29 Aprile 2025

La decisione delle Sezioni Unite sull’abusivo frazionamento del credito

di Chiara Crescioli, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. unite, sent. 19 marzo 2025, n. 7299, Pres. D’Ascola, Est. Rubino

Massima [1]: “ In tema di abusivo frazionamento del credito, i diritti di credito che, oltre a fare capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche in proiezione iscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato oppure fondati sul medesimo o su analoghi fatti costitutivi il cui accertamento separato si traduca in un inutile e ingiustificato dispendio dell’attività processuale, non possono essere azionati in separati giudizi, a meno che non si accerti la titolarità, in capo al creditore, di un apprezzabile interesse alla tutela processuale frazionata, in mancanza del quale la domanda abusivamente frazionata deve essere dichiarata improponibile, impregiudicato il diritto alla sua riproposizione unitaria” (massima ufficiale).

Massima [2]: “Qualora non sia possibile l’introduzione di un giudizio unitario sulla pretesa arbitrariamente frazionata, per l’intervenuta formazione del giudicato sulla frazione di domanda separatamente proposta, il giudice è tenuto a decidere nel merito sulla domanda anche se arbitrariamente frazionata, e terrà conto del comportamento del creditore in sede di liquidazione delle spese di lite, escludendo la condanna in suo favore o anche ponendo in tutto o in parte a suo carico le spese di lite, ex artt. 88 e 92 primo comma c.p.c., integrando l’abusivo frazionamento della domanda giudiziale un comportamento contrario ai doveri di lealtà e probità processuale” (massima ufficiale).

CASO

Una struttura sanitaria privata accreditata con il Servizio Sanitario Nazionale richiedeva l’emissione di due decreti ingiuntivi nei confronti dell’A.S.L. Napoli 1 Centro, chiedendo il pagamento delle prestazioni riabilitative rese a pazienti inviati dal SSN, rispettivamente, nel corso del mese di ottobre e novembre 2008. Il primo decreto relativo alle prestazioni del mese di ottobre non veniva opposto, mentre l’A.S.L. si opponeva al decreto riferito al mese di novembre 2008, sostenendo la sua improponibilità perché avente a oggetto una frazione di un unico credito.

Il Tribunale di Napoli accoglieva l’opposizione dichiarando improponibile la domanda.

La struttura sanitaria proponeva quindi appello innanzi alla Corte d’Appello di Napoli, ma quest’ultima confermava la decisione resa in primo grado, ritenendo che la proposizione separata di più ricorsi per ingiunzione, relativi ad importi concernenti mensilità già esigibili (nel caso di specie, la mensilità di novembre 2008, oggetto di causa, e di ottobre 2008, ingiunta con autonoma richiesta monitoria presentata nella stessa data dal creditore, alla quale era seguita l’emissione di un decreto ingiuntivo non opposto) costituisse, in assenza di ragioni giustificative della proposizione di plurime domande giudiziali o di un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, un frazionamento del credito ingiustificato con conseguente improponibilità delle domande giudiziali.

La parte soccombente proponeva quindi ricorso per cassazione. In particolare, denunciava la violazione degli artt. 111 Cost. e 112 c.p.c. in relazione all’art 360 n. 4 c.p.c., in quanto avendo la Corte d’Appello omesso di pronunziarsi sulle ragioni, enunciate fin dal primo grado, che giustificavano l’avvenuta proposizione di separati ricorsi per decreto ingiuntivo, in quanto solo per le prestazioni relative al mese di novembre 2008 si profilava il rischio del possibile superamento del tetto di spesa.

Denunciava poi la violazione degli artt. 111 Cost. e 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c., censurando l’errore del giudice di appello nel ritenere che l’accertata parcellizzazione del credito determini in ogni caso la conseguenza della improponibilità della domanda.

Con ordinanza interlocutoria la Prima Sezione rimetteva il ricorso alle Sezioni Unite, chiedendo di risolvere le seguenti questioni: 1) se la soluzione, adottata dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, in termini di improponibilità della domanda a fronte di un abusivo frazionamento del credito sia preferibile e conforme alla giurisprudenza della CEDU (sent. Trevisanato c. Italia), anche nei casi in cui, in ragione dell’intervenuto formarsi del giudicato su parte della domanda, la stessa non sia in concreto riproponibile; 2) se, al contrario, sia preferibile e più conforme al principio di proporzionalità, limitarsi a sanzionare il fenomeno dell’abusivo frazionamento del credito sul piano delle spese processuali, ricorrendo eventualmente agli strumenti forniti dall’art. 96 c.p.c.

