Locazione turistica tra disciplina civilistica e adempimenti amministrativi: una ricostruzione teorica alla luce della sentenza del Consiglio di Stato n. 2928/2025
di Benedetta Mussini, AvvocatoDonatella Marino, Avvocato Scarica in PDFLa recente sentenza n. 2928/2025 del Consiglio di Stato, che ha riformato in senso favorevole ai privati la decisione del TAR Lombardia (Brescia, n. 306/2024), segna un punto di svolta nella disciplina delle locazioni turistiche di breve durata esercitate in forma non imprenditoriale (melius, in cui il locatore non riveste lo status di “imprenditore” del settore), alla luce della normativa nazionale applicabile e della L.R. Lombardia 27/2015. La pronuncia chiarisce alcuni profili di dubbia legittimità del Regolamento comunale approvato dal Comune di Sirmione, stabilendo che il Comune non può essere legittimato a rifiutare la ricezione di una C.I.A. o a inibire al proprietario il diritto di concludere contratti di locazione (ancorché con finalità turistica). La pronuncia contribuisce, così, a chiarire i confini tra diritto civile e poteri amministrativi locali, distinguendo con nettezza la posizione di chi conclude contratti di locazione turistica dai gestori di esercizi ricettivi cogliendo l’occasione per affermare limiti precisi agli interventi dei Comuni.
La vicenda: il provvedimento di diniego del Comune di Sirmione
Un privato, proprietario di due unità abitative a Sirmione, esercita locazioni turistiche brevi senza carattere imprenditoriale e presenta la Comunicazione di offerta di alloggio per finalità turistica (C.I.A.) al Comune, ai sensi della disciplina regionale. Il Comune, con un unico provvedimento, dichiara irricevibile la C.I.A. per entrambe le unità e diffida l’interessato dall’iniziare l’attività. A fondamento del diniego, si adduce per un immobile l’assenza di requisiti regolamentari e per l’altro l’indeterminatezza dell’offerta. Il privato impugna tale provvedimento, contestando anche la legittimità del Regolamento comunale adottato ex post, che equiparava le locazioni turistiche a strutture ricettive non alberghiere, sulla base dell’art. 26 della L.R. Lombardia 27/2015.
Il primo grado: il TAR Lombardia tra recepimento e ampliamento dei poteri comunali
Il TAR accoglie solo parzialmente il ricorso del privato, annullando la dichiarazione di irricevibilità e la diffida per carenza di motivazione. Tuttavia, conferma la legittimità di un regolamento comunale che considera assimilabili – seppur in una “linea graduale” – le locazioni turistiche brevi e le Case e Appartamenti per Vacanze (CAV), se esercitate in forma non imprenditoriale. Il TAR riconosce, inoltre, ai Comuni poteri estensivi di controllo, vigilanza e contrasto dell’abusivismo, richiamando non solo la L.R. Lombardia 27/2015 (artt. 26 e 53), ma anche altre norme (es. L.R. 11/2005, D.P.R. 380/2001) in tema di requisiti edilizi, salubrità, sicurezza e barriere architettoniche. Ne consegue, secondo il TAR, la possibilità, per i Comuni, di verificare la validità della C.I.A. anche per locazioni non imprenditoriali, purché motivate da “motivi imperativi di interesse generale”.
La svolta del Consiglio di Stato: netta distinzione tra profilo civilistico e amministrativo
Il Consiglio di Stato ribalta l’impostazione del TAR. Con una motivazione fondata su principi costituzionali e che riprende concetti civilistici, chiarisce che “…nel quadro normativo attuale, l’attività di locazione di immobili, anche a finalità turistica, che sia esercitata in forma non imprenditoriale, essendo un atto dispositivo dell’immobile, riconducibile al diritto del proprietario ed alla libertà contrattuale, non ricade nell’ambito dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990 e non è soggetto a poteri prescrittivi ed inibitori della pubblica amministrazione, salvo previsioni specifiche collegate a particolari categorie di immobili”. In altre parole, la conclusione di contratti di locazione di immobili, anche con finalità turistica (specie se esercitata da un soggetto “non imprenditore”, come nel caso esaminato) non può essere assoggettata ai poteri prescrittivi ed inibitori della pubblica Amministrazione, e ciò in quanto si tratta non di “attività” imprenditoriale, bensì di mero atto negoziale, rientrante nella sfera del diritto dominicale e della libertà contrattuale tutelata dall’art. 1322 c.c. e dall’ordinamento civile. Ne deriva che:
- la conclusione di uno o più contratti di locazione (ancorché con finalità turistica o di breve periodo) posto in essere da un locatore persona fisica (non imprenditore) non costituisce una “attività” ai sensi dell’art. 19 della legge n. 241/1990;
- la I.A. ha funzione meramente notiziale e statistica, e non può essere soggetta a valutazioni di merito o a dinieghi discrezionali da parte dell’amministrazione comunale;
- l’eventuale carenza di requisiti edilizi o igienico-sanitari può legittimare interventi sanzionatori o correttivi, ma non l’inibizione della stipula dei contratti di locazione.
