Contratto di comodato di bene immobile, durata indeterminata e termine per la restituzione
di Valerio Sangiovanni, Avvocato Scarica in PDFTribunale di Foggia, 9 settembre 2025
Parole chiave
Comodato – Immobile – Restituzione – Comodato senza determinazione di durata – Esigenze abitative – Destinazione implicita
Massima: “In caso di contratto scritto di comodato a tempo indeterminato, se l’immobile è stato messo a disposizione per le esigenze abitative del comodatario e della sua famiglia (seppure questa finalità non sia stata specificata nel testo del contratto), il contratto – pur non avendo una scadenza predefinita – non può essere considerato un comodato precario, poiché la durata è implicitamente determinata dalla finalità per la quale è stato stipulato, ovvero le esigenze abitative, con la conseguenza che la richiesta del comodante di restituzione del bene immobile non può essere accolta”.
Disposizioni applicate
Art. 1809 c.c. (restituzione), art. 1810 c.c. (comodato senza determinazione di durata)
CASO
La madre concede in comodato al figlio un immobile, con durata indeterminata. A un certo punto, la madre chiede la restituzione del bene al figlio, ma – dal momento che questi non ottempera – si vede costretta a rivolgersi al Tribunale di Foggia. Si tratta di capire se e quando il comodante possa ottenere la restituzione dell’immobile.
SOLUZIONE
Il Tribunale di Foggia rigetta il ricorso presentato dalla madre e volto alla restituzione dell’immobile. Seppure il contratto scritto preveda una durata indeterminata, e dunque – astrattamente – la possibilità per il comodante di chiedere la restituzione dell’immobile in qualsiasi momento, emerge che il comodatario ha una moglie e due figli e che l’immobile è stato concesso per queste esigenze di abitazione familiare. Secondo il giudice foggiano, l’immobile è stato dato a comodato per le esigenze della famiglia, e non può pertanto ordinarsi la restituzione del bene finché la famiglia persiste.
QUESTIONI
Il contratto di comodato è uno dei contratti tipici previsti dal codice civile. Viene definito come “il contratto col quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta” (art. 1803 comma 1 c.c.). Il comodato è particolarmente frequente per quanto concerne gli immobili. Il caso tipico è quello del genitore (o del fratello) che ha un immobile in più di quello che gli serve, e di conseguenza lo mette a disposizione gratuitamente del figlio (o del fratello).
La legge continua specificando che “il comodato è essenzialmente gratuito” (art. 1803 comma 2 c.c.). La gratuità è la principale differenza rispetto alla locazione. Non vi è dunque corrispettività tra le prestazioni di comodante e comodatario. Per il suo carattere di gratuità, il comodato è pertanto più raro delle locazioni nella prassi: occorre che il comodante sia spinto da particolari ragioni personali a concedere in comodato il proprio bene, ragioni quasi sempre riconducibili al rapporto familiare sussistente con il comodatario.
Nel caso deciso dal Tribunale di Foggia, il tema centrale è quello del termine per la restituzione. Con riferimento alla durata del contratto di comodato, la legge distingue tra comodato con durata (art. 1809 c.c.) e comodato senza determinazione di durata (art. 1810 c.c.).
Se nel contratto è prevista una durata, la legge stabilisce che “il comodatario è obbligato a restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto” (art. 1809 comma 1 c.c.). Si immagini che nel contratto si preveda che l’immobile viene messo a disposizione per un anno oppure dal 1° novembre 2025 al 31 ottobre 2026. In tutte queste situazioni si sa, fin dall’inizio, quanto debba durare il rapporto, e dunque quando debba avvenire la restituzione. L’art. 1810 c.c. prevede invece, per i rapporti a tempo indeterminato, che “se non è stato convenuto un termine né questo risulta dall’uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede”. Nel caso affrontato dal Tribunale di Foggia, era stato pattuito l’obbligo di riconsegna non appena la comodante (la madre) ne avesse fatto richiesta. Più precisamente, l’art. 2 del contratto di comodato stabiliva che: “la durata del presente contratto è convenuta tra le parti a tempo indeterminato e il comodatario si obbliga a restituire il bene non appena da questi richiesto”. Parrebbe dunque applicabile non solo quanto previsto dal testo del contratto, ma anche dal disposto dell’art. 1810 c.c.: a fronte della richiesta della madre, l’immobile va restituito.
Vi è tuttavia un’ulteriore previsione di legge, secondo cui “se però, durante il termine convenuto o prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, sopravviene un urgente e impreveduto bisogno al comodante, questi può esigerne la restituzione immediata” (comma 2 dell’art. 1809 c.c.). La Corte di cassazione (Cass., 29 settembre 2014, n. 20448), nel ribadire che il bisogno che giustifica la richiesta del comodante deve essere urgente e imprevisto, ha specificato che l’imprevisto deterioramento della condizione economica del comodante consente di porre fine al comodato, ancorché la sua destinazione sia quella familiare, ferma la necessità che il giudice eserciti con la massima attenzione il controllo di proporzionalità nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante.
Nel caso affrontato dal Tribunale di Foggia, il giudice ritiene che – nonostante il dato letterale del contratto – il comodato debba interpretarsi come a tempo determinato (non ancora decorso). Il giudice foggiano valorizza difatti la circostanza che il comodatario avesse una famiglia con due figli e che l’immobile era stato messo a disposizione per le esigenze abitative della famiglia. La famiglia esisteva già al momento della conclusione del contratto e, seppur non specificato nel testo del contratto, si trattava della reale ragione per cui la madre aveva messo a disposizione l’immobile. Questa esigenza familiare non è venuta meno, cosicché la madre non può chiedere la restituzione del bene in qualsiasi momento. La durata è implicitamente determinata dalle finalità per le quali il contratto è stato stipulato, ovvero le esigenze abitative. Non vi è prova di un sopravvenuto grave e urgente bisogno da parte della madre che possa giustificare la restituzione del bene. Nel caso foggiano, apparentemente il contratto è a tempo indeterminato. Tuttavia, è stato concordato tra le parti un uso specifico: l’abitazione della famiglia del figlio, esigenza che non è finora cessata.
Quando vengono conclusi questi contratti di comodato relativi a immobili tra familiari, sarebbe meglio specificare espressamente l’uso convenuto del bene. In questo modo si riducono i rischi di conflitti tra le parti. La Corte di cassazione (Cass., 9 gennaio 2025, n. 573) si è occupata molto recentemente di un caso in cui il contratto era più chiaro di quello oggetto della sentenza del Tribunale di Foggia in merito alla destinazione del bene. Si tratta di un’ordinanza degli ermellini espressamente richiamata dalla decisione del giudice foggiano. Secondo la Suprema Corte, il contratto di comodato che contiene la clausola secondo cui il comodatario può servirsi del bene per l’uso specifico di “vivere con la propria famiglia” è soggetto alla disciplina di cui all’art. 1809 c.c., non essendo connotato da precarietà, perché la sua durata è desumibile per relationem dall’uso convenuto tra le parti, senza che sia di ostacolo a tale conclusione la clausola, inserita nel medesimo contratto, che prevede l’obbligo di restituzione del bene entro 30 giorni dalla richiesta.
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