2 Settembre 2025

Decreto di trasferimento e bene estraneo al pignoramento: confini e rimedi tra nullità e inesistenza

di Francesco Tedioli, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ.  sez. II. Ord., 15 maggio 2025, N. 13011 Mocci — Presidente, Grasso — Relatore

Esecuzione forzata – Decreto di trasferimento – Art. 586 c.p.c. – Opposizione agli atti esecutivi – Art. 617 c.p.c. – Inesistenza dell’atto – Nullità processuale – Limiti oggettivi del pignoramento – Controllo del giudice dell’esecuzione – Rimedi impugnatori – Stabilità degli atti esecutivi – Tutela del debitore

(artt. 586 e 617 c.p.c.)

Massima: “Il decreto di trasferimento emesso ai sensi dell’art. 586 c.p.c., ancorché riferito a un bene in tutto o in parte diverso da quello oggetto del pignoramento, non è inesistente, ma soltanto affetto da invalidità, che deve essere fatta valere con l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c.; ne consegue che il giudice dell’esecuzione non può dichiarare inammissibile l’opposizione, ma deve verificarne nel merito la fondatezza, valutando la corrispondenza oggettiva tra bene pignorato e bene trasferito.

CASO

Nel corso di una procedura esecutiva immobiliare promossa da un istituto bancario, veniva emesso decreto di trasferimento, ai sensi dell’art. 586 c.p.c., in favore dell’aggiudicatario, avente ad oggetto un immobile. Successivamente al deposito del provvedimento, il debitore esecutato proponeva opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., deducendo che il bene trasferito risultava, in tutto o in parte, diverso da quello originariamente oggetto di pignoramento.

In particolare, l’opponente lamentava che il decreto avesse disposto il trasferimento anche di una porzione catastalmente distinta, non menzionata né nella nota di trascrizione del pignoramento, né nell’ordinanza di vendita, e, pertanto, estranea all’oggetto dell’espropriazione. Ciò avrebbe comportato — a suo dire — una violazione dei limiti oggettivi dell’azione esecutiva, traducendosi in un provvedimento privo di titolo esecutivo idoneo a legittimarne l’adozione e determinandone, conseguentemente, l’inesistenza giuridica o, quantomeno, la radicale nullità.

Il giudice dell’esecuzione rigettava l’opposizione, ritenendola inammissibile in quanto basata su un vizio che, a suo avviso, non poteva essere fatto valere mediante lo strumento previsto dall’art. 617 c.p.c., bensì mediante rimedi diversi. Avverso tale decisione, il debitore proponeva ricorso per cassazione, deducendo violazione degli artt. 586 e 617 c.p.c., nonché nullità del decreto di trasferimento per avere trasceso i limiti oggettivi dell’esecuzione forzata.

SOLUZIONE

Con l’ordinanza n. 13011 del 15 maggio 2025, la Terza Sezione civile della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto dal debitore esecutato, cassando l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che aveva dichiarato inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. L’opposizione era fondata sulla dedotta divergenza tra il bene oggetto del pignoramento e quello effettivamente trasferito con decreto, con conseguente invocazione della nullità, o addirittura dell’inesistenza, del provvedimento di trasferimento.

La Corte ha chiarito, in primo luogo, che il decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c. costituisce un atto tipico del processo esecutivo immobiliare, cui è attribuita efficacia traslativa in favore dell’aggiudicatario. Anche qualora tale decreto abbia ad oggetto un bene non coincidente, in tutto o in parte, con quello pignorato, ciò non ne determina l’inesistenza giuridica, ma integra un vizio di invalidità che deve essere fatto valere mediante opposizione agli atti esecutivi.

In tal senso, i giudici di legittimità hanno richiamato l’orientamento consolidato secondo cui “la deduzione dell’erronea individuazione del bene oggetto del decreto di trasferimento, quando risulti comunque emesso all’esito di una procedura regolare, è configurabile come vizio dell’atto, e non come sua inesistenza” (Cass., 21 dicembre 2017, n. 30663; Cass., 30 marzo 2023, n. 8989). L’inesistenza giuridica presuppone una carenza assoluta degli elementi essenziali che rendono l’atto riconoscibile come espressione dell’attività giurisdizionale. Una difformità oggettiva o catastale, per quanto rilevante, non vale di per sé a privare l’atto della sua natura di provvedimento esecutivo, ricadendo piuttosto nel perimetro della nullità o della annullabilità.

