16 Settembre 2025

La conclusione del contratto secondo gli usi e le prassi commerciali

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. II, 5 giugno 2025, n. 15095 – Pres. Di Virgilio – Rel. Trapuzzano

Parole chiave: Contratto – Conclusione – Accordo delle parti – Forma – Accordo verbale seguito dalla sottoscrizione di un modulo denominato conferma d’ordine o conferma di compravendita – Idoneità – Condizioni

[1] Massima: “La conclusione di contratti per i quali la legge non prescrive la forma scritta ad substantiam può avvenire anche a seguito della sottoscrizione di un documento denominato “conferma d’ordine” o “conferma di compravendita” trasmesso dal mediatore alle parti e ricognitivo di un precedente accordo verbale dalle stesse raggiunto, secondo lo schema delineato dall’art. 1760, n. 3), c.c., in quanto ciò risulti conforme agli usi e alle consuetudini vigenti nel luogo di conclusione dell’operazione commerciale, ovvero richiamati dalle stesse parti.”

Disposizioni applicate: cod. civ., artt. 1325, 1326, 1340, 1760

CASO

A una società agricola cui era stata commissionata la fornitura di granoturco veniva contestato l’inadempimento degli obblighi previsti dal documento denominato “conferma di compravendita” trasmesso dal mediatore attraverso il quale era avvenuta la conclusione dell’affare tanto alla società agricola, quanto a quella che aveva disposto l’ordine e che entrambe le parti avevano sottoscritto.

La società che aveva commissionato la fornitura aveva, quindi, promosso un procedimento arbitrale – sulla scorta di quanto stabilito dagli usi negoziali richiamati nel predetto documento – e, in virtù del lodo così ottenuto, agito in giudizio per conseguire il pagamento dell’importo liquidato a titolo di penale per inadempimento.

La società agricola resisteva, deducendo, da un lato, la mancanza di un contratto validamente concluso dalle parti e, dall’altro lato, l’inimputabilità della mancata fornitura del granoturco, essendo la prestazione divenuta impossibile a causa di un evento atmosferico straordinario.

Il Tribunale di Milano, respingendo le argomentazioni addotte dalla società agricola, confermava la risoluzione del contratto per inadempimento della stessa e l’obbligo di pagamento della penale; analoga conclusione sortiva il giudizio di appello.

La pronuncia di secondo grado veniva così gravata con ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che, quando la legge non prescrive alcuna forma per la conclusione di un contratto, essa può senz’altro avvenire – come accaduto nel caso di specie – attraverso il raggiungimento di un’intesa verbale cui faccia seguito la sottoscrizione di un documento che la recepisca, specificandone il contenuto e le condizioni, anche se tale documento sia stato trasmesso alle parti dal mediatore attraverso il quale l’affare è stato concluso, sulla base di quanto previsto dall’art. 1760, n. 3), c.c., risultando ciò conforme agli usi e alle prassi negoziali vigenti nel luogo di conclusione dell’operazione commerciale e richiamati nel documento medesimo.

QUESTIONI

[1] In virtù di quanto stabilito dall’art. 1325 c.c., l’accordo delle parti – inteso come incontro delle rispettive volontà – integra uno degli elementi costitutivi del contratto: l’accordo, in linea generale, si forma attraverso la proposta (che costituisce l’atto di iniziativa, a carattere recettizio, con il quale una parte prospetta all’altra un determinato regolamento degli interessi sottesi all’operazione negoziale con riguardo a tutti gli elementi essenziali del contratto che si mira a concludere) cui fa seguito l’accettazione dell’oblato (costituente anch’essa una dichiarazione di carattere recettizio, mediante la quale il destinatario della proposta comunica a chi l’ha formulata la propria adesione, che dev’essere totale e incondizionata, essendosi altrimenti in presenza di una controproposta).

Per i contratti – come quello che veniva in rilievo nel caso di specie – per la conclusione dei quali la legge non prescrive una forma solenne, proposta e accettazione possono essere formulate verbalmente, ovvero, per quanto concerne l’accettazione, anche tacitamente, attraverso comportamenti concludenti: d’altra parte, è lo stesso art. 1327 c.c. ad ammettere la possibilità che il contratto sia concluso ancora prima che il destinatario della proposta abbia comunicato la propria accettazione o prima che questa sia pervenuta nella sfera di conoscibilità del proponente, attraverso l’inizio dell’esecuzione della prestazione dovuta (momento in cui, secondo quanto stabilito dalla norma, il contratto deve intendersi concluso).

In questi casi, compete al giudice accertare se possa predicarsi la conclusione del contratto.

La fattispecie esaminata con la sentenza che si annota riguardava proprio un’ipotesi in cui tale circostanza era fermamente negata dalla società agricola cui era stata commissionata la fornitura di una partita di granoturco e cui era stata contestata la violazione degli obblighi contrattualmente assunti.

Per sostenere la propria assenza di responsabilità, detta società aveva sostenuto non solo che la prestazione richiesta fosse divenuta impossibile a causa di un evento atmosferico di natura eccezionale, ma, prima ancora, che il contratto di fornitura non si fosse concluso.

