27 Maggio 2025

Esclusa l’estinzione automatica del diritto d’ipoteca del creditore non responsabile dell’abuso in caso di confisca edilizia

di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cass., sez. un., 25 aprile 2025, n. 10933, Pres. D’Ascola, Est. Criscuolo

[1] Vendita – Vendite speciali di immobili – Prova in genere in materia civile – Onere della prova.

Massima: “L’art. 7, 3°co., della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore non responsabile dell’abuso edilizio e iscritto in data anteriore alla trascrizione dell’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire, è incostituzionale. La confisca edilizia non può estinguere automaticamente il diritto di ipoteca del creditore non responsabile dell’abuso.”

CASO

[1] Il massimo organo di nomofilachia – investito del ricorso all’esito di un’opposizione agli atti esecutivi avente ad oggetto l’ordinanza del giudice dell’esecuzione di rigetto dell’istanza di vendita e dichiarazione di improseguibilità dell’esecuzione forzata intrapresa, in quanto l’acquisizione dell’immobile abusivo (staggito) al patrimonio del Comune avrebbe comportato l’estinzione del diritto d’ipoteca – è stato chiamato a pronunciarsi sulla sorte dell’ipoteca iscritta dal creditore ignaro su un immobile abusivo di proprietà del debitore, nel caso di successiva trascrizione, da parte del Comune, del provvedimento di acquisizione gratuita dell’immobile medesimo al patrimonio comunale ai sensi dell’art. 7 della legge n. 28 febbraio 1985, n. 47.

SOLUZIONE

[1] In considerazione della pronuncia di Corte Cost., 3 ottobre 2024, n. 160, appositamente sollecitata dalle Sezioni Unite (ciò di cui si dirà nel prosieguo del presente commento), emerge l’erroneità dell’esito cui è approdato il Tribunale, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.

Infatti, proprio a seguito della declaratoria di incostituzionalità dell’art. 7, l. n. 47 del 1985, si palesa erronea l’affermazione secondo cui la procedura esecutiva intrapresa dal creditore ipotecario – il cui diritto sia anteriore all’acquisizione del bene al patrimonio comunale – sarebbe improseguibile, con rimessione della causa al Tribunale affinché dia impulso alla procedura intrapresa.

In particolare, il giudice dell’esecuzione sarà tenuto ad adeguarsi ai seguenti principi: a) la confisca edilizia non frappone ostacoli alla esperibilità della vendita forzata nei confronti del comune che abbia acquisito l’immobile, l’area di sedime e quella circostante, ex art. 7, 3°co., l. n. 47/1985, ciò in quanto il comune va considerato a tutti gli effetti quale terzo acquirente del bene ipotecato, ai sensi degli artt. 2858 ss. c.c., e i beni confiscati devono ritenersi acquisiti al patrimonio disponibile dell’ente pubblico; b) i beni confiscati sono acquisiti al patrimonio disponibile, a meno che non risulti integrata l’ipotesi, divenuta eccezionale, del mantenimento dell’opera per prevalenti interessi pubblici, ai sensi dell’art. 7, 5°co., l. n. 47/1985, e ciò in considerazione di quanto disposto dall’art. 826 c.c. che dispone che appartengono al patrimonio indisponibile solo i beni di enti pubblici «destinati ad un pubblico servizio»; conseguentemente, la prima verifica che si impone come doverosa al giudice di rinvio sarà quella di riscontrare se nelle more non sia intervenuta una manifestazione di volontà dell’ente dichiarativa, ai sensi dell’art. 7, 5°co. (ovvero dell’art. 31, 6°co., d.p.r. n. 380/2001), dell’esistenza di prevalenti interessi pubblici (eventualità in cui il diritto d’ipoteca è destinato a estinguersi); c) laddove il bene risulti ancora facente parte del patrimonio disponibile del Comune, sarà possibile procedere nei confronti di tale ente (quale terzo acquirente) ai sensi dell’art. 602 c.p.c.; dopodiché, l’aggiudicatario, qualora l’immobile si trovi nelle condizioni di cui all’art. 13, l. n. 47/1985 – vale a dire qualora presenti la cosiddetta doppia conformità – dovrà presentare domanda di concessione in sanatoria entro 120 giorni dalla notifica del decreto emesso dalla autorità giudiziaria (viceversa, laddove non ricorrano i presupposti per ottenere la sanatoria dell’immobile, il bene sarà trasferito all’aggiudicatario unitamente all’obbligazione propter rem di provvedere alla demolizione, con tutte le conseguenze che ne derivano in caso di inottemperanza: e ciò, anche grazie al nuovo art. 1, 1°co., lett. d), del d.l. n. 69 del 2024, di modifica dell’art. 31, 5°co., del d.p.r. n. 380 del 2001, che ha positivizzato la trasmissione dell’obbligo di demolizione in capo all’acquirente del bene acquisito al patrimonio disponibile del Comune).

