Estinzione della società e successione processuale: gli ex soci sono legittimati passivi a prescindere dall’effettiva percezione di somme in sede di riparto
di Francesca Scanavino, Avvocato e Assistente didattico presso l’Università degli Studi di Bologna Scarica in PDFCassazione civile, Sezione III, Ordinanza 17734 del 1° luglio 2025
Parole chiave: estinzione – società – successione – successore universale – responsabilità – somme – riscosse – cancellazione – riparto – legittimazione ad agire – società estinta – società cancellata – utilità – bilancio finale
Massima: “In caso di trasferimento del diritto controverso in corso di causa per atto inter vivos a titolo particolare, e successiva estinzione della società cedente, i soci devono essere qualificati come successori a titolo universale nella sola posizione processuale della società estinta, ai sensi dell’art. 110 c.p.c., con conseguente legittimazione a proseguire il giudizio, in applicazione dell’art. 111 c.p.c., quale parte originaria.
Tale subentro opera sul piano esclusivamente processuale e attiene alla regolare prosecuzione del giudizio, prescindendo dalla circostanza che i soci abbiano effettivamente percepito somme in sede di riparto o risultino astrattamente destinatari di utilità ai sensi del bilancio finale di liquidazione.
La responsabilità patrimoniale personale dei soci verso i creditori sociali costituisce profilo distinto e attiene ad eventuale ulteriore e separata domanda direttamente nei loro confronti, essendo subordinata, ai sensi dell’art. 2495, comma 2, c.c., alla verifica della percezione o della percepibilità di somme derivanti dal bilancio finale di liquidazione.”
Disposizioni applicate: art. 110 c.p.c., art. 111 c.p.c. e art. 2495 c. 2 c.c.
La società Alfa s.r.l. proponeva opposizione avverso un decreto ingiuntivo di Euro 183.317,41 in favore dell’architetto A.A. Nel corso del procedimento, quest’ultimo veniva interrotto per intervenuta estinzione della società opponente, in ragione della volontaria cancellazione della stessa dal registro delle imprese. Il giudizio veniva tempestivamente riassunto nei confronti degli ex soci della società estinta.
Il Tribunale di Napoli revocava il decreto ingiuntivo, rilevando che dal bilancio finale di liquidazione prodotto risultava l’assenza di riparti in favore dei soci.
La Corte d’Appello di Napoli respingeva l’impugnazione proposta da A.A. e lo condannava alla rifusione delle spese del grado.
Avverso tale pronuncia A.A. ha proposto ricorso per Cassazione.
Chiamata a decidere, la Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello di Napoli, pur richiamando i principi espressi dalle Sezioni Unite con le sentenze nn. 6070 e 6072 del 2013, ne avesse mal interpretato la portata precettiva, ritenendo che la legittimazione passiva degli ex soci – pur non subordinata alla percezione di somme in sede di liquidazione – dovesse comunque essere accompagnata, ai fini dell’ammissibilità dell’azione di condanna, alla prova della percezione di una quota dell’attivo.
Tale conclusione, ha affermato la Suprema Corte nella fattispecie in esame, non è conforme al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la cancellazione di una società dal registro delle imprese determina un fenomeno successorio in capo agli ex soci, i quali subentrano nei rapporti obbligatori già facenti capo alla società estinta, fermo restando il limite di responsabilità previsto dall’art. 2495, comma 2, c.c., entro il quale essi rispondono delle obbligazioni sociali nei limiti di quanto riscosso a seguito del bilancio finale di liquidazione (cfr. Cass., Sez. Un., 12 marzo 2013, nn. 6070 e 6072).
Come affermato in successive pronunce, tra cui Cass. n. 31933/2019, la circostanza che il socio abbia percepito o meno somme in sede di liquidazione non è però elemento dirimente ai fini dell’interesse ad agire del creditore, il quale può conservare un interesse giuridicamente apprezzabile ad ottenere una pronuncia anche solo dichiarativa, per esempio ai fini dell’escussione di garanzie o in vista di sopravvenienze attive.
Tale principio è stato ribadito anche dalla più recente giurisprudenza (Cass. SS.UU. n. 619/2021; Cass. N. 2/2022; Cass. 26758/2022; Cass. 8633/2024), secondo cui l’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. ha natura dinamica e può sussistere anche in assenza di utilità immediatamente conseguibili, ogniqualvolta la parte attrice rappresenti l’esigenza di munirsi di un titolo idoneo a tutelare il proprio diritto in concreto, anche rispetto a situazioni sopravvenute o in via meramente conservativa.
D’altra parte, la successione a titolo universale dei soci delle società estinte implica che correttamente nel loro contraddittorio prosegue il giudizio nei confronti della società stessa, salva poi la limitazione, che va provata in quel medesimo giudizio, della responsabilità patrimoniale dei singoli successori, assimilabile a quella dell’erede beneficiato, entro le somme effettivamente percepite (o, come nella specie, percepibili in esito al positivo sviluppo di separate azioni) in sede di bilancio di liquidazione.
Nel caso di specie, inoltre, la Corte territoriale aveva omesso del tutto di considerare – benché espressamente allegata e documentalmente dimostrata dall’appellante – la pendenza del giudizio revocatorio promosso nei confronti degli stessi ex soci, avente ad oggetto l’atto di trasferimento del patrimonio immobiliare della società estinta, potenzialmente lesivo della garanzia patrimoniale del creditore.
Eppure, tale circostanza rivestiva carattere decisivo ai fini della valutazione della sussistenza in concreto dell’interesse ad agire, in quanto dimostrativa della concreta possibilità, per il creditore, di ottenere – a seguito dell’eventuale accoglimento dell’azione revocatoria – un’effettiva soddisfazione del credito, nei limiti della responsabilità dei soci ex art. 2495 c.c.
Alla luce delle considerazioni e dei principi sopra enucleati, la Corte Suprema ha pertanto cassato con rinvio la sentenza impugnata.
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