Soci illimitatamente responsabili e beneficium excussionis: non opera se il titolo giudiziale è divenuto definitivo nei confronti dei soli soci
di Francesca Scanavino, Avvocato e Assistente didattico presso l’Università degli Studi di Bologna Scarica in PDFCassazione civile, Sezione III, Sentenza n. 27367 del 13 ottobre 2025
Parole chiave: beneficio di preventiva escussione – società in nome collettivo – snc – titolo esecutivo – giudicato – opposizione a decreto ingiuntivo – precetto – opposizione a precetto – soci illimitatamente responsabili – beneficium excussionis – azione esecutiva
Massima: “In caso di decreto che ingiunga il pagamento di una somma di denaro ad una società in nome collettivo ed ai suoi soci illimitatamente responsabili, in via tra loro solidale, ma diretta e incondizionata, non opera il beneficio della preventiva escussione a favore dei soci intimati in base al monitorio divenuto definitivo nei loro confronti, essendo la fonte dell’obbligazione dei soci non il rapporto sociale, ma il titolo giudiziale definitivo come concretamente formatosi. Ne consegue che, per effetto della mancata opposizione, la posizione debitoria dei soci rimane indipendente da quella della società e insensibile pure ad un eventuale accoglimento dell’opposizione di quest’ultima”.
Disposizioni applicate: art. 2291 c.c., art. 2304 c.c. e art. 645 c.p.c.
La pronuncia in esame trae origine da un decreto ingiuntivo emesso su istanza della società “Alfa” nei confronti della società in nome collettivo “Beta s.n.c.” e dei suoi soci illimitatamente responsabili, Tizio e Caio, per l’importo di euro 77.531,20, quale debito sociale derivante dal presunto mancato pagamento di alcune fatture per forniture di generi alimentari.
Il decreto veniva opposto unicamente dalla società Beta s.n.c., e non anche dai soci Tizio e Caio, nei cui confronti esso diveniva pertanto titolo definitivamente esecutivo.
Nelle more del giudizio di opposizione, Alfa notificava a Tizio e Caio atto di precetto per il pagamento della somma di euro 77.531,20, fondato su tale titolo. I soci proponevano opposizione a precetto ex art. 615 c.p.c., eccependo – tra le altre cose – la carenza di legittimazione passiva e l’assenza dei presupposti dell’azione esecutiva, in ragione della natura sussidiaria della loro responsabilità e della mancata preventiva escussione del patrimonio sociale ai sensi dell’art. 2304 c.c.
Il Tribunale di Castrovillari accoglieva l’opposizione, dichiarando la nullità e inefficacia del precetto per difetto del diritto di Alfa di agire in executivis nei confronti dei soci, non avendo questa allegato e dimostrato l’avvenuta preventiva escussione del patrimonio sociale, in ossequio a quanto disposto dall’art. 2304 c.c..
Avverso tale sentenza Alfa proponeva gravame innanzi alla Corte d’Appello di Catanzaro, che rigettava l’impugnazione, confermando la sentenza di primo grado sulla base delle seguenti ragioni: a) i soci illimitatamente responsabili non perdono la possibilità di eccepire la violazione della regola che impone la preventiva escussione del patrimonio sociale per il solo fatto di non aver proposto l’opposizione di merito al decreto ingiuntivo, in quanto il beneficium excussionis, opera sul piano esecutivo e resta, perciò, deducibile con il rimedio di cui all’art. 615 c.p.c.; b) tuttavia, poiché nel caso di specie la società, in qualità di debitrice principale, aveva proposto opposizione a decreto ingiuntivo, non è esclusa la possibilità che il provvedimento monitorio possa essere revocato nei suoi confronti; c) il creditore sociale, pertanto, avrebbe dovuto attendere la conclusione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo instaurato da Beta s.n.c. ex art. 645 c.p.c. anche per agire nei confronti dei soci.
In sintesi, la Corte territoriale ha ritenuto correttamente accolta l’opposizione a precetto, non solo perché il creditore sociale non aveva previamente escusso il patrimonio sociale, ma anche perché era ancora pendente la causa promossa ex art. 645 c.p.c. dalla società.
La società Alfa ha impugnato tale sentenza avanti alla Corte di cassazione, la quale, con la pronuncia in esame, ha affermato che:
- la pendenza del giudizio in cui si è formato un titolo esecutivo contro la società non può, neppure temporaneamente, privare di efficacia esecutiva il titolo – anch’esso giudiziale – divenuto definitivo nei confronti dei soci;
- è precluso al socio, destinatario di un comando contenuto in un titolo giudiziale formatosi contro la società e divenuto definitivo nei soli suoi confronti, non solo contestare l’esistenza e la misura del credito, ma anche avvalersi di ogni eventuale successivo giudicato favorevole formatosi nei confronti della società (cfr. Cass. nn. 15376/2016, 15877/2019 e 36942/2022);
- nel caso di specie, il Tribunale di Castrovillari aveva ingiunto alla Beta s.n.c., nonché “in solido” e incondizionatamente ai soci illimitatamente responsabili Tizio e Caio, il pagamento della somma dovuta. Pertanto – proprio in ragione del fatto che il decreto ingiuntivo ha previsto un debito di natura solidale in capo ai soci insieme alla società Beta – è venuto meno il carattere sussidiario (disciplinato dall’art. 2304 c.c.) della loro responsabilità. Per evitare tale effetto, i soci avrebbero dovuto proporre opposizione al decreto ingiuntivo, nella parte in cui li aveva costituiti debitori diretti, in via solidale e incondizionata;
- poiché ciò non è avvenuto, legittimamente la società creditrice ha notificato atto di precetto direttamente ai soci, per un credito che – in forza del peculiare tenore del titolo esecutivo giudiziale definitivo azionato – è divenuto non più soltanto un credito sociale (per il quale essi avrebbero conservato il beneficium excussionis, legittimamente opponibile in sede meramente esecutiva), ma anche un credito personale, proprio e diretto, delle persone fisiche in quanto tali;
- di conseguenza, in relazione alle peculiarità della fattispecie, è errato ritenere – come hanno fatto i giudici di merito – che il decreto ingiuntivo, pur divenuto definitivo nei confronti dei soci, lasci comunque sussistere la natura sussidiaria della loro responsabilità, con la conseguenza che la società creditrice potrebbe agire esecutivamente contro di loro solo dopo aver tentato di escutere il patrimonio della società o, comunque, averne accertato l’incapienza.
In applicazione di tali principi, la Suprema Corte ha accolto il ricorso di Alfa, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’Appello di Catanzaro, in diversa composizione, affinché riesamini il gravame, escludendo l’applicabilità del beneficio della preventiva escussione.
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