L’assenza di attestazione di conformità degli atti depositati con l’iscrizione a ruolo del pignoramento è insanabile e provoca l’estinzione del processo esecutivo
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. III, 27 ottobre 2025, n. 28513 – Pres. De Stefano – Rel. Tatangelo
Espropriazione forzata – Iscrizione a ruolo del processo esecutivo – Deposito di copia di titolo esecutivo, precetto e atto di pignoramento – Attestazione di conformità – Necessità – Mancanza – Inefficacia del pignoramento
Massima: “L’iscrizione a ruolo del processo esecutivo (immobiliare e presso terzi) va effettuata nel termine perentorio previsto dagli artt. 543 e 557 c.p.c., mediante il deposito di copie, attestate conformi agli originali dall’avvocato del creditore, degli atti indicati in tali norme; il tardivo deposito delle copie attestate conformi determina l’inefficacia del pignoramento e l’estinzione del processo, non essendo suscettibile di sanatoria il deposito di copie non attestate conformi, una volta spirato il suddetto termine perentorio, neppure mediante il deposito tardivo delle attestazioni di conformità mancanti.”
CASO
Iscritto a ruolo un pignoramento immobiliare innanzi al Tribunale di Milano e rilevato che il creditore procedente aveva depositato copie informatiche del precetto e dell’atto di pignoramento prive di attestazione di conformità, il giudice dell’esecuzione dichiarava l’estinzione del processo esecutivo.
Il collegio investito del reclamo chiedeva alla Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 363-bis c.p.c., di indicare se la mancanza dell’attestazione di conformità delle copie di titolo esecutivo, precetto e atto di pignoramento, pure prodotte nel termine perentorio stabilito per l’iscrizione a ruolo del processo esecutivo, costituisca causa di inefficacia del pignoramento o mera irregolarità sanabile.
SOLUZIONE
[1] La Corte di cassazione ha affermato che la mancanza dell’attestazione di conformità delle copie degli atti depositati dal creditore in sede di iscrizione a ruolo del pignoramento immobiliare (e presso terzi) non integra una mera irregolarità sanabile, ma comporta una vera e propria invalidità degli atti, tale da provocare l’inefficacia del pignoramento e l’estinzione del processo esecutivo.
QUESTIONI
[1] Con una pronuncia assai rigorosa, la Corte di cassazione ha sancito l’essenzialità del deposito delle attestazioni di conformità prescritte dagli artt. 543 e 557 c.p.c. (rispettivamente, per l’espropriazione mobiliare presso terzi e per l’espropriazione immobiliare) con riguardo alle copie:
- nel primo caso, dell’atto di citazione (ovvero dell’atto di pignoramento notificato dall’ufficiale giudiziario e contenente la citazione del debitore a comparire davanti al giudice dell’esecuzione competente), del titolo esecutivo e del precetto (dovendosi tuttavia rammentare che, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 492-bisp.c., quando il pignoramento è eseguito all’esito della ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare, l’attestazione di conformità deve riguardare anche l’istanza proposta ai sensi dei commi 1 o 2 del medesimo art. 492-bis c.p.c., l’autorizzazione del presidente del tribunale, quando è prevista, nonché la comunicazione del verbale riportante l’esito delle ricerche condotte dall’ufficiale giudiziario, ovvero la comunicazione di quest’ultimo di non avere potuto eseguirle o il provvedimento del presidente del tribunale di rigetto dell’istanza di autorizzazione a darvi corso prima della notificazione del precetto o prima che sia decorso il termine dilatorio previsto dall’art. 482 c.p.c.);
- nel secondo caso, del titolo esecutivo, del precetto, dell’atto di pignoramento e della nota di trascrizione.
Curiosamente, il principio di diritto è stato espressamente circoscritto all’espropriazione mobiliare presso terzi e all’espropriazione immobiliare, sebbene gli artt. 518 (al comma 6) e 521-bis (al comma 5) c.p.c. dettino anche per l’espropriazione mobiliare presso il debitore e per il pignoramento di autoveicoli una disposizione analoga a quella recata dagli artt. 543 e 557 c.p.c., stabilendo la medesima conseguenza (ossia l’inefficacia del pignoramento).
Fatta questa premessa, è opportuno analizzare le argomentazioni addotte a supporto della conclusione raggiunta, che si discosta da quella che era stata caldeggiata dalla Procura Generale (secondo cui l’assenza dell’attestazione di conformità doveva intendersi quale mera irregolarità sanabile con il suo successivo deposito, anziché quale causa di inefficacia del pignoramento).
In primo luogo, è stato fatto valere un argomento di carattere letterale.
