Il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale e onere della prova nel caso di soggetti conviventi ma estranei alla c.d. famiglia nucleare
di Martina Mazzei, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. III, 26 giugno 2025, n. 17208– Pres. Lina – Rel. Dell’Utri
[1] Responsabilità – Risarcimento del danno – Danni non patrimoniali – Danno da perdita del rapporto parentale – Iure proprio – Azione proposta dai nipoti per il decesso del nonno
(Cod. civ. artt. 2059)
[1] “In tema di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale “da uccisione”, proposta “iure proprio” dai congiunti dell’ucciso, questi ultimi devono provare l’effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non costituisce presupposto necessario, ma solo elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l’azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno, tanto perché la “società naturale”, cui fa riferimento l’art. 29 Cost., non è limitata alla cd. “famiglia nucleare”, di modo che il rapporto tra nonni e nipoti, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, non può essere ancorato alla convivenza, ma alla prova dell’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto.”
CASO
[1] Con sentenza del dicembre 2021 la Corte d’Appello di Trieste, accogliendo l’appello principale proposto da Caia e quello incidentale presentato dalla Compagnia Assicuratrice, riformava parzialmente la sentenza di primo grado, rideterminando gli importi risarcitori già riconosciuti in favore di Caia per i danni subiti a seguito della morte del marito Tizio, investito da un’autovettura.
Per quanto di interesse, nella motivazione, la Corte territoriale – pur confermando la correttezza della decisione del primo giudice circa la sussistenza di una responsabilità concorrente della vittima nella causazione del sinistro – aumentava l’importo del risarcimento spettante alla coniuge del defunto mentre confermava la sentenza nella parte in cui aveva respinto la domanda risarcitoria avanzata dalla suocera della vittima.
SOLUZIONI
[1] Con la sentenza in epigrafe la Terza Sezione della Corte di Cassazione, per quanto rileva in questa sede, ha rigettato il terzo motivo con cui veniva stata censurata la sentenza d’appello per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2059 e dell’art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente disatteso la domanda risarcitoria proposta dalla suocera della vittima, senza tener conto del carattere decisivo, al riguardo, dal dato della convivenza tra la stessa e la vittima del sinistro stradale, tale da rendere presunta la sussistenza di un reale e concreto rapporto affettivo tra le parti.
QUESTIONI
[1] La Corte di Cassazione, con la sentenza in epigrafe, nel rigettare il ricorso, ha ribadito i principi già più volte affermati sul risarcimento del danno tra persone non appartenenti alla c.d. famiglia nucleare.
In particolare, nel caso sottoposto al suo esame, la Corte d’appello aveva escluso, sulla base degli elementi istruttori richiamati in sentenza, che la convivenza in sé considerata fosse valsa a integrare, un elemento istruttorio sufficiente a giustificare il riconoscimento dei presupposti per il risarcimento del danno tra persone non appartenenti al medesimo nucleo familiare in senso stretto (suocera e genero).
Tale ragionamento, secondo la Corte di Cassazione, è corretto in quanto fondato sull’orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. civ. sez. III, 8 aprile 2020, n. n. 7743 e Cass. civ. sez. III, 20 ottobre 2016, n. 21230) secondo cui, in caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale “da uccisione” proposta iure proprio dai congiunti dell’ucciso, questi ultimi devono provare l’effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l’azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno; infatti, non essendo condivisibile limitare la “società naturale”, cui fa riferimento l’art. 29 Cost., all’ambito ristretto della sola c.d. “famiglia nucleare”, il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto.
Pertanto, la Corte territoriale – nell’escludere che la convivenza con la vittima, da parte di un parente estraneo alla famiglia nucleare, costituisca di per sé presunzione di un concreto rapporto affettivo, ma solo un elemento da valutare assieme ad altri – ha correttamente interpretato le argomentazioni contenute nel richiamato orientamento della giurisprudenza di legittimità.
Il mero dato della convivenza, nei casi in cui si tratti di relazioni coltivate al di fuori della ristretta cerchia della c.d. “famiglia nucleare”, è insufficiente a provare il danno. La convivenza, infatti, può giustificare il riconoscimento di rapporti di costante e reciproco affetto e solidarietà familiare unicamente in rapporto con altri elementi rappresentativi idonei a qualificarne affettivamente il significato; elementi rappresentativi che, per converso, ben potrebbero giustificare il riconoscimento di quei rapporti di costante e reciproco affetto e solidarietà familiare pur in assenza di convivenza.
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