14 Ottobre 2025

Risoluzione per morosità nel contratto agrario e tardiva costituzione del convenuto: termine a ritroso nel PCT

di Francesco Tedioli, Avvocato Scarica in PDF

Cass., sez. III,  21 settembre 2025, n. 25742 Pres.  Frasca e Rel. Positano

Contratti agrari – Affitto – Morosità nel pagamento dei canoni d’affitto – Risoluzione del contratto per grave inadempimento e condanna al rilascio dei fondi rustici affittati, nonché al pagamento di tutti i canoni insoluti fino al rilascio – Termine per il deposito della comparsa di risposta

(artt. 416, 153, 155 c.p.c.; art. 16-bis d.l. 179/2012; art. 11 d.lgs. 150/2011; art. 1284 c.c.; art. 13 d.P.R. 115/2002)

Massima: “In tema di affitto agrario, il termine a ritroso per il deposito della comparsa di risposta, qualora cada in giorno festivo o di sabato, non si proroga al primo giorno successivo non festivo, ma deve essere anticipato al giorno precedente non festivo. La regola vale anche per gli atti depositati con modalità telematiche, non incidendo la digitalizzazione sul computo dei termini processuali. L’inosservanza del termine comporta la decadenza dalle eccezioni non rilevabili d’ufficio, dalle istanze istruttorie e dall’utilizzo dei documenti depositati tardivamente. In materia di risoluzione per inadempimento del contratto di affitto agrario, l’affittuario può ottenere il termine di grazia soltanto ove formuli un’istanza espressa e non incompatibile con la contestazione dell’inadempimento”.

CASO

Il proprietario di un fondo rustico conveniva in giudizio la società a r.l. affittuaria, deducendo, nel proprio ricorso, la morosità della conduttrice nel pagamento dei canoni a decorrere dal 2012 e chiedendo (i) la risoluzione del contratto 11 novembre 2011, per grave inadempimento, (ii) la condanna al rilascio e (iii) al pagamento di tutti i canoni insoluti sino alla data dell’effettiva riconsegna dei terreni. Il ricorrente, tra l’altro, deduceva  la nullità della clausola di durata annuale contenuta nel contratto di affitto, poiché stipulata senza l’intervento delle associazioni professionali di categoria, con conseguente applicazione della durata legale minima quindicennale ex l. n. 203/1982 e scadenza al 10 novembre 2026.

La società convenuta si costituiva il decimo giorno anteriore all’udienza fissata per il 2 dicembre 2020, e cioè domenica 22 novembre 2020, eccependo l’incompetenza del giudice adito in forza di clausola di arbitrato irrituale (art. 11 del contratto). Nel merito, contestava le pretese attoree, deducendo: (a) l’integrale pagamento del primo canone annuale di euro 11.800,00; (b) la successiva compensazione dei canoni dovuti con controcrediti derivanti da rapporti di “locazione inversa” di terreni finitimi concessi dal concedente alla convenuta.

Il Tribunale di Venezia – Sezione specializzata agraria – dichiarava tardiva la costituzione della convenuta, in quanto il termine a ritroso, scadendo di domenica, andava anticipato al venerdì 20 novembre 2020. Dichiarava, altresì, la decadenza della resistente da tutte le eccezioni non rilevabili d’ufficio, dalle istanze istruttorie e l’inammissibilità dei documenti prodotti tardivamente. Nel merito, rigettava la domanda di nullità del contratto, accertava la durata annuale dell’affitto, accoglieva parzialmente la domanda attorea e condannava l’affittuaria al rilascio dei terreni e al pagamento di euro 9.601,76, oltre interessi ex art. 1284, co. 1, c.c. dalla costituzione in mora al deposito del ricorso, ed ex art. 1284, co. 4, c.c. dal deposito al saldo.

Avverso tale decisione l’affittuaria proponeva appello articolato in otto motivi tra cui: tardività e rimessione in termini; inammissibilità dell’eccezione di arbitrato irrituale; valutazione dei documenti; ultrapetizione; mancata concessione del termine di grazia. Si costituiva la società concedente, che resisteva e, per l’ipotesi di riforma del capo sulla durata, proponeva appello incidentale condizionato. La Corte d’Appello – Sezione specializzata per le controversie agrarie – rigettava l’appello della società, con spese a carico dell’appellante.

La società proponeva, quindi, ricorso per cassazione affidato a sei motivi; resisteva il proprietario del fondo.