Sotto questo profilo, era stato dato rilievo alle seguenti circostanze:

  • il mediatore che aveva affiancato le parti nell’operazione commerciale e ne aveva agevolato la conclusione aveva trasmesso alla società agricola un modulo da lui firmato e denominato “conferma di compravendita” (contenente le condizioni della fornitura e il richiamo agli usi commerciali della piazza di Bologna), che gli era stato restituito sottoscritto per accettazione;
  • prima che alla medesima società agricola fosse pervenuto lo stesso modulo sottoscritto per accettazione anche dalla società acquirente, a quest’ultima era stata inviata una comunicazione di revoca di qualsiasi proposta di vendita di granoturco.

In considerazione di ciò, il contratto – secondo la prospettazione della società agricola – non poteva considerarsi concluso, giacché, ai sensi dell’art. 1328 c.c., la proposta (da intendersi incorporata nel modulo denominato “conferma di compravendita” e sottoscritto dal mediatore e dalla sola società agricola) era stata revocata prima che il venditore avesse conoscenza dell’accettazione dell’acquirente.

I giudici di legittimità hanno smentito tale impostazione, facendo leva sul combinato disposto delle regole dettate, rispettivamente, dagli artt. 1340 e 1760, n. 3), c.c.

Così, in primo luogo, la Corte di cassazione ha precisato che non si era in presenza di un contratto concluso tra parti lontane, ma di uno schema negoziale in base al quale l’accordo già raggiunto verbalmente dalle parti era stato trasfuso ovvero riversato in un documento contrattuale – sostanzialmente assimilabile a una conferma d’ordine – che riportava le clausole e le condizioni della compravendita; tale documento era stato predisposto dal mediatore, dallo stesso sottoscritto e quindi inviato, sulla scorta di quanto stabilito dall’art. 1760, n. 3), c.c., dapprima alla società agricola venditrice, quindi alla società acquirente, affinché entrambe lo sottoscrivessero a loro volta, non già allo scopo di sancire la conclusione del contratto, bensì quale atto ricognitivo e confermativo del contratto già stipulato verbalmente.

Il citato art. 1760, n. 3), c.c., infatti, impone al mediatore professionale di annotare su apposito libro gli estremi essenziali del contratto stipulato con il suo intervento e di rilasciare alle parti copia da lui sottoscritta di ogni annotazione.

La successiva sottoscrizione del modulo a opera delle parti, quindi, aveva assunto il valore non già di espressione di una volontà negoziale (già manifestata attraverso le intese verbali che avevano condotto alla conclusione del contratto), bensì di accettazione del contenuto del modulo destinato a documentare tale volontà, attraverso l’esplicitazione delle condizioni della fornitura sulle quali le parti avevano già espresso il loro consenso.

In altri termini, il modulo sottoscritto dal mediatore ai sensi dell’art. 1760, n. 3), c.c. e inviato alle parti, essendo successivo all’accordo negoziale dalle stesse già raggiunto verbalmente, aveva carattere meramente ricognitivo; il fatto che fosse stato firmato anche dalle parti attestava semplicemente che le condizioni ivi riportate corrispondevano a quelle effettivamente pattuite verbalmente con l’interposizione del mediatore e, nello stesso tempo, la rinuncia a esprimere un eventuale dissenso in merito a quanto riportato nel documento.

Pertanto, la revoca comunicata dalla società agricola era inefficace, perché, quand’anche intervenuta prima della sottoscrizione del modulo da parte dell’acquirente, era comunque successiva alla conclusione del contratto, avvenuta per effetto delle intese raggiunte verbalmente dalle parti.

Un tanto, ovviamente, è stato reso possibile in quanto la legge non prescrive alcuna forma solenne per la conclusione del contratto (di compravendita di granoturco) di cui si discuteva.

In secondo luogo, i giudici di legittimità hanno sottolineato che il modello negoziale attraverso il quale il contratto era stato concluso risultava conforme a quanto previsto dagli usi dell’associazione granaria emiliano-romagnola (ovvero dal Regolamento della Borsa Merci di Bologna) espressamente richiamati nella conferma d’ordine sottoscritta da entrambe le parti.

Anche per effetto di quanto stabilito dall’art. 1340 c.c., pertanto, non poteva nutrirsi alcun dubbio in merito al fatto che il contratto di compravendita si fosse effettivamente concluso, visto che gli usi commerciali vigenti nel territorio provinciale bolognese individuano nella conferma scritta rilasciata dal mediatore un atto attraverso il quale può perfezionarsi la volontà negoziale, in alternativa all’accordo scritto tra le parti, allorché queste si siano avvalse della sua interposizione nella conclusione dell’affare e si tratti di beni mobili (non venendo in rilievo, dunque, alcuna prescrizione di forma imposta dalla legge).

Pertanto, l’accordo delle parti in materia non soggetta a forma vincolata era stato raggiunto in conformità tanto alle norme codicistiche, quanto alle prassi vigenti nel luogo di conclusione dell’operazione commerciale (operanti in funzione integrativa e interpretativa della volontà delle parti, ai sensi dell’art. 1340 c.c.).

Gli usi negoziali, che consistono in pratiche seguite da una determinata cerchia di contraenti individuati su base territoriale o per l’appartenenza a una determinata categoria di operatori economici, infatti, operano in funzione integrativa o interpretativa della volontà dei contraenti quando essa sia espressa non completamente o in modo ambiguo e obbligano le parti anche se dalle stesse ignorati (in quanto la loro applicazione è esclusa solo se risulti con certezza che i contraenti non abbiano voluto farvi riferimento), prevalendo sulle stesse norme di legge aventi carattere dispositivo.

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