Cessione di azienda: successione a titolo particolare del cessionario nelle posizioni giuridiche del cedente
di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDFCorte di Cassazione, Sentenza del 14 ottobre 2022 n. 30296, Seconda Sezione Civile, Presidente Giudice Dott.ssa R. M. Di Virgilio, Relatore M. Bertuzzi
Massima: “Il conferimento di azienda o di un ramo di essa ad una società rientra nella figura della cessione d’azienda, e pertanto ne discende l’applicazione della disciplina prevista dagli articoli 2557 e seguenti c.c. e, nello specifico, dell’articolo 2558 c.c., in forza del quale, se diversamente pattuito, il cessionario subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda non aventi carattere personale.
Infatti la cessione di azienda prevede la successione del cessionario d’azienda in tutti i contratti stipulati dal cedente per l’esercizio della stessa, tranne in quelli aventi carattere personale, di quelli aventi ad oggetto prestazioni già concluse o esaurite e di quelli rispetto ai quali le parti abbiano, con espressa pattuizione, escluso che si verifichi l’effetto successorio, e che tale effetto si produce di diritto, ipso iure, con riguardo a tutti i rapporti contrattuali inerenti l’azienda ceduta, come effetto naturale della fattispecie traslativa d’azienda”.
CASO
Tizio e la Società Beta con la società Gamma sottoscrivevano un contratto preliminare con il quale si prevedeva la data del 31 agosto 2009 per la conclusione del contratto definitivo di vendita, ivi prevedendo la possibilità per la società Gamma – promissaria acquirente – di differire la data fino al 31 agosto 2011 e l’impegno di pagare in quel caso in conto prezzo, l’importo di € 300.000,00 entro il 31 agosto 2009 ed altri € 300.000,00 entro il 31 agosto dell’anno successivo.
La società Gamma contestava alla controparte di non aver comunicato il differimento della data di stipula del contratto definitivo e di non aver neppure adempiuto all’obbligo di versamento dell’ulteriore somma a titolo di caparra.
La società Gamma posto quanto sopra, comunicava il recesso dal contratto e la volontà di trattenere le somme ricevute a titolo di caparra.
Sempre la società Gamma trasferiva successivamente il ramo di azienda del settore immobiliare, ivi compreso il contratto preliminare oggetto di lite alla società Epsilon.
Adito il giudice del primo grado, veniva dichiarato legittimo il recesso della società Beta a seguito di domanda di accertamento della legittimità del medesimo ed al contempo illegittimo il recesso della società Gamma dal contratto preliminare di compravendita immobiliare con la società Beta per inadempimento di quest’ultima, e veniva condannata altresì al pagamento della somma di € 850.000,00 pari al doppio della caparra incassata ed ulteriori € 250.000,00 pari agli acconti sul prezzo incassati.
La società Beta e Tizio interponevano appello principale e la società Gamma interponeva appello incidentale avverso la sentenza del giudice delle prime cure.
La Corte di Appello di Brescia, tuttavia, confermava il capo della sentenza impugnata ove si dichiarava legittimo il recesso della società Beta.
Specificamente la Corte distrettuale riteneva che il recesso manifestato da Gamma fosse illegittimo giacchè con l’incasso del 2009 per una somma complessiva di € 250.000,00, essa accordava per fatti concludenti, il pagamento di un importo inferiore rispetto a quanto pattuito e contemporaneamente accordato la proroga del termine per la conclusione del contratto definitivo.
Peraltro, il contegno di Beta, di pagare una somma inferiore a quella pattuita, non avrebbe integrato un grave inadempimento, tale da giustificare il recesso “tenuto conto che il pagamento era avvenuto con una decina di giorni di ritardo e l’importo mancante era molto ridotto rispetto al totale della rata”.
Inoltre, la Corte distrettuale rilevava che la cessione del ramo di azienda da parte di Gamma non era valida a produrre effetti sulla legittimazione sostanziale e processuale della società convenuta, avendo essa provveduto ad incassare gli assegni emessi dalla controparte e ad altresì esercitare il recesso dal contratto.
