L’abusività delle clausole di un finanziamento ipotecario a consumatore pregiudica l’aggiudicazione a terzi dell’abitazione a seguito di vendita forzata (stragiudiziale)
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFContratti tra professionista e consumatore – Ipoteca concessa sull’abitazione familiare – Esecuzione forzata stragiudiziale – Mancata sospensione – Aggiudicazione – Impossibilità per il consumatore di ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione per l’esistenza di clausole abusive nel contratto posto a fondamento dell’esecuzione – Contrasto con la disciplina eurounitario a tutela del consumatore – Sussistenza
Massima: “Gli artt. 6 e 7 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993 ostano a una normativa nazionale che consente che un’esecuzione forzata stragiudiziale di una garanzia ipotecaria concessa da un consumatore a favore di un creditore professionista su un bene immobile che costituisce l’abitazione familiare di tale consumatore prosegua, nonostante sia stata proposta a un giudice una domanda di provvedimenti provvisori diretta alla sospensione di tale esecuzione e di indizi concordanti in ordine all’eventuale presenza di una clausola potenzialmente abusiva nel contratto posto a fondamento di detta esecuzione, senza prevedere alcuna possibilità di ottenere in via giudiziaria la nullità della stessa esecuzione in ragione dell’esistenza di clausole abusive in tale contratto.”
CASO
Due coniugi concludevano con una banca un contratto di finanziamento, concedendo ipoteca sulla loro casa di abitazione; il contratto prevedeva il rimborso rateale del finanziamento e la decadenza dal beneficio del termine in caso di ritardo nel pagamento.
A fronte dell’inadempimento dei mutuatari, la banca presentava una domanda di esecuzione forzata della garanzia ipotecaria mediante vendita all’asta stragiudiziale, secondo quanto stabilito dalla normativa slovacca.
I mutuatari adivano il tribunale affinché fosse ingiunto alla banca di astenersi dal dare corso alla vendita all’asta, sostenendo l’assenza di un accordo che la legittimasse e la violazione dei loro diritti di consumatori; poiché il tribunale respingeva l’istanza di sospensione provvisoria, l’immobile era aggiudicato all’esito del secondo esperimento di vendita.
Essendosi i mutuatari rifiutati di liberare l’immobile, l’aggiudicatario proponeva una domanda di sfratto, che, inizialmente respinta, veniva alfine accolta, a seguito del rigetto della domanda dei mutuatari di accertare l’illegittimità del procedimento di vendita stragiudiziale dell’immobile.
La sentenza veniva impugnata e il giudice dell’impugnazione, ravvisando una sproporzione tra la violazione dell’obbligo di rimborso rateale del finanziamento e le conseguenze alla stessa associate, sospendeva il procedimento e chiedeva alla Corte di giustizia dell’Unione europea di dichiarare se la disciplina comunitaria a tutela dei consumatori osti a una normativa nazionale che consente l’espropriazione forzata stragiudiziale di un bene ipotecato in forza di un contratto di mutuo, nonostante sia stato chiesto di accertare l’abusività della clausola che la prevede e di sospendere l’esecuzione.
SOLUZIONE
[1] La Corte di giustizia dell’Unione europea ha affermato che è in contrasto con la disciplina a tutela del consumatore una normativa nazionale che consente l’esecuzione forzata stragiudiziale di una garanzia ipotecaria avente per oggetto un’abitazione familiare, nonostante la pendenza di una domanda di sospensione della stessa e la sussistenza di elementi deponenti nel senso della presenza di una clausola contrattuale abusiva all’origine di tale esecuzione, soprattutto quando non sia prevista la possibilità di ottenere, successivamente all’aggiudicazione dell’immobile, una dichiarazione giudiziale di nullità della stessa.
QUESTIONI
[1] Con la sentenza che si annota, la Corte di giustizia dell’Unione europea, esaminando le questioni sollevate da un giudice slovacco, pone un altro tassello nella ricostruzione della tutela del consumatore assicurata dalla disciplina comunitaria.
Il sistema istituito con la direttiva 93/13/CEE si basa sul presupposto che il consumatore si trova in una posizione di inferiorità nei confronti del professionista, sia per quanto riguarda il potere negoziale, sia per quanto concerne il livello di informazione.
Per principio ormai consolidato, il giudice nazionale, onde ovviare allo squilibrio che esiste tra consumatore e professionista, è tenuto a esaminare – anche d’ufficio – la natura abusiva di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13/CEE, a partire dal momento in cui dispone degli elementi necessari per farlo, nonché a disapplicarla, affinché non produca effetti vincolanti nei confronti del consumatore.
Fermo restando ciò, le normative nazionali debbono assicurare l’effettività dei diritti spettanti ai consumatori, anche nell’ambito delle azioni giudiziarie dirette a farli valere e delle procedure di esecuzione forzata: in particolare, non dev’essere reso impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti ai consumatori dal diritto comunitario, sicché le caratteristiche specifiche dei procedimenti non possono pregiudicare la tutela giuridica di cui devono godere i consumatori.
