato a domandare l’indennizzo non in ragione del fatto che il contratto conteneva una clausola di deroga all’art. 1891, comma 2, c.c., ma sul diverso presupposto che il contratto di locazione addossasse al conduttore la responsabilità del perimento della cosa locata e che tanto bastasse per ritenere che anch’egli fosse qualificabile alla stregua di soggetto assicurato.

A fronte di questa pluralità di indirizzi, i giudici di legittimità hanno affermato l’inderogabilità dell’art. 1891, comma 2, c.c., con conseguente nullità della clausola in virtù della quale, nel caso di specie, era stata esclusa la legittimazione della locatrice ad agire nei confronti della compagnia assicuratrice per ottenere il pagamento dell’indennizzo.

Poiché l’assicurazione contro i danni è un contratto indennitario, funzionale a ristorare il pregiudizio subito dall’assicurato e non ad arricchirlo, la qualità di creditore dell’indennizzo presuppone la titolarità dell’interesse contrario all’avverarsi del rischio, che l’art. 1904 c.c. eleva a elemento costitutivo del contratto, a pena di nullità.

Per stabilire chi abbia diritto all’indennizzo previsto da un’assicurazione contro i danni, è necessario individuare a priori l’interesse assicurato, per come descritto nel contratto, non potendosi cercare a posteriori chi, per effetto del sinistro, abbia sofferto un danno: l’interesse considerato dall’art. 1904 c.c., infatti, è il vincolo che lega un soggetto di diritto a una cosa, sicché, se su un bene possono in astratto radicarsi interessi plurimi, che possono tutti formare oggetto di un’assicurazione contro i danni, non per ciò stesso la polizza contratta per la copertura di uno si estende automaticamente anche agli altri. Di conseguenza, assicurato è il titolare non di un qualsivoglia interesse, ma proprio di quello descritto nel contratto e dedotto quale suo specifico oggetto: in altre parole, non basta avere un qualsivoglia interesse leso dal sinistro per potersi definire assicurato, occorrendo anche che quell’interesse sia stato espressamente contemplato nel contratto di assicurazione (in questi termini, Cass. civ., sez. III, 17 giugno 2024, n. 16212).

La qualità di assicurato, dunque, non è disponibile dalle parti, giacché intrinsecamente connaturata al contratto di assicurazione, ferma restando la disponibilità del diritto all’indennizzo; ciò che non è consentito fare, invece, è prevedere che tale diritto non sorga affatto in capo all’assicurato, perché significherebbe trasferire le conseguenze del rischio in capo a un soggetto diverso dal titolare del rischio, con conseguente nullità del contratto ai sensi dell’art. 1895 c.c.

Anche nell’assicurazione per conto altrui (che ha la funzione di consentire la copertura dei rischi senza osservare le formalità della rappresentanza negoziale) e nell’assicurazione per conto di chi spetta (che ha la funzione di consentire la circolazione della copertura senza osservare le formalità della cessione del contratto), la qualità di assicurato compete al soggetto titolare dell’interesse contrario all’avverarsi del rischio.

Pertanto, una clausola – quale quella su cui si è concentrata l’attenzione dei giudici di legittimità – che neghi incondizionatamente e senza limiti di tempo all’assicurato l’esercizio delle ragioni, delle azioni e dei diritti nascenti dal contratto, nega in radice il diritto all’indennizzo (ovvero il diritto di pretenderne il pagamento), rendendo nullo il contratto cui accede.

Sotto altro profilo, la Corte di cassazione ha evidenziato che impedire all’assicurato di partecipare alle operazioni di stima del danno e di quantificazione dell’indennizzo, attribuendo al contraente la titolarità esclusiva del potere di contestare l’accertamento di un credito che non è suo o di prestarvi acquiescenza, conduce alla medesima conclusione, perché significherebbe privare l’assicurato della legittimazione a domandare l’accertamento del proprio credito, che è pur sempre propedeutico alla condanna al suo pagamento, sicché, in definitiva, ne deriverebbe comunque la privazione del diritto all’indennizzo.

La tesi della derogabilità dell’art. 1891, comma 2, c.c. non può nemmeno essere sostenuta facendo leva sul fatto che si tratta di disposizione non ricompresa tra quelle per le quali è espressamente esclusa dall’art. 1932 c.c.

In primo luogo, la disposizione da ultimo citata non esaurisce tutte le ipotesi di nullità del contratto di assicurazione (visto che, per esempio, anche l’art. 1895 c.c., che esige l’esistenza del rischio per la validità del contratto, non vi è contemplato).

In secondo luogo, l’art. 1932 c.c. prende in esame, per dichiararle inderogabili in pejus avendo riguardo alla posizione dell’assicurato, soltanto disposizioni che disciplinano il compimento di dichiarazioni contrattuali (artt. 1892, 1893, 1897, 1898 c.c.), oppure gli effetti del contratto nel tempo (art. 1901 c.c.) o la misura dell’indennizzo (art. 1917 c.c.), mentre non richiama le norme che disciplinano la causa e l’oggetto del contratto (per la semplice ragione che, derogandovi, non si sarebbe più in presenza di un’assicurazione contro i danni).

In definitiva, secondo la Corte di cassazione, il contraente di un’assicurazione per conto altrui (o per conto di chi spetta) può compiere gli atti negoziali che non potrebbero essere compiuti se non da lui personalmente (pagamento del premio, denuncia di sinistro, denuncia di aggravamento del rischio ex art. 1898 c.c.), mentre non può pretendere il pagamento dell’indennizzo dall’assicuratore o convenirlo in giudizio, salvo che sia l’assicurato medesimo a conferirgli un tale potere, assumendo la veste di delegato o di mandatario dello stesso, fatta salva l’ipotesi residuale della negotiorum gestio; di converso e nel contempo, all’assicurato non può essere negata la legittimazione ad agire in giudizio nei confronti dell’assicuratore per ottenere l’accertamento dell’indennizzo spettantegli e pretenderne il pagamento, nonché a compiere (ovvero a partecipare a) tutte le attività a ciò propedeutiche e funzionali.

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