Transazione novativa e interpretazione del contratto
di Martina Mazzei, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. II, 26 febbraio 2025, n. 5047 – Pres. Bertuzzi – Rel. Maccarrone
[1] Transazione novativa – Contratto – Interpretazione del contratto
(Cod. civ. 1260; 1362 ss.)
[1] “Affinché si abbia novazione oggettiva dell’obbligazione è necessario che siano espressamente previste, o comunque siano desumibili in modo inequivocabile, la volontà e l’effetto di estinzione dell’obbligazione pregressa, in ragione della sostituzione con un’obbligazione nuova ed incompatibile, non essendo sufficienti le indicazioni meramente esemplificative, a fronte del richiamo a tutti gli altri patti che consentono la coesistenza di plurime obbligazioni”
CASO
[1] La vicenda trae origine da un contratto di finanziamento del 2008, concesso da una banca, per oltre 3,4 milioni di euro, rimasto inadempiuto. Il debitore eccepiva l’estinzione dell’obbligazione in forza di una scrittura del 2009, che egli qualificava come transazione novativa e con la quale sarebbero stati regolati tutti i rapporti di dare-avere tra le parti.
Il Tribunale di Teramo e, in appello, la Corte d’Appello di L’Aquila, escludevano la natura novativa di tale accordo, sottolineando l’assenza di un chiaro riferimento al finanziamento originario e dei requisiti dell’aliquid novi e dell’animus novandi richiesti dall’art. 1230 c.c. per aversi novazione di un rapporto obbligatorio.
Avverso questa pronuncia il debitore proponeva ricorso per cassazione, deducendo violazione delle norme sull’interpretazione contrattuale e sulla novazione (artt. 1230, 1362 e 1363 c.c.) e insistendo sulla natura novativa dell’accordo del 2009.
SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato il ricorso e confermato la sentenza d’appello. In particolare, la Cassazione ha ritenuto che il giudice d’appello avesse correttamente esaminato la scrittura per verificare se in essa fosse individuabile un accordo transattivo di carattere novativo, coinvolgente anche il finanziamento del 2008, per arrivare, attraverso un ragionamento logico riconoscibile e privo di contraddizioni tali da renderlo incomprensibile in linea con i consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, ad una conclusione negativa.
QUESTIONI
[1] L’identificazione dei presupposti per poter qualificare come oggettivamente novativo un contratto comporta, per interpretazione giurisprudenziale di legittimità consolidata, la verifica di esistenza di due elementi imprescindibili, e cioè l’aliquid novi e l’animus novandi.
Infatti, come più volte affermato dalla Cassazione, “Affinché si abbia novazione oggettiva dell’obbligazione è necessario che siano espressamente previste, o comunque siano desumibili in modo inequivocabile, la volontà e l’effetto di estinzione dell’obbligazione pregressa, in ragione della sostituzione con un’obbligazione nuova ed incompatibile, non essendo sufficienti le indicazioni meramente esemplificative, a fronte del richiamo a tutti gli altri patti che consentono la coesistenza di plurime obbligazioni” (cfr. Corte, sez. II, n. 9347/2023).
Per aversi novazione oggettiva, infatti, è necessario, oltre al mutamento dell’oggetto o del titolo della prestazione (aliquid novi), l’animus e la causa novandi, consistenti, il primo, nella manifestazione inequivoca dell’intento novativo e, la seconda, nell’interesse comune delle parti all’effetto novativo (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27028 del 14/09/2022; Sez. L, Sentenza n. 27390 del 29/10/2018; Sez. 3, Sentenza n. 5665 del 09/03/2010; Sez. L, Sentenza n. 4670 del 26/02/2009; Sez. 3, Sentenza n. 20906 del 28/10/2004; Sez. L, Sentenza n. 16038 del 17/08/2004; con precipuo riguardo alla transazione novativa Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7194 del 13/03/2019)
Pertanto, sul piano oggettivo non si può prescindere dalla genesi di una nuova obbligazione, incompatibile con il persistere dell’obbligazione originaria (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5117 del 22/05/1998; Sez. 3, Sentenza n. 4427 del 10/05/1996).
Sul piano soggettivo, invece, l’animus costituisce elemento essenziale che deve essere in concreto provato (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1218 del 21/01/2008; Sez. 2, Sentenza n. 12421 del 19/09/2000; Sez. 2, Sentenza n. 12039 del 12/09/2000; Sez. 2, Sentenza n. 9867 del 27/07/2000; Sez. 2, Sentenza n. 9354 del 14/07/2000).
Anche in materia di interpretazione del contratto ex art. 1362 e ss. c.c. la Corte di Cassazione ha individuato in modo univoco i criteri di riferimento, evidenziando che “A norma dell’art. 1362 c.c., il dato testuale del contratto, pur importante, non può essere ritenuto decisivo ai fini della ricostruzione della volontà delle parti, giacché il significato delle dichiarazioni negoziali può ritenersi acquisito solo al termine del processo interpretativo, che non può arrestarsi al tenore letterale delle parole, ma deve considerare tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore, anche quando le espressioni appaiano di per sé chiare, atteso che un’espressione “prima facie” chiara può non risultare più tale se collegata ad altre espressioni contenute nella stessa dichiarazione o posta in relazione al comportamento complessivo delle parti; ne consegue che l’interpretazione del contratto, da un punto di vista logico, è un percorso circolare che impone all’interprete, dopo aver compiuto l’esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l’intenzione delle parti e quindi di verificare se quest’ultima sia coerente con le restanti disposizioni del contratto e con la condotta delle parti medesime” (così Cass. civ. sez. VI, 8.11.2022, n. 32786).
Questo modo di procedere nell’interpretare la “comune intenzione” delle parti – come richiede il comma 1 dell’art. 1362 c.c.- senza limitarsi al senso letterale delle parole, “non svaluta l’elemento letterale del contratto ma, al contrario, intende ribadire che, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è ammissibile” (così Cass. civ. sez. I, 26.4.2023, n. 10967).
Ne consegue che la comune intenzione dei contraenti deve essere ricercata dall’interprete sia indagando il senso letterale delle parole, alla luce dell’integrale contesto negoziale, ai sensi dell’art. 1363 c.c., sia utilizzando i criteri di interpretazione soggettiva di cui agli artt. 1369 e 1366 c.c., rispettivamente volti a consentire l’accertamento del significato dell’accordo in coerenza con la relativa ragione pratica o causa concreta e ad escludere, mediante un comportamento improntato a lealtà e salvaguardia dell’altrui interesse, interpretazioni in contrasto con gli interessi che le parti abbiano inteso tutelare con la stipulazione negoziale.
Infatti, come recentemente ribadito “Nell’applicazione dei criteri interpretativi, bisogna allora avviare l’esame dall’elemento letterale, il quale assume funzione fondamentale nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti, dovendo tuttavia essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, in virtù del coordinamento tra loro delle singole clausole, così come previsto dall’art. 1363 c.c.: giacché, per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone; non già una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, posto che il giudice deve collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (Cass. 8 giugno 2018, n. 14882). E sempre avendo in primo luogo riguardo allo scopo pratico che le parti abbiano inteso realizzare con la stipulazione del contratto (Cass. 30 agosto 2019, n. 21840)” (così Cass. civ. n. 24699/2021).
Alla luce di quanto esposto, la II Sezione civile della Corte di Cassazione, ha confermato la sentenza impugnata atteso che la Corte d’appello di L’Aquila ha correttamente applicato i principi richiamati giungendo alla conclusione che l’accordo concluso tra le parti non avesse le caratteristiche di un accordo transattivo a carattere novativo.
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