Esercizio dell’azione revocatoria e atto interruttivo della prescrizione
di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFCass. civ., sez. I, 11 agosto 2025, n. 23055, Pres. Terrusi – Est. Zuliani
[1] Azione revocatoria ordinaria – Termine di prescrizione – Interruzione.
In virtù del chiaro e ineludibile testo dell’art. 2943, comma 1, c.c., “La prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto con il quale inizia il giudizio”, anche nel caso di proposizione di azione revocatoria ordinaria mediante ricorso ex art. 702-bis c.p.c. (oggi abrogato e sostituito dall’art. 281-decies c.p.c.), il termine di prescrizione non è interrotto dal solo deposito del ricorso nella cancelleria del giudice adito, essendo a tal fine necessaria la successiva notificazione del ricorso integrato dal decreto del giudice che fissa l’udienza per la comparizione delle parti, ferma la rilevanza della scissione per il notificato e il notificante operante nella notificazione degli atti processuali.
CASO
[1] Un istituto di credito, con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., ratione temporis applicabile, proponeva azione revocatoria ordinaria per la dichiarazione d’inefficacia dell’atto dispositivo compiuto da una s.r.l. in liquidazione nei confronti di un’altra s.r.l.; dichiarata fallita la dante causa, la curatela subentrava nell’esercizio dell’azione ex art. 2901 c.c. È fondamentale evidenziare come il termine quinquennale di prescrizione dell’azione revocatoria ordinaria, previsto dall’art. 2903 c.c., non fosse ancora trascorso al momento del deposito del ricorso in tribunale, ma risultasse spirato al momento della notificazione alle due s.r.l. convenute del ricorso medesimo e del decreto di fissazione dell’udienza di comparizione.
L’adito Tribunale di Cosenza, rigettata l’eccezione di prescrizione sollevata da una delle due convenute – la quale, per l’appunto, rilevava come al momento dell’avvenuta notificazione del ricorso e del decreto il predetto termine quinquennale risultasse già spirato – accoglieva la domanda attorea dichiarando l’inefficacia dell’atto dispositivo compiuto, con decisione poi confermata, all’esito del giudizio di seconde cure, dalla Corte d’Appello di Catanzaro.
Avverso tale decisione, la convenuta soccombente interponeva ricorso per cassazione denunciando, in relazione all’art. 360, n. 3), c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2903 c.c., per avere la sentenza impugnata tenuto conto dell’effetto interruttivo del deposito del ricorso ex art. 702-bis c.p.c., in luogo della conoscenza dell’atto impugnativo avvenuto per la parte con la successiva notifica del ricorso e del decreto di fissazione d’udienza.
SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte ha giudicato il ricorso fondato.
La pronuncia che si commenta, come sarà subito più chiaro, sembra segnare un ritorno al passato, nella misura in cui ricollega nuovamente l’efficacia interruttiva del termine di prescrizione dell’azione revocatoria ordinaria ex art. 2903 c.c. all’avvenuta notificazione del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione dell’udienza (ieri, ex artt. 702-bis e ss. c.p.c.; oggi, ex artt. 281-decies e ss. c.p.c.).
Anzitutto la Suprema Corte muove dall’inequivocità del dato testuale di cui all’art. 2943, 1°co., c.c. (secondo cui «La prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio»), quale norma suscettibile di trovare applicazione a prescindere dalla forma dell’atto (citazione o ricorso) con cui si introduce il giudizio.
In secondo luogo, viene esclusa la fondatezza di una possibile questione di legittimità costituzionale inerente alla perdita del controllo, da parte del titolare del diritto, sui tempi di emissione del decreto di fissazione dell’udienza, almeno nel caso in cui – come è per l’azione revocatoria ordinaria – egli rimane libero di optare per il rito ordinario e, quindi, per l’avvio del giudizio mediante atto di citazione: in altre parole, almeno nei casi in cui l’azione revocatoria venisse avviata all’approssimarsi del termine di prescrizione, si renderebbe opportuno per l’attore optare per le forme del rito ordinario.
Così riattribuita, ai fini de quibus, rilevanza alla notificazione del ricorso, all’evidente scopo di sterilizzare i rischi legati alla circostanza che il perfezionamento della fattispecie interruttiva dipenda da attività non imputabili al titolare del diritto fatto valere, la Cassazione rispolvera poi la regola della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, ritenendola applicabile – sulla scia di quanto affermato dalla celebre Cass. civ., sez. un., 9 dicembre 2015, n. 24822 – agli effetti sostanziali degli atti processuali quando – come nel caso di specie – “il diritto non si può far valere se non con un atto processuale”.