Così, secondo i giudici comunitari, quando il procedimento di esecuzione forzata si concluda prima della pronuncia della decisione di merito che dichiara il carattere abusivo della clausola contrattuale all’origine di detta esecuzione e la conseguente nullità del procedimento, la possibilità per il consumatore di fruire solo di una protezione a posteriori, sotto forma di risarcimento, è da considerarsi un mezzo di tutela incompleto, insufficiente, inadeguato e inefficace.
In questo contesto, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha ribadito che, una volta avvenuto il trasferimento coattivo del bene al terzo che se ne è reso aggiudicatario, al giudice non è più consentito esaminare il carattere abusivo di clausole contrattuali per dichiarare la nullità degli atti che hanno trasferito la proprietà del bene espropriato, perché ciò significherebbe rimettere in discussione la certezza giuridica di tale trasferimento.
Nel caso di specie, tuttavia, i consumatori si erano tempestivamente attivati, proponendo un ricorso diretto a impedire la prosecuzione della vendita forzata stragiudiziale prevista dal contratto di finanziamento e dalla normativa slovacca di riferimento, chiedendone la sospensione; inoltre, nel corso dell’esperimento di vendita conclusosi con l’aggiudicazione dell’immobile, avevano espressamente rappresentato la pendenza di un procedimento volto a ottenere la sospensione dell’esecuzione forzata per la presenza di una clausola potenzialmente abusiva nel contratto posto a fondamento della stessa.
Ciononostante, il procedimento era proseguito e si era concluso senza alcun controllo giurisdizionale al riguardo, sebbene esistessero elementi che deponevano nel senso del carattere potenzialmente abusivo della clausola denunciata.
Per questo motivo, i giudici comunitari hanno sottolineato che, per assicurare piena effettività alla tutela dei consumatori, occorre riconoscere loro la possibilità di contestare la legittimità del trasferimento della proprietà dell’immobile all’aggiudicatario, perché, in un simile contesto, la tutela della certezza giuridica del trasferimento non può essere considerata di carattere assoluto e prevalente.
Gli artt. 6 e 7 della direttiva 93/13/CEE, infatti, devono essere interpretati nel senso che rientra nel loro campo di applicazione un procedimento giudiziario caratterizzato da un’esecuzione forzata stragiudiziale conclusasi con l’aggiudicazione a un terzo dell’immobile oggetto di ipoteca e in cui il consumatore contesti la legittimità del trasferimento coattivo in ragione dell’esistenza di clausole abusive nel contratto posto a fondamento dell’esecuzione, a condizione che si sia tempestivamente attivato al fine di ottenere un controllo giurisdizionale di tali clausole.
Il fatto che la legge slovacca consenta l’escussione di una garanzia ipotecaria concessa su un’abitazione familiare sulla base di un contratto di finanziamento senza il preventivo intervento di un controllo giudiziale in ordine al fondamento del credito stesso e, in particolare, con riguardo alla presenza di eventuali clausole vessatorie, evidenzia un contrasto con la normativa comunitaria dettata a tutela del consumatore: quest’ultima non ammette che un professionista possa procedere al recupero delle somme dovutegli mediante la vendita coattiva dell’abitazione familiare del consumatore al di fuori di qualsiasi procedimento giudiziario, ovvero nell’ambito di una procedura esecutiva stragiudiziale, soprattutto se quest’ultima può proseguire anche qualora sia pendente innanzi a un giudice una domanda diretta a ottenerne la sospensione e può così giungere a conclusione – con il trasferimento a un terzo della proprietà dell’immobile – pur in presenza di elementi che inducono a ritenere sussistente la denunciata abusività della clausola contestata.
La mera possibilità di sospendere la vendita all’asta, d’altra parte, non assicura al consumatore un controllo giurisdizionale delle clausole potenzialmente abusive prima del trasferimento, mentre l’art. 7 della direttiva 93/13/CEE esige che egli non sia privato di una tale possibilità quando il procedimento esecutivo sia stato avviato in forza di un titolo esecutivo fondato su una clausola contrattuale la cui validità è contestata in giudizio in ragione del suo carattere abusivo: in effetti, la normativa comunitaria mira a evitare che la decisione sul ricorso di merito, che dovesse accertare il carattere abusivo di tale clausola, procuri al consumatore solo una tutela successiva e meramente risarcitoria, che sarebbe incompleta e insufficiente.
Da ultimo, va segnalato che la medesima Corte di giustizia dell’Unione europea, con sentenza del 3 luglio 2025 emessa nella causa n. C-582/23, ha esteso l’ambito di tutela del consumatore anche nel settore concorsuale: statuendo, nell’ambito di un giudizio di rinvio originato da un caso polacco, che, in assenza di un preventivo esame circa il carattere abusivo di clausole contenute in un contratto di mutuo ipotecario, il diritto comunitario impone al giudice fallimentare di effettuare d’ufficio tale valutazione, traendone le necessarie conseguenze, financo nell’ipotesi in cui l’elenco dei crediti redatto dal curatore abbia acquisito autorità di cosa giudicata, prevalendo anche in questo caso l’interesse pubblico alla protezione dei consumatori, la giurisprudenza comunitaria amplia ulteriormente l’ombrello protettivo apprestato della disciplina consumeristica, ponendo seri interrogativi sulla compatibilità delle soluzioni enunciate con le regole di carattere sostanziale e processuale dettate dagli ordinamenti interni.
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