Oggetto del subprocedimento di cui all’art. 549 c.p.c. nell’espropriazione presso terzi è l’individuazione di crediti suscettibili di assegnazione forzata
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. III, 17 maggio 2025, n. 13131 – Pres. De Stefano – Rel. Fanticini
Espropriazione mobiliare presso terzi – Subprocedimento di accertamento dell’obbligo del terzo – Funzione
Massima: “La funzione del subprocedimento di accertamento dell’obbligo del terzo non è quella di ricostruire le vicende tra debitore e terzo suo debitore (com’era, invece, stato talora sostenuto con riguardo al giudizio di accertamento previsto dall’art. 548 c.p.c., prima delle modifiche introdotte dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228), bensì di stabilire, al solo fine della definizione della procedura espropriativa, se il terzo debitore, in esito all’eventuale ordinanza di assegnazione del credito, possa legittimamente liberarsi pagando al creditore procedente anziché al debitore e, cioè, se e in quanto avrebbe potuto farlo pagando a quest’ultimo”.
CASO
A una società che aveva commissionato un appalto a un’associazione temporanea d’imprese veniva notificato un atto di pignoramento diretto a sottoporre a espropriazione forzata i crediti vantati nei suoi confronti a titolo di corrispettivo da una delle imprese appartenenti all’associazione temporanea.
La società terza pignorata rendeva dichiarazione negativa, sostenendo che l’unico soggetto nei confronti del quale era obbligata fosse la capogruppo dell’associazione temporanea di imprese, nella sua qualità di mandataria; a seguito delle contestazioni mosse dal creditore procedente, il giudice dell’esecuzione espletava gli accertamenti prescritti dall’art. 549 c.p.c., all’esito dei quali escludeva l’esistenza dei crediti pignorati.
Avverso l’ordinanza resa dal giudice dell’esecuzione era proposta opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c., che veniva respinta dal Tribunale di Biella, secondo cui la capogruppo dell’associazione temporanea d’imprese ha la rappresentanza delle imprese mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni e per tutti gli atti dipendenti dall’appalto, sicché è l’unica legittimata a conseguire il pagamento del corrispettivo dell’appalto in virtù del mandato all’incasso conferitole, con obbligo di provvedere al successivo riparto di quanto percepito tra le imprese partecipanti secondo le rispettive spettanze.
La sentenza veniva gravata con ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
[1] La Corte di cassazione, pur dichiarando improcedibile il ricorso, ha affermato che la funzione propria del subprocedimento di accertamento delineato dall’art. 549 c.p.c. è quella di individuare crediti vantati dal debitore esecutato nei confronti del terzo pignorato che siano utilmente pignorabili e suscettibili di formare oggetto di assegnazione, sicché la sentenza impugnata aveva correttamente escluso che la società mandante appartenente all’associazione temporanea di imprese potesse essere considerata creditrice della stazione appaltante, giacché l’unico soggetto legittimato ad avanzare pretese nei confronti di quest’ultima era l’impresa mandataria, in virtù del mandato all’incasso di cui era titolare.
QUESTIONI
[1] La struttura dell’espropriazione mobiliare presso terzi è profondamente mutata dopo che – a seguito delle riforme introdotte dapprima dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, quindi dall’art. 13, comma 1, lett. m-ter), d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, in l. 6 agosto 2015, n. 132 – è stato eliminato il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo precedentemente previsto dall’art. 548 c.p.c. (che configurava un vero e proprio giudizio di cognizione ordinaria, la cui pendenza determinava la sospensione del processo esecutivo), sostituito da un subprocedimento interno al processo esecutivo medesimo, diretto e presieduto dallo stesso giudice dell’esecuzione, all’uopo investito di poteri di carattere accertativo in ordine all’esistenza dei crediti assoggettati a espropriazione forzata ai sensi dell’art. 543 c.p.c.
L’art. 549 c.p.c., nella sua formulazione attuale, stabilisce che, qualora la dichiarazione resa dal terzo pignorato ai sensi dell’art. 547 c.p.c. sia contestata o nel caso in cui non sia stata resa e non ricorrano le condizioni per l’esatta identificazione del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo che consenta di addivenire direttamente alla loro assegnazione, sulla scorta di quanto previsto dall’art. 548 c.p.c., il giudice dell’esecuzione, su istanza di parte, effettua – nel contraddittorio tra le parti e con il terzo – gli accertamenti necessari per risolvere in via sommaria le questioni relative all’esistenza della posizione debitoria del terzo; tali accertamenti sono destinati a esitare in un’ordinanza – impugnabile nelle forme e nei termini previsti dall’art. 617 c.p.c. – che produce effetti ai soli fini del processo esecutivo nell’ambito del quale è stata pronunciata e dell’esecuzione eventualmente promossa nei confronti del terzo pignorato in forza del provvedimento di assegnazione.
Il nuovo assetto degli accertamenti deputati a determinare se i crediti pignorati esistano o meno influisce anche sulla loro natura e sul loro oggetto, come ha spiegato chiaramente la Corte di cassazione con la sentenza che si annota.
Il pignoramento presso terzi, infatti, configura una forma di espropriazione forzata attraverso la quale il creditore procedente, per soddisfare le proprie ragioni, mira a conseguire la titolarità dei crediti che il debitore esecutato vanta nei confronti del terzo pignorato.
