Integrazione extratestuale del titolo esecutivo per le spese anticipate da un genitore purché documentate o concordate
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. III, 4 agosto 2025, n. 22522 – Pres. De Stefano – Rel. Guizzi
Separazione personale dei coniugi – Decreto di omologa contenente la regolamentazione della compartecipazione alle spese straordinarie – Titolo esecutivo – Sussistenza – Precetto – Intimazione di pagamento della quota di spese straordinarie – Allegazione e documentazione delle spese sostenute dal coniuge creditore – Necessità
La convenzione di separazione personale dei coniugi omologata dall’autorità giudiziaria, nella quale sia stabilito che il genitore non affidatario paghi, sia pure pro quota, le spese sostenute dall’altro genitore, subordinatamente all’esistenza di un preventivo accordo relativo alle stesse, nonché le spese mediche e scolastiche ordinarie, senza che sia in tale caso prevista alcuna preventiva concertazione, costituisce idoneo titolo esecutivo e non richiede un ulteriore intervento del giudice in sede di cognizione, purché il genitore creditore abbia, nel primo caso, conseguito l’accordo con l’altro genitore, ovvero, nel secondo caso, documentato l’effettiva sopravvenienza degli esborsi indicati nel titolo e la relativa entità, o, in alternativa, almeno messo a disposizione la documentazione necessaria.
CASO
Omologata la separazione dei coniugi con decreto che prevedeva la compartecipazione di ciascuno, nella misura del 50%, alle spese straordinarie per le figlie, per alcune delle quali previo specifico accordo in merito alla necessità di sostenerle, la moglie notificava un atto di precetto con cui intimava il pagamento della quota di competenza del marito.
Questi proponeva opposizione ex art. 615, comma 1, c.p.c., lamentando che al precetto non fosse stata allegata la documentazione attestante, da un lato, le spese sostenute delle quali era stato intimato il pagamento pro quota e, dall’altro lato, la loro concertazione secondo le modalità prescritte dal decreto di omologa della separazione.
Il Giudice di Pace di Nola accoglieva l’opposizione, ma la pronuncia di primo grado era riformata dal Tribunale di Napoli Nord, che reputava sufficienti, affinché il credito potesse considerarsi determinato o determinabile nel suo ammontare, le indicazioni contenute nell’atto di precetto.
La sentenza di secondo grado era gravata con ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
[1] La Corte di cassazione ha accolto il ricorso, affermando che il coniuge che aveva intimato il precetto non aveva assolto l’onere di documentare compiutamente le spese sostenute delle quali pretendeva il rimborso pro quota.
QUESTIONI
[1] La sentenza che si annota interviene su un tema largamente dibattuto, non tanto perché sia dubbia la (invece oramai pacifica) natura di titolo esecutivo del decreto di omologa della separazione dei coniugi, quanto piuttosto perché da tempo si discute in merito alle condizioni in presenza delle quali uno dei coniugi può intimare all’altro il rimborso pro quota delle spese sostenute in virtù di quanto stabilito nel decreto, che non può ovviamente individuarne ovvero predeterminarne l’ammontare, trattandosi di esborsi da sostenersi in futuro e in quanto ne ricorra l’effettiva esigenza.
Il dibattito origina dalla necessità di coniugare due esigenze contrapposte: da un lato, rispettare il principio in base al quale l’atto ovvero il documento incorporante il titolo esecutivo deve recare l’esatta individuazione del credito da soddisfare e il soggetto tenuto ad adempiere (vale a dire, gli estremi oggettivi e soggettivi dell’obbligazione); dall’altro lato, evitare che il coniuge che ha diritto al pagamento di somme dovute dall’altro coniuge in virtù delle statuizioni assunte in sede di separazione sia costretto a ricorrere all’autorità giudiziaria ogni volta che il suo credito, attualizzandosi, diventa esigibile, allo scopo di ottenere un nuovo provvedimento che lo accerti e consenta di azionarlo esecutivamente.
Privilegiando le istanze dirette a salvaguardare l’economia processuale e abbracciando l’indirizzo che ha valorizzato il ricorso a elementi extratestuali per integrare il contenuto del titolo esecutivo, la giurisprudenza ha progressivamente abbandonato la posizione più rigida, secondo la quale il provvedimento giudiziario emesso in sede di separazione personale che stabilisce l’obbligo del coniuge di pagare all’altro, sia pure pro quota, le spese straordinarie relative ai figli, richiedeva, al fine di legittimare l’esecuzione forzata, un ulteriore intervento del giudice, volto ad accertare l’avveramento dell’evento futuro e incerto cui è subordinata l’efficacia della condanna, ossia la effettiva sopravvenienza degli specifici esborsi contemplati dal titolo e la relativa entità, non suscettibili di essere desunte sulla base degli elementi di fatto contenuti nella prima pronuncia (così, per esempio, Cass. civ., sez. I, 28 gennaio 2008, n. 1758).
A partire dall’arresto di Cass. civ., sez. III, 23 maggio 2011, n. 11316, è andato dunque consolidandosi l’orientamento che, per non frustrare evidenti minimali esigenze di effettività della tutela del coniuge creditore, ha affermato il principio contrario, dapprima limitatamente alle spese ordinarie, poi anche con riguardo a quelle straordinarie (Cass. civ., sez. I, 15 febbraio 2021, n. 3835).