Le modifiche che hanno interessato, rispettivamente, il comma 4 dell’art. 543 c.p.c. e il comma 2 dell’art. 557 c.p.c. (nonché il comma 6 dell’art. 518 c.p.c. per l’espropriazione mobiliare presso il debitore e il comma 5 dell’art. 521-bis c.p.c. per il pignoramento di autoveicoli), per effetto delle quali la sanzione dell’inefficacia del pignoramento è ora espressamente riferita al tardivo deposito delle copie degli atti ivi menzionati attestate come conformi agli originali, hanno definitivamente messo in luce, secondo i giudici di legittimità, la volontà del legislatore di ritenere indispensabile che gli atti depositati dal creditore procedente siano muniti dell’attestazione in parola fin dall’esordio del processo esecutivo.
Circostanza che, sempre secondo la Corte di cassazione, non era, in realtà, seriamente opinabile nemmeno nella vigenza della precedente formulazione delle norme, se non altro perché, a termini dell’art. 159-ter disp. att. c.p.c., il creditore è tenuto a depositare, negli stessi termini fissati dagli artt. 518, 543 e 557 c.p.c., copie conformi dei medesimi atti da dimettere con l’iscrizione a ruolo quando a quest’ultima abbia già provveduto il debitore, non potendosi immaginare che un tale onere rafforzato sussista solo in questa evenienza – da considerarsi come eventuale e tutto sommato residuale – e non in quella – da reputarsi invece fisiologica – in cui l’iscrizione a ruolo sia stata curata dal creditore.
In ogni caso, il riferimento unitario e indistinto dell’inefficacia del pignoramento al mancato tempestivo deposito delle copie conformi degli atti da dimettere con l’iscrizione a ruolo, risultante dal testo attualmente vigente delle disposizioni interessate, depone per l’operatività della sanzione sia quando nel termine di legge non siano stati depositati gli atti, sia quando questi siano stati depositati, ma in modo incompleto, perché privi dell’attestazione di conformità. Sulla base di un ragionamento analogo, Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2022, n. 23343, aveva invece escluso che la mancanza dell’avvertimento prescritto dall’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 480 c.p.c. comporti la nullità del precetto, proprio perché espressamente riferita solo agli elementi contemplati dal primo periodo della norma e non ribadita ovvero richiamata nella parte di essa che si riferisce a detto avvertimento (la cui assenza, pertanto, integra una mera irregolarità).
In secondo luogo, si è fatto riferimento a un argomento di carattere processuale.
Nello specifico, è stato ritenuto inapplicabile all’adempimento in parola il principio della sanatoria per raggiungimento dello scopo dell’atto (invalido perché incompleto, ovvero non conforme a quanto prescritto dalla legge): da un lato, perché tale principio attiene alla categoria della nullità – e, quindi, della validità – e non a quella dell’inefficacia (cui sono ricollegate preclusioni processuali), non essendo sostenibile che l’atto da depositarsi entro un termine perentorio possa avere raggiunto il suo scopo anche se dimesso tardivamente, quando nel frattempo ne siano stati compiuti altri che quell’atto ritualmente compiuto presuppongono; dall’altro lato, perché l’applicazione di tale regola non può andare a discapito dell’ordinato svolgimento del processo esecutivo, al lume del principio della sua ragionevole durata, che ne impone l’arresto anticipato quando il rallentamento sia dovuto a una colpevole inerzia o negligenza della parte interessata.
In quest’ottica, per i giudici di legittimità, l’assenza di copia degli atti che dimostrano la legittimazione del creditore ad agire esecutivamente munita dell’attestazione di conformità determina l’impossibilità per il giudice di ravvisare la loro stessa esistenza, precludendogli così la tempestiva assunzione dei provvedimenti necessari per dare impulso al processo esecutivo senza ritardi ingiustificati.
Va osservato, tuttavia, che il novellato comma 2 dell’art. 488 c.p.c. attribuisce al giudice dell’esecuzione il potere di chiedere in ogni momento al creditore l’esibizione dell’originale del titolo esecutivo (e non si vede per quale motivo non potrebbe fare altrettanto con riguardo agli altri atti – precetto, pignoramento e nota di trascrizione – per i quali la legge prevede il deposito di copia informatica), sicché, qualora nutrisse dubbi sulla sua effettiva disponibilità o esistenza, per effetto della mancanza dell’attestazione di conformità della copia depositata, è previsto un rimedio atto a evitare indebiti rallentamenti dell’iter processuale.
Inoltre, va considerato che il rilascio della nota di trascrizione del pignoramento in forma di duplicato informatico da parte della conservatoria dei pubblici registri immobiliari impedisce al legale del creditore di attestare la conformità all’originale della copia depositata nel fascicolo processuale, se non altro perché il suo potere certificativo è limitato, in virtù degli artt. 196-octies e 196-nonies disp. att. c.p.c., alle sole copie di atti estratti dal fascicolo informatico del processo e di quelli formati su supporto analogico, sicché è destinata a divenire fisiologica l’inosservanza – sia pure in parte qua – della prescrizione dettata dall’art. 557, comma 2, c.p.c.