Pertanto, la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e dichiara proseguibile l’esecuzione, con rinvio al Tribunale di Agrigento.

QUESTIONI

[1] Prima dell’intervento delle Sezioni Unite in commento, la giurisprudenza civile e amministrativa appariva consolidata, nel senso della sopravvenuta estinzione, nella fattispecie descritta, del diritto di ipoteca del creditore.

È opportuno ricordare come il richiamato art. 7 della l. n. 47/1985 (applicabile, ratione temporis, al caso di specie, e oggi sostanzialmente trasmigrato nell’art. 31 del d.p.r. 8 giugno 2001, n. 380, c.d. TU sull’edilizia), preveda, per quanto di interesse nella presente sede, che «Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune».

Per effetto di tali disposizioni – che capovolgono alcuni principi in materia di accessione e ipoteca, consacrati negli artt. 934 e 2811 c.c. -, è dunque il soggetto che acquista d’imperio la proprietà dell’immobile abusivamente costruito (il comune) ad acquisire anche quella dell’area di sedime; e ciò anche se, come nel caso di specie, sul terreno sia stata precedentemente iscritta un’ipoteca giudiziale.

Sul punto, Cass. civ., sez. III, 26 gennaio 2006, n. 1693 ha chiarito che l’acquisizione gratuita dell’immobile abusivo in capo all’ente pubblico si connota “per la natura originaria del relativo titolo d’acquisto, essendo inconfigurabile, nella specie, una qualsivoglia vicenda di trasferimento dal precedente titolare del bene (ciò che caratterizza invece gli acquisti a titolo derivativo del diritto dominicale o di altro diritto reale limitato): questo, e non altro, risulta il significato da attribuire al sintagma normativo che predica l’acquisizione “di diritto”, di talché eventuali pesi o vincoli preesistenti sono destinati a caducarsi in uno con il caducarsi del precedente diritto dominicale, al di là ed a prescindere dall’eventuale anteriorità della relativa trascrizione e/o iscrizione”. Conseguentemente, l’acquisizione, in relazione alla posizione del terzo creditore ipotecario è “del tutto assimilabile, quoad effecta, al “perimento del bene”, vicenda della quale l’art. 2878 c.c. predica, come conseguenza, l’estinzione del diritto reale di garanzia” (conf., successivamente, Cass. civ., sez. un., 7 maggio 2013, n. 10532; Cass. civ., sez. VI, 6 ottobre 2017, n. 23453).

In senso conforme si è espressa anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato (7 marzo 1997, n. 220; 16 gennaio 2019, n. 398; 9 giugno 2020, n. 3697; 11 ottobre 2023, n. 16), che nel ribadire l’acquisto a titolo originario da parte del Comune, ha sottolineato che l’ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio del Comune dell’immobile costruito in totale difformità o assenza della concessione si connota per la duplice funzione di sanzionare comportamenti illeciti e di prevenire perduranti effetti dannosi di essi, con la conseguenza che l’ipoteca e gli altri eventuali pesi e vincoli preesistenti vengono caducati, senza che rilevi l’eventuale anteriorità della relativa trascrizione o iscrizione.