L’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., in questo senso, determina, a partire dal momento della sua emissione, la modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio nel lato attivo, verificandosi la sostituzione del debitore esecutato con il creditore procedente, che diventa, in questo modo, il soggetto nei confronti del quale il terzo pignorato (ossia l’originario debitore dell’esecutato) è tenuto ad adempiere la propria prestazione: in altre parole, l’ordinanza di assegnazione determina la cessione coattiva del credito vantato dal debitore esecutato verso il terzo pignorato, attribuendo al creditore assegnatario la medesima posizione creditoria che spettava al primo nei confronti del secondo, fermo restando che, in virtù di quanto disposto dall’art. 2928 c.c., l’effetto esdebitatorio a favore dell’esecutato ricollegato all’assegnazione si verifica solo a seguito della effettiva riscossione del credito assegnato.
Ne consegue che la funzione di accertamento dei crediti pignorati, prima demandata a un giudizio di cognizione autonomo rispetto al processo esecutivo e ora attribuita direttamente al giudice dell’esecuzione, deve intendersi diretta a stabilire l’esistenza o meno di tali crediti al solo fine della definizione della procedura espropriativa.
Ciò che assume rilievo, dunque, è non tanto e non solo la titolarità di una posizione soggettiva attiva in capo al debitore esecutato nei confronti del terzo pignorato, ma il fatto che la stessa obblighi il secondo ad adempiere in favore del primo, giacché solo in questo modo il debitor debitoris potrebbe legittimamente liberarsi pagando al creditore assegnatario, una volta emessa l’ordinanza di assegnazione e verificatasi la sostituzione soggettiva nel lato attivo della relativa obbligazione.
Pertanto, la funzione dell’attuale giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, deputato a svolgersi innanzi al giudice dell’esecuzione, non può che essere quella di individuare crediti esistenti e suscettibili di formare oggetto di assegnazione nei termini sopra indicati: deve trattarsi, cioè, di crediti con riguardo ai quali il pagamento effettuato dal terzo pignorato nelle mani del creditore assegnatario è in grado di determinare la liberazione tanto dell’esecutato nei confronti di quest’ultimo (in virtù della disposizione recata dall’art. 2928 c.c.), quanto del terzo nei confronti del suo originario debitore.
È questa, d’altro canto, la ragione per cui il legislatore, nel riscrivere l’art. 549 c.p.c., ha stabilito che l’ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione, una volta espletati gli accertamenti in questione, è destinata a non produrre effetti al di fuori del processo esecutivo in cui è stata pronunciata (con l’unica eccezione dell’espropriazione forzata promossa in forza di essa, in caso di mancato adempimento spontaneo del terzo pignorato).
In ciò si apprezza la differenza che corre tra il nuovo giudizio di accertamento endoesecutivo e quello che andava introdotto prima delle modifiche apportate all’art. 549 c.p.c., che, secondo la giurisprudenza, si concludeva con una sentenza dal duplice contenuto accertativo: l’uno riguardante il diritto di credito dell’esecutato nei confronti del terzo pignorato, idoneo ad acquistare autorità di cosa giudicata sostanziale tra le parti del rapporto; l’altro – di rilevanza meramente processuale – attinente all’assoggettabilità del credito pignorato all’esecuzione forzata (efficace nei rapporti tra creditore procedente e terzo pignorato e, come tale, rilevante ai soli fini dell’esecuzione in corso, secondo la forma dell’accertamento incidentale ex lege).
Alla luce di queste considerazioni, la Corte di cassazione ha potuto riscontrare – sia pure incidentalmente, vista l’assorbente declaratoria di improcedibilità del ricorso – la correttezza delle statuizioni rese con la pronuncia gravata.
È vero, infatti, che l’appartenenza di un’impresa a un’associazione temporanea non la spoglia dei crediti vantati nei confronti della stazione appaltante in ragione delle prestazioni eseguite nell’ambito della commessa, ma la priva soltanto della legittimazione a pretenderne l’adempimento per effetto del mandato all’incasso conferito alla capogruppo (nell’ambito del più ampio mandato con rappresentanza conferitole irrevocabilmente ex lege nell’interesse della stazione appaltante, per agevolarla nella tenuta dei rapporti con le imprese appaltatrici), cui, in questo modo, tale legittimazione viene attribuita in via esclusiva.
Ciò, tuttavia, è sufficiente per escludere che, nell’ambito dell’espropriazione mobiliare presso terzi, possa essere affermata l’esistenza di un credito dell’impresa mandante nei confronti della stazione appaltante utilmente pignorabile, ossia suscettibile di formare oggetto di assegnazione, proprio perché l’eventuale pagamento effettuato dal debitor debitoris nei confronti del creditore procedente in virtù dell’ordinanza di assegnazione non sarebbe liberatorio, visto che la legittimazione all’incasso appartiene solo ed esclusivamente all’impresa mandataria capogruppo.
In definitiva, l’accertamento dell’obbligo del terzo non può essere ridotto a una verifica sulla sussistenza e titolarità del credito assoggettato a pignoramento che risulti fine a se stessa (come poteva dirsi, al limite, nel vigore della disciplina precedente, in cui la sentenza che definiva il giudizio, essendo idonea a formare il giudicato, era destinata ad assumere un contenuto di carattere sostanziale in ordine al rapporto intercorrente tra debitore esecutato e terzo pignorato, ovvero sul suo modo di essere, precludendo eventuali future controversie aventi il medesimo ambito soggettivo e oggettivo), dato che l’espropriazione mobiliare presso terzi – rispetto alla quale l’accertamento ex art. 549 c.p.c. è funzionale – ha l’unico obiettivo di fare conseguire al creditore procedente l’assegnazione di un credito che lo stesso esecutato potrebbe fare valere nei confronti del terzo pignorato.
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