Poiché, infatti, nella fattispecie che stiamo considerando il titolare del diritto è esposto non soltanto ai tempi di emissione del decreto di fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, ma anche a quelli di successiva notificazione, si rivela opportuno evitare che lo stesso si veda addebitato l’esito intempestivo di un procedimento notificatorio parzialmente sottratto ai suoi poteri di impulso.
QUESTIONI
[1] La questione giuridica sottoposta alla Cassazione, e ben compendiata all’interno del provvedimento che si commenta, riguarda dunque se, in caso di azione revocatoria ordinaria avviata con ricorso introduttivo del procedimento sommario di cognizione (ratione temporis vigente; ma la medesima questione può oggi porsi con riguardo al ricorso introduttivo del rito semplificato di cognizione ex art. 281-decies c.p.c.), l’interruzione della prescrizione conseguente all’avvio del giudizio si verifichi al momento del deposito del ricorso, ovvero soltanto nel momento in cui lo stesso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza di comparizione, viene notificato alla parte convenuta.
Il tema è senz’altro destinato a venire in rilievo anche in materia concorsuale, in relazione all’azione revocatoria ordinaria esperibile dal curatore ex art. 165 CCII, assoggettata ai termini di proponibilità di cui al successivo art. 170.
La questione interpretativa, come noto, si pone in quanto l’art. 2943, 1°co., c.c., nella parte in cui prevede che «La prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio», non sembra adattarsi appieno ai giudizi introdotti mediante ricorso, e riguardo ai quali gli effetti propri della litispendenza, ex art. 39, 3°co., c.p.c., si producono dal momento del deposito dello stesso.
Sono oramai noti gli estremi del dibattito insistente sulla questione tratteggiata, che in particolare vede contrapporsi due distinti orientamenti, che è qui solo il caso di ricordare con estrema sintesi.
La soluzione prescelta dalla Corte d’Appello di Catanzaro, avversata dalla s.r.l. convenuta, e che fa derivare l’effetto interruttivo del termine prescrizionale dell’azione revocatoria ordinaria dal mero deposito del ricorso ex art. 702-bis c.p.c., affonda le proprie radici nel precedente di cui a Cass. civ., 15 settembre 2021, n. 24891 (in Giur. it., 2022, 1374 ss., con nota sostanzialmente adesiva di B. Gambineri, Azione revocatoria proposta con ricorso e interruzione della prescrizione: la Cassazione corregge il tiro; la pronuncia è stata criticata, invece, da R. Tiscini, L’interpretazione della Corte di cassazione sull’interruzione della prescrizione, tra pendenza della lite e notificazione della domanda giudiziale: un tema complesso, una lettura discutibile, in www.judicium.it, 27 dicembre 2021), la quale, avendo riguardo a una fattispecie identica a quella oggetto del presente commento, ha individuato il dies a quo dell’effetto interruttivo della prescrizione nel deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice adito. La principale argomentazione portata a sostegno di tale opinione – secondo la quale il riferimento alla “notificazione” contenuto nell’art. 2943, 1°co., c.c., altro non sarebbe se non una sineddoche di “pendenza del giudizio” – riguarderebbe, in particolare, l’opportunità di evitare di addossare sull’attore i rischi legati ai ritardi nell’emissione del decreto di fissazione dell’udienza, in quanto attività imputabili a soggetti terzi.
Tale precedente, cui ha aderito la corte di merito nel caso in esame, appare però del tutto isolato, essendosi in ciò contrapposto a un precedente indirizzo, piuttosto consolidato. Il riferimento è ai principi espressi, in particolare, da Cass. civ., 12 settembre 2019, n. 22827, la quale, nell’impossibilità di superare il dato testuale di cui all’art. 2943, 1°co., c.c., e nella necessità di qualificare l’atto interruttivo della prescrizione quale atto unilaterale recettizio, aveva a suo tempo chiarito che in caso di proposizione di azione revocatoria ordinaria mediante ricorso ex art. 702-bis c.p.c. (oggi, ex art. 281-decies c.p.c.), il termine di prescrizione non sia validamente interrotto dal solo deposito del ricorso nella cancelleria del giudice adito: peraltro, trattandosi di azione che può essere introdotta a scelta dell’attore sia con ricorso che con atto di citazione, non sussiste l’esigenza di evitare che sul soggetto che agisce in giudizio ricadano i tempi di emanazione del decreto di fissazione dell’udienza, ben potendo egli optare per le forme del rito ordinario allo scopo di sottrarsi ai rischi descritti.
Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

