8 Giugno 2021

Le cassette di sicurezza: aspetti essenziali

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

Le cassette di sicurezza (art. 1839-1841 c.c.) sono dei contenitori metallici collocati nei locali corazzati della banca (caveau), dotati di sistemi di allarme, in cui il cliente può deporre personalmente ciò che crede (di regola denaro, gioielli, titoli, documenti importanti), verso pagamento di un canone. Alla stipulazione del contratto il cliente riceve una chiave e una tessera dove è indicato il numero della cassetta e che dovrà essere consegnata quando si vuole procedere all’apertura.

Il sevizio di cassette di sicurezza realizza dunque la funzione di offrire ai clienti un sistema sicuro di custodia dei beni con il vantaggio della segretezza anche nei confronti della banca. Circa la natura giuridica del contratto (consensuale, oneroso e di durata), in esso sono presenti prestazioni tipiche di più contratti, locazione e custodia, per cui è preferibile qualificarlo come contratto misto o complesso. È reputato un contratto di ordinaria amministrazione, in quanto diretto alla conservazione di valori.

Il contenuto di una cassetta di sicurezza costituisce una circostanza di fatto generalmente non divulgata, attesa la prioritaria esigenza di riservatezza che caratterizza la scelta di questo servizio bancario. Ne consegue che in tema di prova del suo contenuto, la parte interessata ben può ricorrere alle deposizioni degli stretti familiari e il giudice è tenuto a non sottovalutare od ignorare, se coerenti con l’insieme dei riscontri probatori, elementi di fatto quali la denuncia penale, solo perché di provenienza unilaterale, dovendosi sempre tenere conto, nell’esame e selezione del materiale probatorio, della peculiarità dei fatti da dimostrare (Cass. n. 27068/2008; Cass. n. 8945/2012; Trib. Milano 21.10.2019).

La banca risponde verso l’utente (c.d. cassettista) per l’idoneità e la custodia dei locali e per l’integrità della cassetta, salvo il caso fortuito (art. 1839 c.c.). L’eventuale esonero di responsabilità della banca deve comunque essere valutato in termini di inevitabilità piuttosto che di imprevedibilità (il furto non costituisce caso fortuito; secondo parte della giurisprudenza la banca risponde, ad es., dell’alluvione dei locali in cui sono custodite le cassette di sicurezza se gli stessi danni si sarebbero prodotti a causa di un guasto dell’impianto idrico, evento, quest’ultimo, prevedibile).

In considerazione della natura della prestazione dedotta in contratto grava sulla banca l’onere di dimostrare che l’inadempimento dell’obbligazione di custodia è ascrivibile ad impossibilità della prestazione ad essa non imputabile; al fine di escludere la colpa, è insufficiente la generica prova della diligenza, essendo esteso detto onere probatorio sino al limite della dimostrazione dell’assenza di qualunque colpa, anche in quanto la prestazione alla quale è tenuta la banca ricade nella sua sfera di controllo, con la conseguenza che il creditore neppure ha la possibilità di identificare nel suo contenuto l’atto colposo che ha determinato l’inadempimento (Cass. n. 7081/2005).

Le previsioni contrattuali tendenti a limitare la responsabilità della banca fissando il valore massimo del danno risarcibile o il valore massimo dei beni da immettere in custodia sono state censurate dalla giurisprudenza di legittimità perché configurano, di fatto, clausole di esonero da responsabilità (art. 1229 c.c.). Secondo Cass., Sez. Un., n. 6225/1994, nel servizio delle cassette di sicurezza, la clausola del contratto che dispone che l’uso della cassetta è concesso per la custodia di cose di valore complessivo non superiore ad un certo limite e che comporta l’obbligo dell’utente di non conservare nella cassetta cose aventi nel complesso valore superiore a detto importo, in correlazione con l’altra che, in caso di risarcimento del danno verso l’utente, dovrà tenersi conto della precedente clausola, si qualifica come attinente alla limitazione della responsabilità, sotto il profilo della limitazione del risarcimento dovuto, ed è pertanto nulla, ai sensi e nei limiti stabiliti dall’art. 1229, comma 1, c.c.

Per la prova del danno sono ammissibili la prova per testi e i giuramenti suppletorio ed estimatorio.

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