In secondo luogo, la Corte ha disatteso l’impostazione del giudice dell’esecuzione, secondo cui il rimedio non potesse essere l’opposizione agli atti. Al contrario, è stato ribadito che l’art. 617 c.p.c. costituisce il rimedio ordinario per censurare qualsiasi vizio di nullità degli atti del processo esecutivo, inclusi quelli attinenti al contenuto del decreto di trasferimento.

Ne consegue che l’opposizione proposta dal debitore non poteva essere dichiarata inammissibile, ma avrebbe dovuto essere esaminata nel merito. Il giudice dell’esecuzione era tenuto a verificare se e in quale misura il bene oggetto del trasferimento coincidesse con quello originariamente pignorato, e se l’eventuale discrasia fosse idonea a compromettere il diritto dell’esecutato alla tutela dell’integrità del proprio patrimonio e al rispetto dei limiti oggettivi dell’azione esecutiva.

La Corte ha, pertanto, cassato l’ordinanza impugnata, rinviando al giudice dell’esecuzione affinché, in sede di rinnovata istruttoria, valuti nel merito l’opposizione proposta ai sensi dell’art. 617 c.p.c., accertando l’effettiva corrispondenza tra il bene trasferito e quello pignorato e disponendo, se del caso, i correttivi opportuni

QUESTIONI

La pronuncia in commento si colloca nel solco di un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, secondo cui il decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c. non è mai inesistente, neppure quando abbia ad oggetto un bene totalmente o parzialmente diverso da quello pignorato, ma è un atto giuridico affetto da invalidità, da far valere esclusivamente con l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. (tra le tante, Cass., 18 marzo 2014, n. 6255; Cass., 14 settembre 2016, n. 18065; Cass., 8 gennaio 2020, n. 147). In tal modo, la Corte conferma una nozione restrittiva di inesistenza giuridica, ancorata alla visibilità esteriore dell’atto e alla sua idoneità a produrre effetti nel procedimento.

Secondo questa impostazione, l’inesistenza si verifica soltanto quando l’atto manchi radicalmente o sia talmente privo dei requisiti minimi da non essere in alcun modo riconoscibile come atto giurisdizionale, a differenza della nullità, che presuppone un atto formalmente esistente ma viziato. Anche l’erronea individuazione del bene trasferito – ove riconducibile alla sequenza tipica della procedura esecutiva – integra pertanto un vizio invalidante, non già una carenza ontologica dell’atto. Ne consegue che il decreto conserva efficacia traslativa fino a quando non venga annullato con gli strumenti di legge.

In dottrina, tale ricostruzione è stata prevalentemente condivisa, in nome delle esigenze di certezza e stabilità del processo esecutivo, nonché della coerenza sistemica tra rimedi e invalidità (cfr. G. Verde, Voce Trasferimento forzato, in Enc. dir., XLV, Milano, 1992, p. 921 ss.; M. Taruffo, La nullità degli atti processuali, in Riv. dir. proc., 1998, p. 45 ss.; P. Luiso, Diritto processuale civile, vol. III, 2022, p. 331 ss.).

Tuttavia, non si può escludere che tale orientamento – pur formalmente corretto – esponga l’ordinamento a rischi sistemici, soprattutto nei casi in cui il trasferimento erroneo abbia ad oggetto beni non effettivamente assoggettati all’esecuzione forzata. In questa prospettiva, parte della dottrina ha sottolineato l’opportunità di un intervento legislativo volto, da un lato, a tipizzare le ipotesi di inesistenza giuridica degli atti esecutivi, e dall’altro, a rafforzare i poteri di controllo preventivo del giudice dell’esecuzione, evitando che meri errori materiali si traducano in trasferimenti privi di una reale base legittimante (cfr. P. Luiso, Le opposizioni esecutive, in Trattato di diritto processuale civile, 2020, vol. V, p. 402 ss.; S. Riva, Profili patologici del decreto di trasferimento, in Riv. esec. forz., 2022, p. 311 ss.).

Alla luce di ciò, la scelta interpretativa della Corte – per quanto coerente con il principio di tipicità dei rimedi processuali – sollecita una riflessione più ampia sul rapporto tra certezza dell’esecuzione forzata e tutela effettiva delle garanzie sostanziali del debitore, specie quando siano in gioco anomalie che eccedono il mero vizio formale e si approssimano alla sostanziale inesistenza del titolo traslativo.

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