A questo proposito, peraltro, si suole distinguere tra due categorie di spese straordinarie:
- gli esborsi che sono destinati ai bisogni pur sempre ordinari del figlio e che, certi nel loro costante e prevedibile ripetersi, anche lungo intervalli temporali più o meno ampi, anche se incerti nel loro ammontare, sortiscono l’effetto di integrare l’assegno di mantenimento e possono essere azionati in forza del titolo originario di condanna adottato in materia di esercizio della responsabilità nei giudizi di separazione previsti dall’art. 337-bisc., previa allegazione che consenta, con mera operazione aritmetica, di preservare del titolo stesso i caratteri della certezza, liquidità ed esigibilità;
- le spese che debbono considerarsi imprevedibili e rilevanti nel loro ammontare, ovvero in grado di recidere ogni legame con i caratteri di ordinarietà dell’assegno stabilito a titolo di contributo al mantenimento e che non sono in concreto ponderabili al tempo della sua quantificazione (giudiziale o convenzionale), in quanto né attuali né ragionevolmente determinabili in quel momento.
Detto questo e venendo al caso di specie, i giudici di legittimità hanno rilevato che il titolo esecutivo – ossia il decreto di omologa della separazione – azionato dalla moglie contemplava due distinte tipologie di spese straordinarie, da sopportarsi da parte dei genitori nella misura del 50% ciascuno: da un lato, quelle per le quali non era necessario alcun preventivo accordo tra di essi e, dall’altro lato, quelle che, al contrario, lo richiedevano e che doveva essere raggiunto in virtù di uno scambio di comunicazioni che consentisse un’interlocuzione circa l’opportunità di assumere o meno l’impegno economico.
Nella sentenza che si annota, dunque, viene precisato che, per soddisfare l’onere che la giurisprudenza ha posto a carico del coniuge creditore per bilanciare la sua posizione rispetto a quella del coniuge debitore, il precetto non deve limitarsi a contenere l’allegazione – vale a dire, l’indicazione e l’elencazione – delle spese sostenute, delle quali venga chiesto il rimborso pro quota; è altrettanto necessario, infatti, che già con l’atto di precetto tali spese siano (anche) debitamente documentate.
È questo un passaggio di grande interesse, giacché un orientamento giurisprudenziale meno rigoroso è incline a reputare sufficiente la mera elencazione in precetto delle spese (in questi termini, per esempio, Cass. civ., sez. I, 18 marzo 2024, n. 7169).
Nel senso patrocinato nella sentenza che si annota, tuttavia, depone innanzitutto la necessità di assicurare al massimo grado il rispetto delle statuizioni assunte dal giudice della separazione per la compiuta regolamentazione dei rapporti tra coniugi; inoltre, occorre evitare la proliferazione del contenzioso e, dunque, la possibilità che vengano radicate opposizioni ex art. 615 c.p.c. fondate sulla contestazione dell’effettività – anche sotto il profilo dell’entità – degli esborsi dei quali vengano solamente indicati gli importi, potendo essere compiutamente apprezzati solo a fronte dell’esibizione dei relativi documenti giustificativi.
D’altra parte, da un punto di vista sistematico, trattandosi di un’integrazione del titolo esecutivo di natura extragiudiziale, esigenze di tutela minimale del coniuge esecutato impongono di metterlo nelle condizioni di essere reso pienamente edotto della natura e dell’entità delle spese delle quali sia intimato – sia pure pro parte – il pagamento.
Fermo restando ciò e in assenza di specifiche disposizioni al riguardo contenute nel titolo esecutivo medesimo, i giudici di legittimità ritengono che non occorra trascrivere la documentazione nell’atto di precetto, essendo sufficiente allegarla o indicarla come messa a disposizione della controparte per un immediato reperimento: va da sé, da questo punto di vista, che, anche al fine di sottrarsi a contestazioni che ben possono assumere valore strumentale, nulla vieta di inserire, nel corpo del precetto, la fotocopia dei documenti giustificativi delle spese in questione, come si è soliti fare allorché il titolo esecutivo sia costituito da una cambiale o da un assegno (in ossequio alle disposizioni – rispettivamente, l’art. 63, comma 3, r.d. 1669/1933 e l’art. 55, comma 3, r.d. 1736/1933 – che ne prescrivono la trascrizione), senza che siano necessarie attestazioni di conformità delle copie agli originali da parte dell’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 480, comma 2, c.p.c.
In definitiva l’azione esecutiva intrapresa o minacciata dal coniuge creditore può essere considerata legittima solo se viene assolto, in sede di precetto, un onere di allegazione e documentazione tale da consentire un pieno esercizio del diritto di difesa da parte del coniuge debitore, onde consentirgli un controllo sulla fondatezza della pretesa; tale onere costituisce l’inevitabile bilanciamento della facoltà concessa al creditore d’intraprendere un’azione esecutiva a seguito di una integrazione successiva e in via stragiudiziale del titolo esecutivo giudiziario (relativo al solo an debeatur), mediante l’autoliquidazione in concreto del quantum debeatur.
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