29 Gennaio 2019

Servizi di investimento: focus della Cassazione

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

La recente sentenza della Cassazione n. 1460 del 2019 si segnala per l’esaustiva ricognizione di tematiche, già affrontate dai giudici di legittimità, concernenti i contratti di investimento e spesso al centro del contenzioso banca-investitore.

Tra le questioni di interesse, si evidenziano, in particolare, le seguenti:

– in tema di intermediazione mobiliare, l’intermediario finanziario, convenuto nel giudizio di risarcimento del danno per violazione degli obblighi informativi, non è esonerato dall’obbligo di valutare l’adeguatezza dell’operazione di investimento nel caso in cui l’investitore, nel contratto-quadro, si sia rifiutato di fornire le informazioni sui propri obiettivi di investimento e sulla propria propensione al rischio, nel qual caso l’intermediario deve comunque compiere quella valutazione, in base ai principi generali di correttezza e trasparenza, tenendo conto di tutte le notizie di cui egli sia in possesso (come, ad esempio, l’età, la professione, la presumibile propensione al rischio alla luce delle operazioni pregresse e abituali, la situazione di mercato);

– la valutazione dell’adeguatezza delle operazioni, ai sensi dell’art. 29 del Regolamento Consob n. 11522 del 1998, ha carattere relativo, implicando un confronto tra le caratteristiche intrinseche dell’investimento proposto (tipologia, oggetto, frequenza o dimensione), cui fa riferimento il primo comma, ed il profilo di rischio dell’investitore, richiamato dal secondo comma attraverso il rinvio all’art. 28, e può quindi condurre a ritenere adeguato anche un investimento rischioso, ove dalle informazioni acquisite in ordine all’esperienza dell’investitore, alla sua situazione finanziaria, ai suoi obiettivi d’investimento ed alla sua propensione al rischio emerga che la forma d’impiego prescelta, oltre ad apparire compatibile con i mezzi economici di cui egli dispone, corrisponda effettivamente ai suoi intendimenti, nell’ambito di una scelta «consapevole»;

– gli obblighi informativi posti a carico degli intermediari finanziari hanno ad oggetto, da un lato, l’acquisizione delle notizie necessarie per la ricostruzione del profilo di rischio dell’investitore (c.d. informazione passiva: art. 28, primo comma, lett. a, del Regolamento) e, dall’altro, la fornitura di informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione (c.d. informazione attiva: art. 28, secondo comma) e mirano a consentire all’intermediario d’individuare e proporre le forme d’investimento più appropriate al profilo dell’investitore, senza tuttavia dispensare quest’ultimo dall’onere di valutare autonomamente le soluzioni proposte, ma assicurando anzi che egli sia posto nelle condizioni migliori per effettuare una scelta «consapevole»;

– l’inadeguatezza dell’operazione comporta un alleggerimento dell’onere probatorio gravante sull’investitore, ai fini dell’esercizio dell’azione risarcitoria (non nel senso che il danno derivante dall’inadempimento degli obblighi informativi possa considerarsi in re ipsa, ma in quello, più limitato, di consentire l’accertamento, in via presuntiva, del nesso di causalità): anche in presenza di operazioni adeguate, la mancata fornitura di informazioni esaurienti ed appropriate in ordine alla tipologia ed alle caratteristiche dell’impiego suggerito costituisce un indice dell’avvenuta effettuazione di una scelta non consapevole da parte dell’investitore, i cui effetti pregiudizievoli non sono pertanto ascrivibili alla sua volontà;

– in tema di intermediazione finanziaria, la forma scritta è prevista dalla legge per il contratto quadro e non anche per i singoli ordini, a meno che non siano state le parti stesse a prevederla per la sua validità ai sensi dell’art. 1352 c.c., assumendo, in tale ultima ipotesi, la finalità di assicurare una maggiore ponderazione da parte dell’investitore, di garantire all’operatore la serietà di quell’ordine e di permettergli una più agevole prova della richiesta ricevuta, sicché l’intermediario può legittimamente rifiutare l’esecuzione di un ordine non impartito per iscritto e la nullità dello stesso, per carenza del requisito della forma scritta convenzionale, può essere fatta valere da entrambi i contraenti.