Soccombente anche in secondo grado, la società Gamma proponeva ricorso in Cassazione sulla base di sette motivi.
La trattazione del ricorso veniva svolta ai sensi dell’art. 23 comma 8 bis, d.l. n. 137/2010, convertito con legge n. 176/2010, in camera di consiglio senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non essendo stata presentata richiesta di discussione orale.
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione accoglieva il quinto motivo di ricorso, ritenuti assorbiti gli altri.
Cassava la sentenza di secondo grado relativamente al motivo accolto e decidendo nel merito, rigettava la domanda proposta dalla società Beta nei confronti della società Gamma.
Dichiarava inammissibile il ricorso proposto dalla società Gamma nei confronti di Tizio.
Condannava la società Beta al pagamento a favore della società Gamma delle spese di giudizio liquidate in € 16.000,00 oltre ad € 400,00 per esborsi per il giudizio di primo grado, € 15.000,00, oltre 400,00 per esborsi per il giudizio di appello ed € 12.000,00 oltre € 200,00 per esborsi per il giudizio di legittimità, oltre accessori di legge e spese generali.
Condannava altresì la società Gamma al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore di Tizio, liquidandole in € 6.000,00 oltre € 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e spese generali.
QUESTIONI
Nel caso in esame è necessaria una previa valutazione di questioni preliminari.
In primo luogo la Corte di Cassazione ha esaminato la censura sollevata dal controricorrente Tizio in ragione della quale vi sarebbe una inesistenza nei suoi confronti della procura speciale alle liti rilasciata al difensore della Gamma ricorrente, giacchè la medesima sarebbe stata limitata alla proposizione del ricorso nei confronti della sola società Beta.
La Corte di legittimità ha ritenuto infondata la censura di cui sopra dal momento che il mandato alle liti sarebbe stato correttamente conferito per la proposizione del ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia.
L’indicazione della facoltà di proporre ricorso in Cassazione deve ritenersi sufficiente, ad avviso della Corte, per ritenere valida e completa una procura alle liti essendo rimessa, poi, alla valutazione del professionista legale l’individuazione dei soggetti contro cui agire.
In secondo luogo, Tizio controricorrente, ha sollevato eccezione di difetto di legittimazione passiva, il quale ha evidenziato di aver partecipato ai giudizi di merito di primo e secondo grado in quando aveva proposto domande “la cui decisione non forma oggetto della presente impugnazione, avendo quest’ultima investito esclusivamente la statuizione relativa al contratto preliminare di compravendita immobiliare intercorso tra l’odierna ricorrente e la società Beta, a cui egli è rimasto formalmente e sostanzialmente estraneo”.
La Corte di ultima istanza ha ritenuto fondata l’eccezione per i seguenti motivi.
Tizio, analizzando gli atti di causa aveva promosso nei confronti di Gamma una domanda per la risoluzione dei contratti di mandato e di rendimento di conto.
Tali accordi in sostanza, erano accordi che hanno preceduto la conclusione del preliminare di compravendita immobiliare oggetto della lite, concluso con la società Beta.
Invero, la domanda di accertamento della legittimità del recesso avanzato dalla società Beta, era stata promossa dalla medesima unicamente contro la società Gamma e non già contro Tizio.
La domanda, infatti, era stata promossa al fine di accertare l’illegittimità del recesso ed ottenere il pagamento del doppio della caparra versata dalla società Beta.
Come è infatti facilmente evincibile le domande avanzate da Tizio per la risoluzione dei contratti antecedenti la conclusione del preliminare, e da Beta per l’accertamento della illegittimità del recesso di Gamma, non danno luogo a cause inscindibili che richiederebbero un litisconsorzio necessario.