Il primo motivo di gravame riguardava la presunta tempestività della costituzione della società convenuta, che aveva depositato la comparsa di domenica, decimo giorno anteriore all’udienza. La ricorrente sosteneva che tale deposito dovesse ritenersi valido, potendo essere effettuato telematicamente fino alle ore 24 del giorno di scadenza, in forza dell’art. 16-bis, co. 7, d.l. n. 179/2012, che attribuisce rilievo alla “ricevuta di avvenuta consegna” della PEC.

Con il secondo motivo, la società affittuaria chiedeva di essere rimessa in termini, lamentando che un malfunzionamento del server ministeriale avrebbe impedito il deposito nella giornata di sabato 21 novembre 2020 e nei giorni immediatamente precedenti.

SOLUZIONE

La Suprema Corte rigetta il ricorso, confermando la sentenza impugnata, condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite e dispone l’ulteriore contributo unificato ex art. 13, co. 1-quater, d.P.R. 115/2002.

QUESTIONI

La pronuncia in esame affronta principalmente due profili: da un lato, le conseguenze processuali della tardiva costituzione del convenuto e la disciplina del computo dei termini a ritroso alla luce del processo telematico; dall’altro, i presupposti per la risoluzione di un contratto di affitto agrario per morosità e la possibilità di beneficiare del termine di grazia.

La Corte di cassazione, rigettando la prima censura, ha riaffermato un principio consolidato: i termini a ritroso, quando scadono in giorno festivo o di sabato, non si prorogano al primo giorno feriale successivo, bensì si anticipano al giorno feriale immediatamente precedente. La ratio di tale soluzione consiste nel garantire che la parte destinataria dell’atto non veda ridotto il tempo minimo di difesa riconosciutole dalla legge: se, infatti, la scadenza fosse spostata in avanti, il termine utile per esaminare le difese della controparte risulterebbe indebitamente compresso.

In questo contesto la Suprema Corte ha chiarito che la regola opera indipendentemente dalle modalità di deposito: il passaggio dal cartaceo al telematico non incide sul computo dei termini, che resta regolato in via unitaria dagli artt. 416 e 155 c.p.c..

Il processo telematico consente il deposito fino alle ore 24, ma tale facoltà non altera la disciplina dei termini a ritroso: se la scadenza cade di sabato o in giorno festivo, l’atto deve essere depositato entro il giorno feriale immediatamente precedente.

La Corte richiama, a supporto, precedenti conformi (Cass. 14 settembre 2017, n. 21335; Cass.  30  giugno 2014; Cass. 4 gennaio 2011, n.182; Cass. 12 marzo 2020, n. 7068), ribadendo, inoltre, che i termini a ritroso non sono da qualificare come “liberi”: non si computa solo il dies a quo, ma rimane incluso il dies ad quem. In definitiva, il dies utile scadeva venerdì 20 novembre 2020; il deposito domenicale del 22 novembre risultava, dunque, tardivo, con la conseguente decadenza della convenuta dalle eccezioni non rilevabili d’ufficio, dalle istanze istruttorie e dall’utilizzo dei documenti prodotti.

Anche il secondo motivo viene dichiarato inammissibile per difetto di interesse. Anche a voler ammettere l’esistenza di disservizi il sabato, la costituzione doveva avvenire entro venerdì 20 novembre 2020, giorno che costituiva l’effettivo dies ad quem per il deposito della comparsa. L’eventuale malfunzionamento successivo risultava, quindi, irrilevante. Ad abundantiam, la Corte ha osservato che la ricorrente non aveva fornito alcuna prova documentale del disservizio, né chiarito in quale fase processuale i documenti fossero stati ritualmente prodotti; i malfunzionamenti allegati, inoltre, riguardavano distretti diversi da quello di Venezia.

Richiamando i principi elaborati dalle Sezioni Unite (Cass., Sez. Un. 4 dicembre 2020, n. 27773; nonché Cass. 5 gennaio 2022, n. 268), la Corte ha ribadito che la rimessione in termini presuppone un fatto impeditivo assoluto, estraneo alla volontà della parte e da questa rigorosamente provato, in rapporto causale diretto con la decadenza. Nel caso concreto, il ritardo era pienamente imputabile alla condotta della ricorrente, non potendo dunque giustificare la rimessione in termini.