Nel caso di specie, la Terza Sezione Civile, investita del ricorso per cassazione, con ordinanza interlocutoria del 30 dicembre 2022, n. 38143, ha rimesso gli atti al Primo Presidente ai fini dell’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, ravvisando una questione di massima di particolare importanza.

Rimessa la causa alle Sezioni Unite, con ordinanza interlocutoria n. 583 dell’8 gennaio 2024, il massimo organo di nomofilachia ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata – in riferimento agli artt. 3, 24, 42 e 117, 1 comma, Cost., nonché all’art. 1 del Protocollo Addizionale n. 1 della CEDU – la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, 3° co., l. n. 47/1985 e dell’art. 31, 3° co., del d.p.r. n. 380/2001, nella parte in cui non prevedono – in caso di iscrizione di ipoteca giudiziale sul terreno sul quale sia stato costruito un immobile abusivo, successivamente acquisito gratuitamente al patrimonio indisponibile del Comune – la permanenza dell’ipoteca sul terreno a garanzia del creditore ipotecario.

In particolare, le Sezioni Unite hanno valorizzato il profondo cambiamento sopravvenuto nella giurisprudenza della Corte EDU (sentenza 20 gennaio 2009, in causa Sud Fondi e altri contro Italia; sentenza 29 ottobre 2013, in causa Varvara contro Italia; sentenza della Grande Camera 28 giugno 2018, in causa G.I.E.M. contro Italia) nel tempo intercorso dopo la pronuncia di Cass., n. 1693/2006, e dalla quale emerge ormai come patrimonio acquisito il principio in base al quale la confisca non può aver luogo in danno del proprietario incolpevole, o del terzo che vanti diritti sul bene (se la misura è sproporzionata), senza che questi siano stati messi in condizione di difendersi, partecipando al procedimento. Poiché, nel caso in esame, emergeva che il creditore ipotecario poteva subire la perdita del diritto di garanzia, che rientra nella nozione allargata di bene di cui all’art. 1 del Protocollo addizionale della CEDU, senza alcuna prova di una cooperazione del creditore ipotecario nell’attività illecita di costruzione del bene immobile abusivo e che al procedimento amministrativo concluso dal provvedimento di acquisizione del bene al patrimonio del comune il creditore ipotecario non era stato messo in condizione di partecipare, doveva reputarsi che il recepimento puro e semplice dell’orientamento consolidato offriva il fianco a dubbi sulla sua compatibilità con i principi CEDU enunciati dalla Corte di Strasburgo.

A tali considerazioni v’è da aggiungere, poi, che la tutela esecutiva costituisce una componente fondamentale del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva: come ricordato in più occasioni dalla Consulta, la fase di esecuzione forzata delle decisioni giudiziarie, in quanto intrinseco ed essenziale connotato della funzione giurisdizionale, è costituzionalmente necessaria, mentre eccezionali sono le deroghe al principio espresso dall’art. 2740 c.c.; pertanto, le limitazioni al diritto del creditore di agire in sede esecutiva sono ammissibili solo se fondate su circostanze eccezionali e se circoscritte nel tempo (Corte Cost. n. 198 del 2010; Corte Cost. n. 236/2021).

La stessa sentenza della Corte Costituzionale n. 26 del 2019 in tema di tutela dei terzi creditori in ipotesi di confisca di beni alla criminalità organizzata, ha affermato, tra l’altro, che il «radicale sacrificio dell’interesse di un creditore che abbia acquisito il proprio diritto confidando, in buona fede, nel futuro adempimento da parte del debitore, pur in presenza delle condizioni ritenute idonee a evitare condotte collusive dall’art. 52 del d.lgs. n. 159 del 2011, si risolve […] in una restrizione sproporzionata – in quanto eccessiva rispetto al pur legittimo scopo antielusivo perseguito – del diritto patrimoniale del creditore medesimo, in violazione dell’art. 3 Cost.» (in senso conforme, Corte costituzionale n. 5 del 2023).