Ne consegue che le cause dipendenti dalle due domande sono tra di loro autonome: il ricorso in Corte di legittimità avanzato da Gamma, pertanto, essendo unicamente limitato a censurare “la statuizione relativa al contratto preliminare, trova la detta parte carente di legittimazione passiva, essendo il relativo contratto e le rispettive domande intercorse soltanto tra le due società”.
Ne consegue che il ricorso per Cassazione avanzato nei confronti del controricorrente Tizio vada per tali ragioni dichiarato inammissibile.
D’altro canto, esaminando i motivi di ricorso principale, la Corte di Cassazione ha ritenuto necessario esaminare prima il quinto motivo di ricorso atteso che il medesimo presentava caratteri di priorità logica rispetto agli altri.
Con il quinto motivo di ricorso, la società Gamma censurava la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1385, 1455, 2558 e 2660 c.c., dell’art. 111 c.p.c., e vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti poiché la sentenza del giudice di seconde cure avrebbe affermato “l’irrilevanza, ai fini della risoluzione della controversia, dell’atto notarile del 7.9.2009, registrato il 21.9.2009, con cui la società Gamma aveva costituito la società Epsilon conferendole il ramo di azienda relativo al settore immobiliare, comprendente il contratto preliminare del 3.9.2008 per cui è causa, reputando, in contrario, che la società convenuta conservasse la propria legittimazione sostanziale e processuale, per aver incassato l’importo id € 250.000,00 di cui agli assegni della società Beta del 4 e 11. 9.2008 ed altresì manifestato, successivamente, la propria volontà di recedere dal contratto”.
Secondo la ricorrente, la decisione del giudice delle seconde cure sarebbe erronea dal momento che successivamente all’atto di conferimento alla nuova società del ramo di azienda si era perfezionata ai sensi dell’art. 2558 c.c., una “successione del contratto preliminare in capo alla società Epsilon, per effetto della quale questa era diventata parte del negozio e titolare in via esclusiva del relativo rapporto contrattuale”.
Nessuna rilevanza avrebbero dovuto avere le circostanze addotte dal Tribunale del merito, considerato che l’incasso degli assegni era intervenuto prima della iscrizione dell’atto costitutivo della nuova società nel registro delle imprese e che il recesso dal preliminare era stato comunicato dalla società Epsilon.
Per la ricorrente il giudice delle seconde cure avrebbe dovuto dichiarare il difetto di legittimazione passiva della stessa e per tali ragioni non accogliere le domande proposte nei suoi confronti e dichiarare inefficace il recesso dal contratto della Beta perché comunicato solo alla società Gamma e non anche alla Epsilon.
La Corte di Cassazione riteneva fondato il motivo di ricorso.
In primo luogo, la questione sollevata con il motivo di ricorso non è stata proposta per la prima volta in sede di giudizio di legittimità “essendo stato oggetto di specifico motivo dell’appello proposto dalla società Gamma e di esame e decisione da parte della sentenza impugnata”.
Inoltre, è ammissibile atteso che essendo relativa alla titolarità del rapporto oggetto di controversia costituisce motivo di difesa e non una eccezione in senso stretto e per tali ragioni sempre rilevabile officiosamente da parte del giudice ove risultante dagli scritti difensivi.
La Cassazione a Sezioni Unite ha avuto modo di pronunciarsi nei seguenti termini “le contestazioni, da parte del convenuto, della titolarità del rapporto controverso dedotte dall’attore hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, senza che l’eventuale contumacia o tardiva costituzione assuma valore di non contestazione o alteri la ripartizione degli oneri probatori, ferme le eventuali preclusioni maturate per l’allegazione e la prova di fatti impeditivi, modificativi od estintivi della titolarità del diritto non rilevabili dagli atti”[1].
Il motivo è fondato anche sotto un altro punto di diritto.