SOLUZIONE

Le Sezioni Unite, pronunciatesi in merito alle conseguenze derivanti dalla proposizione di una domanda ingiustificatamente frazionata, hanno ritenuto che l’improponibilità della domanda si traduca in un sostanziale diniego di accesso alla giustizia, per cui è sanzione di per sé sproporzionata per l’abusivo frazionamento del credito. Pertanto, a fronte di una domanda non effettivamente riproponibile, per l’intervenuta formazione del giudicato sulla frazione di domanda separatamente proposta, il giudice deve comunque, anche qualora accerti l’inesistenza un interesse oggettivo meritevole di tutela ad agire frazionatamente, pronunciarsi nel merito della domanda, ovvero sull’esistenza e la consistenza del credito, dando atto che la domanda non sarebbe altrimenti riproponibile. Per le Sezioni Unite, dunque, la sanzione verso l’abuso opera esclusivamente sul piano delle spese processuali. A tal fine, ha evidenziato che, sulla base del combinato disposto degli artt. 88 e 92 primo comma c.p.c., è possibile, previo l’accertamento, a carico di chi agisce per ottenere il riconoscimento di un credito abusivamente frazionato, della violazione del canoni di comportamento processuale secondo lealtà e probità, sanzionare l’attore che promuove un abusivo frazionamento del credito ponendo a suo carico l’onere delle spese processuali sostenute dalla controparte benché sia riconosciuto vincitore, scindendo la condanna alle spese dalla soccombenza.

QUESTIONI

La Suprema Corte a sezioni unite si è pronunciata ancora una volta in merito all’abusivo frazionamento del credito, affrontando questa volta la specifica ipotesi in cui non sia possibile l’introduzione di un giudizio unitario sulla pretesa arbitrariamente frazionata, per l’intervenuta formazione del giudicato sulla frazione di domanda separatamente proposta.

Sul punto le Sezioni Unite hanno evidenziato la presenza di due orientamenti contrastanti:

  1. Un primo orientamento maggioritario (Cass. n. 31012 del 2017; Cass. n. 17893 del 2018; Cass. n. 26089 del 2019; Cass. n. 14143 del 2021; Cass. n. 24371 del 2021; Cass. n. 16508 del 2023; Cass. n.19054 del 2023) indicava che, ove fossero state proposte domande di accertamento del credito ingiustificatamente frazionate, la conseguenza fosse necessariamente quella della improponibilità della domanda abusivamente o ingiustificatamente frazionata. Nell’ambito di tale orientamento, in alcuni casi la successiva domanda veniva indicata come improcedibile (Cass. n. 19898 del 2018), mentre in alcune sentenze si precisava che la pronuncia di improponibilità è una pronuncia solo in rito, e come tale non preclude il successivo esame della domanda nel merito, in quanto il creditore conserva la facoltà di riproporre la domanda in altro giudizio, in cumulo oggettivo ex art. 104 c.p.c. con tutte le altre relative agli analoghi crediti sorti nell’ambito della menzionata relazione unitaria tra le parti (Cass. n. 14143 del 2021; Cass. n. 24371 del 2021, Cass. n. 16508 del 2023).
  2. Al contrario, un diverso orientamento condiviso anche dall’ordinanza di rimessione n. 3643 del 2024 (Cass. n. 8184 del 2023, Cass. n. 16508 del 2023, Cass. n. 6513 del 2023 e Cass. n. 13606 del 2024) riteneva possibile individuare le conseguenze della violazione del divieto di parcellizzazione del credito facendole ricadere esclusivamente sul piano della regolamentazione delle spese di giudizio. Al suo interno, è stato anche precisato che in caso di emissione di una pluralità di decreti ingiuntivi a fronte di prestazioni professionali del tutto analoghe, ai fini della necessità di eliminare tutti gli effetti distorsivi del frazionamento non fosse sufficiente che si disponga la compensazione delle sole spese dei giudizi di opposizione successivamente riuniti, ma occorreva l’intervento anche sulle spese liquidate nei plurimi decreti d’ingiunzione “superflui”, previa eventuale revoca degli stessi (Cass. n. 16508 del 2023).

