Irrilevanza della formula esecutiva anche prima della sua abrogazione
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. III, 29 luglio 2025, n. 21832 – Pres. De Stefano – Rel. Guizzi
Titolo esecutivo – Notificazione del titolo esecutivo privo della formula esecutiva nel regime anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. 149/2022 – Nullità – Deducibilità mediante opposizione agli atti esecutivi – Necessità di allegare lo specifico pregiudizio provocato dalla dedotta nullità a pena di inammissibilità dell’opposizione – Necessità – Condizioni
Massima: “Le formalità necessarie per il regolare svolgimento del processo esecutivo, nonché della fase stragiudiziale a esso preliminare – e, in particolare, la necessità che il pignoramento sia preceduto dalla notificazione dell’atto di precetto e che quest’ultima sia preceduta dalla (o, quantomeno, avvenga contestualmente alla) notificazione del titolo spedito in forma esecutiva in favore del creditore nel regime anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 – sono imposte specificamente ed espressamente dalla legge, che prevede la possibilità per il debitore di farne valere la mancata osservanza mediante l’opposizione agli atti esecutivi, senza condizionarlo in alcun modo alla sussistenza di un diverso e ulteriore specifico pregiudizio per il debitore, che non sia quello già insito nella circostanza che le formalità in questione non siano state rispettate, solo quando la violazione dedotta abbia in modo evidente reso impossibile l’estrinsecazione del diritto di difesa in relazione alle peculiarità del processo, dovendosi altrimenti dichiarare l’inammissibilità della proposta opposizione”.
CASO
I terzi proprietari di un immobile assoggettato a espropriazione forzata ai sensi degli artt. 602 e seguenti c.p.c. proponevano opposizione ex art. 617 c.p.c., eccependo, da un lato, che il contratto di mutuo azionato quale titolo esecutivo era privo della formula esecutiva richiesta dall’art. 475 c.p.c. (nella formulazione vigente anteriormente alle modifiche apportate dal d.lgs. 149/2022) e, dall’altro lato, che il contratto di mutuo era stato notificato soltanto a loro e non anche alla società debitrice.
Il Tribunale di Torre Annunziata respingeva l’opposizione, in quanto gli opponenti non avevano dato prova del pregiudizio subito dalla lamentata violazione dell’art. 475 c.p.c.
La sentenza era gravata con ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
[1] La Corte di cassazione ha respinto il ricorso, affermando che la violazione di una norma processuale, qual è quella che, prima della riforma introdotta con il d.lgs. 149/2022, prescriveva la notifica del titolo esecutivo munito della formula prevista dall’art. 475 c.p.c. anteriormente all’avvio dell’azione esecutiva, non può essere addotta quale unica ragione dell’opposizione proposta ai sensi dell’art. 617 c.p.c., dovendo l’opponente allegare e dimostrare il concreto pregiudizio provocatogli dalla lamentata violazione, in assenza del quale l’opposizione non può trovare accoglimento.
QUESTIONI
[1] La Corte di cassazione torna a pronunciarsi sulle condizioni necessarie affinché possa essere accolta l’opposizione agli atti esecutivi proposta ai sensi dell’art. 617 c.p.c. a seguito della denunciata violazione di una norma processuale (nel caso specifico, si trattava della violazione del combinato disposto degli artt. 475 e 479 c.p.c., nella formulazione vigente prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, in virtù del quale l’esecuzione forzata dev’essere preceduta dalla notifica, oltre che del precetto, del titolo esecutivo munito della formula all’epoca prevista dal citato art. 475 c.p.c.).
A differenza dell’opposizione all’esecuzione, con cui viene contestato il diritto del creditore di agire esecutivamente (sotto il duplice profilo soggettivo e oggettivo, potendosi mettere in dubbio sia l’ammissibilità di un’azione esecutiva diretta nei confronti del soggetto verso cui è promossa, sia la possibilità di ottenere la soddisfazione coattiva del diritto invocato dal creditore, ovvero la pignorabilità dei beni a tale scopo aggrediti), l’opposizione agli atti esecutivi è lo strumento tipicamente diretto a contestare la regolarità formale (ossia la legalità e la legittimità) degli atti nei quali si articola il processo esecutivo o che ne precedono l’avvio.
La giurisprudenza di legittimità ha, tuttavia, affermato a più riprese che la facoltà di denunciare vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione.
Questa regola di carattere generale, peraltro, va modulata nell’ambito del processo esecutivo, caratterizzato da una peculiare articolazione del generale principio del contraddittorio, trattandosi di un processo sostanzialmente unilaterale, incentrato sulla supremazia di uno dei due soggetti (in forza del riconoscimento del suo diritto già avvenuto in altra sede e consacrato nel titolo esecutivo) e sulla preminenza della finalità del soddisfacimento delle ragioni del creditore: in questo contesto, il contraddittorio è funzionale non tanto all’estrinsecazione di difese, ma all’acquisizione degli elementi utili per il migliore esercizio del potere accordato all’autorità giudiziaria di garantire al creditore il soddisfacimento delle sue pretese.