La società Beta aveva proposto in primo grado domanda di accertamento della legittimità del proprio recesso dal contratto preliminare e condanna della sola società Gamma al pagamento del doppio della caparra escludendo la società Epsilon la quale era stata evocata in giudizio per una domanda diversa – in particolare per l’accertamento e dichiarazione “di nullità e di inefficacia nei propri confronti dell’atto di conferimento d’azienda e che la domanda di cui si discute risulta introdotta nel 2012, in una data successiva quindi all’atto di costituzione della società Epsilon ed al relativo conferimento del ramo di azienda comprendente come accertato dal giudice di appello, il contratto preliminare in oggetto e della sua iscrizione nel registro della imprese avvenuta il 21.9.2009”.
Invero, il conferimento di una azienda ovvero di un ramo della medesima costituisce esplicazione del più ampio fenomeno della cessione di azienda con la quale si esplica la successione a titolo particolare della stessa.
Con conseguente applicazione dell’art. 2558 c.c. in ragione del quale “se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale”.
Nella fattispecie della cessione di azienda il soggetto a favore del quale viene eseguita la cessione – cd. cessionario – succede nei contratti stipulati dal soggetto cedente per l’esercizio della impresa salvo per quelli aventi carattere intuitu personae, ovvero quelli che abbiano ad oggetto prestazioni concluse o esaurite “e di quelli rispetto rispetto ai quali le parti abbiano, con espressa pattuizione, escluso che si verifichi l’effetto successorio, e che tale effetto si produce di diritto, ipso iure, con riguardo a tutti i rapporti contrattuali inerenti l’azienda ceduta, come effetto naturale della fattispecie traslativa di azienda”.
Secondo la Cassazione più recente la cessione d’azienda si discosta e differisce dalla cessione del contratto è indipendente dalla volontà delle parti stipulanti e neppure richiede per il perfezionamento della medesima il consenso del ceduto.
Ciò al fine di garantire una più fluida circolazione dei complessi aziendali e che “rischierebbe di rimanere frustrato se si ritenesse necessaria, ai fini del prodursi del fenomeno successorio, un’accettazione espressa dei contratti e delle pattuizioni per la cui validità è richiesta la forma scritta”.
La Corte di legittimità inoltre rilevava che non sarebbe neanche configurabile il mantenimento della titolarità dei debiti appartenenti alla società ceduta ai sensi dell’art. 2560 c.c., il quale dispone che “l’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito. Nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”.
Per giurisprudenza costante infatti, la norma in questione non si applica “con riferimento ai debiti relativi all’azienda ceduta, secondo cui dei debiti suddetti risponde anche l’acquirente dell’azienda allorché essi risultino dai libri contabili obbligatori, è destinato a trovare applicazione quando si tratti di debiti in sé soli considerati, e non anche quando, viceversa, essi si ricolleghino a posizioni contrattuali non ancora definite”[2].
La sentenza della Corte distrettuale appare per tali ragioni pronunciata in violazione dell’art. 2558 c.c., per non aver fatto discendere dal conferimento della società Epsilon le conseguenze e gli effetti giuridici previsti dalla previsione in oggetto relativamente al negozio preliminare oggetto del contendere.
Gli altri motivi di ricorsi devono ritenersi assorbiti in quanto in connessione logica con il quinto sin qui esaminato giacchè i primi quattro motivi investono la valutazione del giudice delle seconde cure relativamente alla condotta delle parti successiva al preliminare di compravendita e relativamente alla imputabilità della mancata conclusione del contratto definitivo; il sesto motivo riguarda la statuizione sulle spese ed il settimo l’omessa ammissione delle allegazioni prodotti dall’appellante per l’accertamento dei fatti controversi.
La Corte accogliendo il ricorso, cassava con rinvio la sentenza impugnata senza ritenere necessario alcun altro nuovo ed ulteriore accertamento di fatto in quanto “la causa va decisa nel merito con il rigetto in applicazione dei principi di diritto sopra esposti della domanda formulata dalla società Beta nei confronti della società Gamma”.
[1] Cass. Civ. n. 2951/16
[2] Cass. Civ. n. 8055/18
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