Le Sezioni Unite hanno quindi scelto di aderire a quest’ultimo orientamento, precisando in modo più puntuale quali siano le sanzioni relative alla regolamentazione delle spese di giudizio in caso di abusivo frazionamento del credito.

In particolare, hanno osservato che nel caso di proposizione di plurimi decreti ingiuntivi si abusa dello strumento processuale impegnando inutilmente le risorse dell’amministrazione della giustizia in una serie di liti ingiustificatamente moltiplicate allo scopo di lucrare sulle spese di giustizia. In tal caso, ciò che si vuole contrastare non è il frazionamento del credito in sé considerato, ma il suo abuso, nella veste bifronte del frazionamento ingiustificato della pretesa creditoria e della proliferazione delle azioni volte all’accertamento di uno stesso credito, o di crediti del tutto analoghi che si inseriscono in una relazione di durata tra debitore e creditore, impegnando in tal senso l’organizzazione giudiziaria ed anche la propria controparte senza che vi sia un interesse meritevole di tutela. Sul punto si erano già pronunciate in passato le Sezioni Unite (Cass., S.U. 4090 e 4091 del 2017) evidenziando che le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi. Tuttavia, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale, le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata.

Nella pronuncia in esame le Sezioni Unite hanno però sottolineato che l’improponibilità delle domande separatamente proposte senza idonea giustificazione, relative a diritti di credito distinti maturati nell’ambito di un medesimo rapporto di durata, anche quanto la domanda stessa non possa essere effettivamente riproposta, non appare conforme al principio del giusto processo, perché si traduce nella sanzione sproporzionata della «confisca del diritto di azione». Pertanto, a fronte di una domanda non effettivamente riproponibile, il giudice deve comunque, anche qualora accerti l’inesistenza di un interesse oggettivo (ovvero meritevole di tutela) ad agire frazionatamente, pronunciarsi nel merito della domanda, ovvero sull’esistenza e la consistenza del credito, dando atto che la domanda non sarebbe altrimenti riproponibile.

Le Sezioni Unite hanno però ritenuto che l’abuso debba comunque avere una sanzione, che però opera esclusivamente sul piano delle spese processuali. A tal proposito, hanno evidenziato che lo strumento delle spese processuali per sanzionare l’abuso può essere utilizzato non soltanto nel senso di non concedere alla parte creditrice la cui domanda sia stata accolta nel merito il favore delle spese, ma anche in senso più ampio. Infatti, hanno ritenuto che, sulla base del combinato disposto degli artt. 88 e 92 primo comma c.p.c., previo l’accertamento, a carico di chi agisce per ottenere il riconoscimento di un credito abusivamente frazionato, della violazione del canoni di comportamento processuale secondo lealtà e probità, il giudice possa sanzionare l’attore che promuove un abusivo frazionamento del credito, ponendo a suo carico l’onere delle spese processuali sostenute dalla controparte benché sia riconosciuto vincitore, scindendo la condanna alle spese dalla soccombenza. In tal modo, il creditore che abbia ingiustificatamente ed abusivamente frazionato in giudizio un credito che avrebbe potuto essere azionato unitariamente può vedersi esposto alla condanna al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controparte, benché quale creditore risulti vincitore del giudizio.

Le Sezioni Unite hanno evidenziato che l’utilizzo di questo strumento costituisce una facoltà discrezionale prevista dal codice di rito fin dalla sua prima stesura, il cui utilizzo è rimesso alla prudente e motivata valutazione del giudice e consente di sanzionare in maniera efficace il comportamento processuale del creditore a fronte di un abuso del processo senza pregiudicare irrimediabilmente le sue pur legittime pretese.

Pertanto, concludono affermando che: “In questi casi, cioè, il giudice adito non si potrà spogliare della causa con una pronuncia di improponibilità in rito cui corrisponderebbe il diniego di esame nel merito, ma la domanda dovrà essere esaminata dal giudice di merito che, qualora accerti l’esistenza del credito potrà condannare la controparte al pagamento e al contempo far ricadere l’onere delle spese legali sull’attore, se ritenga che la domanda sia stata abusivamente frazionata”.

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