I motivi successivi, relativi all’esame dei documenti prodotti e all’eccezione di arbitrato irrituale, sono stati dichiarati inammissibili, perché travolti dalla tardività della costituzione. La Corte ha applicato il principio per cui, una volta pronunciata l’inammissibilità, le ulteriori statuizioni di merito contenute nella sentenza devono considerarsi rese “ad abundantiam” e, come tali, non impugnabili (Cass. Sez. Un. 20 febbraio 2007, n. 3840).

Quanto, infine, al termine di grazia, la Cassazione ha riaffermato che l’affittuario può beneficiarne solo se formula un’istanza espressa e non contraddittoria rispetto alle proprie difese. Nel caso di specie, la società aveva contestato di essere morosa, sostenendo l’integrale pagamento dei canoni: tale linea difensiva è stata ritenuta incompatibile con la richiesta di termine per adempiere. Da qui il rigetto, in coerenza con i precedenti che hanno esteso la disciplina del termine di grazia dall’art. 46 l. n. 203/1982 all’art. 11 d.lgs. n. 150/2011 (Cass. 20 agosto 2015, n. 17008; Cass. 14 ottobre 2019, n. 25759)

Tuttavia, il ragionamento della Corte — pur lineare sul piano positivo — lascia emergere un contrasto con l’evoluzione tecnologica del processo telematico, soprattutto dopo l’introduzione, dal 30 settembre 2024, dell’“accettazione automatica” per alcune tipologie di atti.

Le Specifiche tecniche DGSIA 2 agosto 2024, integrate dalla nota ministeriale del 19 settembre 2024, hanno chiarito che l’automatismo riguarda soltanto atti non discrezionali (memorie ex art. 171-ter c.p.c., memorie ex art. 183 u.c., note scritte, comparse conclusionali, istanze ex artt. 183-ter e 183-quater c.p.c.), mentre restano esclusi tutti gli atti che richiedono interventi di cancelleria: individuazione dell’evento da registrare, completamento manuale di dati (es. denominazioni, codici fiscali), gestione di buste complementari, transiti di stato complessi, atti della Cassazione.

È stato inoltre introdotto un nuovo stato di sistema (“in attesa di accettazione”), che precede l’effettivo inserimento dell’atto nel fascicolo: l’atto è depositato ma rimane sospeso fino all’esito dei controlli automatici; solo in assenza di anomalie viene agganciato direttamente al fascicolo, risultando subito visibile alle parti. La cancelleria mantiene comunque la possibilità di intervenire tramite la sezione “gestione depositi accettati automaticamente”.

Il flusso resta articolato in quattro messaggi PEC (RA, RAC, esito controlli, esito accettazione automatica o manuale) e, ai fini della tempestività ex art. 16-bis, co. 7, d.l. 179/2012, l’àncora legale rimane la RAC generata entro le ore 24 del giorno di scadenza. L’accettazione automatica incide sull’aggancio al fascicolo e sulla sua immediata visibilità, ma non modifica il momento del perfezionamento del deposito ai fini del termine.

Nei casi coperti dall’automatismo, tuttavia, l’ingresso h24 nel fascicolo e l’immediata conoscibilità alle parti attenuano il presupposto fattuale che storicamente giustificava l’anticipazione dei termini a ritroso.

In un contesto in cui il deposito telematico è continuativo (h24) e, per gli atti soggetti ad “accettazione automatica”, l’atto diviene immediatamente conoscibile alla controparte senza mediazione della cancelleria, la regola dell’anticipazione del termine a ritroso risulta sempre meno giustificata dalla sua ratio originaria (tutela del tempo di difesa). Ne deriva l’opportunità di un intervento di riforma del c.p.c. — o, quantomeno, di un chiarimento ministeriale — che preveda espressamente che, limitatamente agli atti rientranti nel flusso di accettazione automatica, il termine a ritroso scadente in giorno non lavorativo si proroghi al primo giorno feriale successivo, in analogia con l’art. 155 c.p.c. per i termini “in avanti”.

Una simile soluzione, calibrata sull’ambito oggettivo dell’automatismo e rispettosa dell’àncora legale della RAC ex art. 16-bis, co. 7, d.l. 179/2012, consentirebbe di riallineare la disciplina dei termini alla realtà operativa del PCT, evitando rigidità che, nel nuovo ecosistema digitale, rischiano di tradursi in meri formalismi.

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