7 Ottobre 2025

Il consigliere cessato dalla carica per effetto della clausola statutaria simul stabunt simul cadent non ha diritto al risarcimento del danno

di Ilaria Tironi, Dottoressa in legge Scarica in PDF

Cass. civ., Sez. I, Ord. 16/01/2025, n. 1121

Riferimenti normativi: artt. 2386, 2409 duodecies c.c.

Massima: “La cessazione dalla carica dei membri del consiglio di sorveglianza di una s.p.a. per effetto di una clausola statutaria simul stabunt simul cadent non è equiparabile ad un’implicita revoca senza giusta causa degli stessi, con la conseguenza che a loro favore non sorge alcun diritto al risarcimento del danno, a meno che non provino l’impiego abusivo della clausola in loro danno”.

Parole chiave: società per azioni – consiglio di sorveglianza – revoca consiglieri – clausola statutaria simul stabunt simul cadent

CASO E QUESTIONI

La vicenda trae origine dalla cessazione dalla carica di due membri del consiglio di sorveglianza di una spa, scaturita dalla revoca, avvenuta senza giusta causa, di altri membri del medesimo consiglio, per effetto dell’operare di una clausola simul stabunt simul cadent, prevista all’interno dello statuto sociale.

A seguito della cessazione dalla carica, i due soggetti coinvolti hanno formulato istanza per il risarcimento dei danni nei confronti della società presso il Tribunale, il quale ha rigettato la domanda. Successivamente, la decisione è stata impugnata presso la Corte d’Appello di Brescia, che ha parimenti rigettato il gravame. I due consiglieri hanno quindi proposto ricorso in Corte di Cassazione.

In particolare, i ricorrenti hanno fondato la loro richiesta di risarcimento sull’assunto per cui la clausola in questione, provocando la decadenza dell’intero organo, avrebbe disposto anche la loro revoca implicita. Nello specifico, è stato evidenziata la disparità di trattamento esistente tra i consiglieri effettivamente revocati senza giusta causa, i quali quindi sono stati risarciti, e quelli cessati dalla carica per effetto della clausola, ai quali invece il diritto al risarcimento è stato negato, pur essendo la loro posizione, di fatto, assimilabile a quella dei primi.

La Corte di Cassazione, prestando adesione alle argomentazioni impiegate dalla Corte d’Appello di Brescia, ha ritenuto di rigettare il ricorso. La clausola simul stabunt simul cadent, infatti, in quanto funzionale alla tutela degli equilibri dell’organo di sorveglianza in ipotesi di revoca dei suoi membri (evitando così l’operare del meccanismo di cooptazione previsto dall’art. 2386 c.c.), non può produrre un effetto paragonabile a quello prodotto da una revoca senza giusta causa ai sensi del quinto comma dell’art. 2409 duodecies c.c.

Il consigliere cessato dalla carica, pertanto, non vanta alcun diritto al risarcimento del danno, posto che – tra l’altro – lo stesso nel momento di accettazione dell’incarico aderisce implicitamente alle clausole dello statuto sociale che regolano le condizioni di indicazione e permanenza degli organi sociali.

Quanto sopra potrebbe venir meno, con la conseguenza di poter riconoscere la risarcibilità del danno lamentato dal consigliere decaduto, nel caso in cui lo stesso dia prova dell’utilizzi abusivo e strumentale della clausola contro di lui. Nel caso di specie, i due ricorrenti avevano dato prova della circostanza che la revoca degli altri membri del consiglio di sorveglianza (da cui era scaturita la decadenza dell’intero organo), era stata motivata da ragioni politiche estranee ai soggetti che avevano subito gli effetti della clausola simul stabunt simul cadent, dimostrando così – contrariamente a quanto richiesto per ottenere l’accoglimento della loro domanda – che la clausola non era stata impiegata a loro danno, ma legittimamente e per le finalità proprie della stessa.

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