8 Luglio 2025

Violenza domestica e addebito nella separazione

di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile sez. I, ordinanza del 30/05/2025 n.14465

Addebito della separazione – condotte di violenza e nesso causale

(art. 151 c.c.)

Massima: “Ai fini dell’accertamento della violazione dei doveri matrimoniali, in caso di condotte di volenza fisica o morale, non è rilevante che la violenza si sia verificata dopo che il coniuge abbia già lasciato la casa coniugale. Il comportamento violento nella relazione coniugale è una violazione talmente grave da fondare, di per sé, la pronuncia di separazione personale, in quanto causa di intollerabilità del rapporto, oltre che la dichiarazione di addebito in capo all’autore.”

CASO

Un uomo introduce un ricorso per la separazione dalla moglie chiedendo la pronuncia di addebito in capo alla stessa, sostenendo di essere stato costretto ad allontanarsi dalla causa coniugale già da qualche tempo a causa delle condotte della moglie e ai continui litigi che avevano reso la prosecuzione della convivenza insopportabile. Il tribunale, nonostante le reciproche richieste dei coniugi, pronuncia la separazione senza addebito e la moglie impugna la sentenza. La Corte di appello, riconoscendo le ragioni della donna, addebita la separazione al marito.

Durante il giudizio di appello, la moglie aveva allegato anche due certificati del Pronto soccorso del 2019 e del 2021, che attestavano le lesioni subite in seguito alle condotte violente del marito.

I giudici della Corte avevano ricostruito le vicende familiari anche tramite l’audizione di testi, e avevano accertato gli episodi di violenza del marito nei confronti della donna. Al contrario il marito sosteneva che si trattava di discussioni che talvolta degeneravano ma che erano riconducibili al grave conflitto esistente tra i due. Anzi era la moglie che maltrattava il marito con atteggiamenti di disprezzo, motivo per cui si era deciso a lasciare la casa coniugale.

La donna replicava che in realtà dopo l’allontanamento i coniugi avevano tentato un percorso di terapia di coppia auspicando una riconciliazione e che proprio l’episodio del 2019, a seguito del quale venne redatto il referto, l’aveva resa consapevole della irreversibilità della crisi coniugale.

L’uomo ricorre in Cassazione lamentando in primis la violazione delle norme sulle prove nel giudizio di appello, sostenendo che la produzione dei certificati medici non fosse ammissibile nel giudizio perché tardiva. Inoltre, quegli episodi non potevano essere ricollegati alla condotta tenuta durante la convivenza e all’addebito della separazione, perché si riferivano ad un momento in cui la relazione era già cessata.

La Cassazione respinge il ricorso dell’uomo.

SOLUZIONE

La condotta di violenza va oltre l’addebito

La Corte rammenta che per consolidato orientamento giurisprudenziale, le violenze fisiche o morali ma anche solo un unico episodio di percosse, costituiscono violazioni talmente gravi da incidere direttamente sul presupposto della intollerabilità della convivenza e quindi della domanda di separazione. In tal caso, il giudice non compie una comparazione delle condotte e non rileva il nesso causale tra le condotte e la fine della relazione ai fini dell’addebito. Si tratta di atti – sostiene la Cassazione – che, per la loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei (Cass. Civ. n. 22294/2024 e Cass. n. 31351/2022).

Non assume rilevanza il fatto che l’uomo avesse già lasciato l’abitazione coniugale che anzi può essere valutata come condotta contraria ai doveri matrimoniali in assenza di una giusta causa.

Con riguardo, infine, alla questione dell’utilizzo delle prove in appello la Cassazione precisa che nell’appello in materia di separazione, così come per quello di divorzio, i limiti posti dall’art. 345 c.p.c. hanno portata circoscritta ai diritti così detti disponibili delle parti.

In base al materiale istruttorio la Corte di merito ha correttamente ricostruito le dinamiche familiari, verificando almeno tre episodi di violenza fisica e psicologica, e non solo discussioni come sostenuto, posti in essere dal marito in danno della moglie, anche quando era in stato di gravidanza e anche per motivi futili.

QUESTIONI

Le nuove norme contro la violenza domestica

In seguito all’entrata in vigore della riforma Cartabia è ora possibile ricorrere al giudice civile in caso di violenza domestica o abusi contro il convivente o figli, indipendentemente e prima dell’eventuale procedimento di separazione o divorzio.

Le diposizioni di cui agli artt. 473 bis. 40 e seguenti c.p.c. prevedono un procedimento ad hoc con tutela immediata e rafforzata che prevede un onere probatorio meno rigoroso per la vittima, ampi poteri istruttori per il giudice, lo scambio degli atti dei procedimenti relativi agli abusi e alle violenze anche in sede penale e la non previsione della mediazione familiare.

La giurisprudenza corrente in materia di violenza in famiglia considera, comunque, non direttamente collegato l’esito del giudizio penale contro l’autore della violenza o dei maltrattamenti.

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Diritto e processo della famiglia