Il Consiglio di Stato ricorda, dunque, la natura civilistica del contratto di locazione con fine turistico, ontologicamente diverso e lontano dall’ambito applicativo delle norme amministrative sulle attività produttive, che dunque non possono essere utilmente richiamate. Di conseguenza, i Comuni non sono titolari di poteri conformativi o regolatori in materia di conclusione o meno dei contratti di locazione, salvo norme speciali su immobili particolari (es. vincolati o ERP).
Implicazioni sistemiche sulla L.R. Lombardia 27/2015
La L.R. Lombardia 27/2015, in virtù dei propri poteri legislativi e regolamentari, regola i requisiti, gli standard qualitativi e le procedure per le imprese che operano nel mercato turistico, imponendo alcuni adempimenti specifici anche a carico dei locatori che operano nel mercato turistico a scopo di informazione e raccolta di dati statistici. Ai Comuni è riconosciuto solo un potere amministrativo di vigilanza e controllo delle strutture ricettive. Secondo il Consiglio di Stato:
- la competenza regionale si esercita nella determinazione dei requisiti delle strutture ricettive, che non possono essere estesi analogicamente alle mere locazioni abitative, neppure se finalizzate a scopi turistici;
- le funzioni comunali restano confinate a compiti di controllo edilizio, igienico-sanitario e antincendio, ma non si estendono al controllo preventivo degli atti negoziali tra privati.
In questo contesto, anche la C.I.A., prevista a fini di monitoraggio dalla normativa nazionale e regionale, non può essere considerata un titolo abilitativo per esercitare la locazione turistica non imprenditoriale, ma solo uno strumento di raccolta dati.
Il bilanciamento delle competenze: Stato, Regione, Comune
Il Consiglio di Stato imposta un ragionamento triassico sulle competenze:
- La materia del turismo è di competenza residuale regionale, ferma la possibilità di un intervento dello Stato nelle materie di competenza statale esclusiva di tipo trasversale eventualmente interferenti, quali la tutela della concorrenza e l’ordinamento civile cui è riconducibile la libertà contrattuale;
- La L.R. Lombardia 27/2015 chiarisce i compiti dei Comuni attribuendo funzioni di vigilanza, ma alcun potere di inibire o vincolare la conclusione di contratti di locazione tra privati.
- La libertà contrattuale resta un principio di rango costituzionale ed è regolata dall’ordinamento civile in via esclusiva, non derogabile dalle Regioni né, tantomeno, da altri enti (come i Comuni), privi di qualsiasi potere legislativo.
Conclusioni
La pronuncia n. 2928/2025 del Consiglio di Stato rappresenta un punto fermo nella definizione dei limiti dei poteri comunali nella regolazione della locazione turistica breve. Il riconoscimento della piena libertà di concludere contratti di locazione turistica quale espressione del diritto dominicale, impone un ripensamento delle pratiche regolatorie comunali che, in assenza di una base normativa chiara, rischiano di comprimere illegittimamente i diritti soggettivi dei proprietari.
La Regione Lombardia, nell’ambito della propria competenza esclusiva in materia di disciplina amministrativa nel settore turistico, potrà ulteriormente chiarire il quadro normativo, ma senza inibire o condizionare l’esercizio della locazione turistica da parte di privati, se non nei limiti dell’ordinaria vigilanza edilizia e igienico-sanitaria, compiti che potranno essere legittimamente affidati ai Comuni.
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