L’adita Corte Cost., con la pronuncia 3 ottobre 2024, n. 160, in accoglimento delle perplessità sollevate dalle Sezioni Unite ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, in riferimento agli artt. 3, 24 e 42 Cost., l’art. 7, 3°co., della legge richiamata, nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nonché, in via consequenziale, l’art. 31, 3°co., del d.p.r. n. 380 del 2001, norma di identico contenuto, poiché – benché l’inottemperanza all’ingiunzione a demolire conduca alla confisca edilizia del bene, configurabile, in base al diritto vivente, come un acquisto a titolo originario a favore dell’ente – il creditore ipotecario non può subire le conseguenze sanzionatorie di un abuso edilizio al quale è del tutto estraneo, in quanto non destinatario dell’ordine di demolizione, né chiamato a rispondere della sua inottemperanza e neppure obbligato propter rem alla predetta demolizione, posto che il diritto reale di garanzia non attribuisce né il possesso, né la detenzione del cespite.

La Corte Costituzionale, in particolare, ha ritenuto irragionevole il sacrificio imposto al creditore ipotecario non responsabile dell’abuso edilizio: la tutela del diritto di ipoteca sarebbe infatti attratta nell’alveo protettivo dell’art. 24 Cost., quale strumento volto ad assicurare una tutela preferenziale del credito in sede esecutiva. La Consulta ha inoltre richiamato il precedente di Corte Cost., 15 luglio 1991, n. 345, dove si è affermato che “L’acquisizione gratuita dell’area sulla quale insiste il manufatto abusivo, non è misura strumentale per consentire al comune di eseguire la demolizione, né una sanzione economica di questa, ma costituisce sanzione autonoma conseguente all’inottemperanza, da parte di colui che ha realizzato l’abuso, all’ingiunzione di demolizione; da ciò deriva che essa si riferisce esclusivamente al responsabile dell’abuso, non potendo certo operare nella sfera di altri soggetti ed in particolare nei confronti del proprietario quando risulti in modo inequivocabile la sua estraneità al compimento dell’opera abusiva anche perché, diversamente, tale comminatoria, ispirata a costringere il responsabile dell’abuso ad eseguire egli stesso la demolizione nel termine stabilito nell’ingiunzione, non potrebbe esercitare alcuna coazione sul responsabile dell’abuso”. Conseguentemente, è stata reputata irragionevole una disciplina che determina l’automatica estinzione del diritto reale di ipoteca e il conseguente pregiudizio alla tutela del credito, a scapito di un creditore ipotecario che non sia responsabile dell’abuso, il quale finisce per subire le conseguenze sanzionatorie di un illecito al quale è del tutto estraneo, poiché – se non è responsabile dell’abuso edilizio – non può essere destinatario dell’ordine di demolizione, di cui all’art. 7, 3°co., della l. n. 47 del 1985, e, dunque, non può rispondere dell’inottemperanza all’ordine.

Con specifico riferimento alla questione posta dal ricorso, la Consulta ha quindi affermato che la presenza di un abuso edilizio non incide sulla circolazione e sulla tutela del credito ipotecario, le cui facoltà si fanno valere in sede espropriativa, nel rispetto della normativa urbanistico-edilizia, non essendovi valide ragioni per cui il creditore ipotecario, non responsabile dell’abuso edilizio, debba essere pregiudicato solo perché l’immobile abusivo viene confiscato dal comune per effetto di una sanzione inflitta per l’inottemperanza a un ordine di demolizione, di cui altri devono rispondere.

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