In terzo luogo, si è richiamato un argomento di carattere sistematico.
Nonostante la giurisprudenza abbia adottato un approccio pragmaticamente volto a salvaguardare il diritto di azione, disattendendo interpretazioni di carattere formalistico delle disposizioni che regolano il processo telematico e le notificazioni a mezzo posta elettronica certificata, non si è mai dubitato che l’omesso deposito, nel termine all’uopo previsto, di una copia della sentenza munita dell’attestazione di conformità all’originale determini l’improcedibilità del ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 369 c.p.c.; se ne è fatto, così, derivare che anche il mancato tempestivo e rituale assolvimento dell’onere prescritto dagli artt. 543 e 557 c.p.c. è causa di improcedibilità del processo esecutivo.
Né, secondo i giudici di legittimità, può utilmente invocarsi il principio di non contestazione (inteso come mancato disconoscimento della conformità all’originale della copia che della relativa attestazione sia priva), in quanto difficilmente esportabile dal processo di cognizione (caratterizzato da un contraddittorio pieno) in quello esecutivo (in cui, non trattandosi di un processo finalizzato a una decisione, ma alla realizzazione coattiva di diritti già accertati, il contraddittorio si esplica in modo affatto diverso, tanto da venire definito attenuato, dato che il debitore non ha alcun onere di costituirsi e normalmente non lo fa); inoltre, l’assenza di contestazione del debitore non preclude l’esercizio dei poteri officiosi del giudice dell’esecuzione, chiamato a verificare la persistente sussistenza delle condizioni dell’azione esecutiva.
Infine, attraverso un ragionamento sillogistico, la Corte di cassazione esclude che l’assenza di attestazione di conformità possa essere sanata attraverso il suo deposito tardivo, eventualmente su invito del giudice dell’esecuzione: l’estinzione del processo esecutivo opera di diritto, per effetto del mancato compimento, nel termine perentorio, di una determinata attività processuale, tanto che l’ordinanza che la pronuncia ha natura dichiarativa (e non costitutiva), sicché non è configurabile una sanatoria ex post, a termine spirato, di una causa estintiva già verificatasi, a maggior ragione se il debitore l’abbia tempestivamente eccepita; per la stessa ragione, non può nemmeno ammettersi un’iniziativa del giudice dell’esecuzione diretta a sanare la mancanza dell’attestazione di conformità, mediante l’invito a dimetterla tardivamente.
Né, pare doversi concludere, potrebbe accogliersi un’eventuale richiesta di rimessione in termini, ai sensi dell’art. 153 c.p.c., dal momento che, come afferma la Corte di cassazione, le norme sono chiarissime nell’imporre il deposito di copie munite di attestazione di conformità e l’attività richiesta all’avvocato del creditore è di estrema semplicità, trattandosi di attestazione che deve effettuare lo stesso difensore in relazione ad atti già in suo possesso, risultando quindi difficile ipotizzare una causa che giustifichi l’accoglimento di una simile richiesta.
Se la sentenza si fa apprezzare per il rigore e per la chiarezza che caratterizzano il suo articolato e strutturato percorso argomentativo, qualche dubbio rimane sulla condivisibilità degli esiti ai quali conduce, parificandosi sostanzialmente l’assenza di attestazione di conformità alla vera e propria carenza del titolo esecutivo o di un altro atto indispensabile per l’introduzione e lo svolgimento del processo esecutivo (il che sembra francamente eccessivo).
D’altra parte, vi è il rischio che una tale severa impostazione, per quanto confortata dal dato normativo e sistematico, vanifichi quelle interpretazioni più elastiche adottate dai giudici di merito in tema di deposito della nota di trascrizione: se deve valere il principio – valorizzato nella sentenza annotata – per cui l’adozione dei provvedimenti conseguenti all’istanza di vendita presuppone la piena e incondizionata presenza nel fascicolo del processo esecutivo di tutti gli atti e i documenti prescritti dalla legge, a venire messa in dubbio è anche la prassi di ritenere sufficiente che la nota di trascrizione del pignoramento sia depositata entro l’udienza di cui all’art. 569 c.p.c., giacché il giudice dell’esecuzione, quando non abbia immediata evidenza dell’adempimento della formalità pubblicitaria (integrante integra elemento costitutivo della fattispecie a formazione complessa e progressiva in cui consiste il pignoramento immobiliare), non potrebbe nemmeno nominare l’esperto stimatore e il custode giudiziario.
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