Per tale ragione, se è vero che anche nel processo esecutivo la nullità derivante dalla violazione di norme inerenti alla forma degli atti è da ritenersi sanata per il fatto stesso che il debitore abbia spiegato un’opposizione basata su di essa, attestando ciò l’effettiva possibilità di difesa nonostante la dedotta nullità, è altrettanto vero che all’opponente dev’essere nondimeno consentito allegare lo specifico pregiudizio che da quella particolare violazione gli è derivato.
È ricorrente, dunque, l’affermazione per cui la notifica di un titolo esecutivo privo della formula prescritta dall’art. 475 c.p.c. (prima della sua abolizione avvenuta con l’entrata in vigore del d.lgs. 149/2022) determina senz’altro un’irregolarità formale denunciabile nelle forme e nei termini previsti dall’art. 617, comma 1, c.p.c., senza che la proposizione dell’opposizione determini l’automatica sanatoria del vizio per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156, comma 3, c.p.c., ma ciò non significa che il debitore opponente possa limitarsi a dedurre l’irregolarità formale in sé considerata, senza indicare quale concreto pregiudizio ai diritti tutelati dal regolare svolgimento del processo esecutivo essa abbia cagionato.
Se talvolta l’onere di allegazione e prova di uno specifico pregiudizio, diverso e ulteriore rispetto alla mera inosservanza delle prescrizioni di forma, è stato escluso, lo si deve essenzialmente alla peculiarità della nullità che veniva in rilievo nel caso concreto, trattandosi dunque di un temperamento della regola generale di cui si è dato conto in precedenza.
Più precisamente, la deroga in questione è da intendersi circoscritta all’ipotesi in cui la lesione del diritto di difesa, sia pure nel suo limitato ambito riconosciuto ai soggetti del processo esecutivo, abbia comportato con immediata e assoluta evidenza la definitiva soppressione di quelle facoltà ineliminabili riconosciute dalla legge: è il caso, per esempio, della nullità della notifica del precetto seguito dal pignoramento che abbia impedito all’intimato di evitare il processo esecutivo, oppure della notifica del titolo esecutivo eseguita contro un debitore diverso o da un creditore diverso da quello che poi, rispettivamente, subisce o attiva l’esecuzione, ogni volta che quella notifica non abbia consentito di individuare un’azione esecutiva bene identificata non solo quanto al suo fondamento, ma soprattutto quanto ai soggetti coinvolti.
Nel caso sottoposto al loro vaglio, i giudici di legittimità non hanno riscontrato alcuna delle situazioni innanzi descritte, motivo per cui è stato confermato il rigetto dell’opposizione proposta dai terzi proprietari.
Non poteva predicarsi, infatti, incertezza in ordine al soggetto che intendeva promuovere l’azione esecutiva, inequivocabilmente individuato nel precetto, sicché non ricorreva quel pregiudizio autoevidente che avrebbe esonerato gli opponenti dall’allegare la lesione ulteriore dei propri diritti, costituente requisito di ammissibilità dell’opposizione (posto che la diversa questione della legittimazione del creditore ad agire esecutivamente costituiva ragione esulante dal novero di quelle spendibili nell’opposizione agli atti esecutivi ed eventualmente rilevante ai fini della proposizione di un’opposizione all’esecuzione).
In altri termini, ferma restando la generale inammissibilità della deduzione di un mero vizio del processo, non accompagnata dall’illustrazione delle ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per l’esito del processo, fa eccezione il caso in cui una tale violazione abbia in modo evidente reso impossibile l’estrinsecazione del diritto di difesa in relazione alle peculiarità del processo, che, quando venga in rilievo la mancata notificazione del titolo in forma esecutiva (nel regime anteriore alla più volte richiamata riforma di cui al d.lgs. 149/2022), può ravvisarsi solo allorché il destinatario della notifica – finalizzata a renderlo edotto dell’intenzione del notificante di azionare il titolo in un futuro processo esecutivo, consentendogli di verificare l’esistenza e la correttezza del titolo stesso, al fine di apprestarsi ad ottemperare all’intimazione o, in alternativa, a contestarla – non sia stato messo nelle condizioni di avere contezza di ciò, dovendosi, al contrario, escludere che analoga situazione ricorra quando sia chiaro e indubitabile che la notifica è eseguita al fine di preannunciare l’esecuzione da parte del soggetto che la minaccia sulla base del titolo menzionato e parimenti notificato.
Fa eccezione, ovviamente, il caso in cui la notificazione del titolo esecutivo (munito o meno della formula che era prevista dal previgente art. 475 c.p.c.) sia totalmente mancata, essendo (auto)evidente che, in una simile evenienza, la funzione dell’adempimento prescritto dall’art. 479 c.p.c. non è stato posto in essere radicalmente e non può, dunque, ritenersi superato dalla notifica del precetto, potendo sanarsi le nullità che affliggono gli atti nulli, ma non quelli inesistenti, trattandosi di un vizio di carattere procedurale e non meramente formale.
Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

