15 Luglio 2025

Profili essenziali del contratto di apertura di credito

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

L’apertura di credito – nella pratica bancaria nota anche come fido o affidamento bancario – è il contratto col quale la banca (accreditante) si obbliga a tenere a disposizione dell’altra parte (accreditato) una somma di denaro per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato (art. 1842 c.c.), con facoltà dell’accreditato di utilizzare tale somma secondo le modalità convenute.

L’oggetto dell’apertura di credito – che ha trovato la propria sistemazione dogmatica ad opera del Messineo – non è il godimento di una somma ma il godimento di una disponibilità (Cass. 6 maggio 1969 n. 1539): tale circostanza differenzia e caratterizza l’apertura di credito rispetto ad altri contratti di credito, imperniati sulla erogazione delle somme (Cass. 4 febbraio 2000 n. 1225). È dunque una operatività riconducibile nell’ambito delle operazioni attive o di impiego della banca: l’apertura di credito è anzi il principale contratto bancario attivo (di regola collegato ad un contratto di conto corrente), cui fa ricorso chiunque abbia l’esigenza di avere costantemente a disposizione una certa somma di denaro per fronteggiare future ed eventuali necessità finanziarie, al momento non determinabili.

L’apertura di credito è sostanzialmente un contratto di credito autonomo, intuitu personae (la morte dell’accreditato persona fisica o la sua sopravvenuta incapacità determinano lo scioglimento del rapporto, intrasmissibile mortis causa agli eredi), consensuale (Cass. 15 maggio 1991 n. 5448; Cass. 6 marzo 2009 n. 5568) ad effetti obbligatori (non è richiesta la consegna del denaro per il suo perfezionamento), oneroso (è dovuta una provvigione per la messa a disposizione delle somme da parte della banca e il pagamento degli interessi sugli importi utilizzati), a prestazioni corrispettive e di durata.

Il contratto di apertura di credito, vale ribadire, conferisce all’interessato non già una somma di denaro, ma una mera disponibilità finanziaria (cui non corrisponde un obbligo del cliente di sua utilizzazione): la somma in affidamento (c.d. provvista) rimane in proprietà della banca accreditante fino al momento della sua effettiva utilizzazione da parte dell’accreditato; è soltanto con il prelevamento che l’accreditante diventa creditore e l’accreditato debitore, essendo tenuto da tale momento alla restituzione dell’importo utilizzato, con i relativi interessi. In definitiva, l’accreditato ha la disponibilità economica delle somme messe a disposizione dalla banca; con l’effettuazione di uno o più prelevamenti l’accreditato ne acquisisce anche la disponibilità giuridica (proprietà) (Cass. 16 aprile 2021 n. 10117; Cass. 13 dicembre 1969 n. 3956; Cass. 9 settembre 2004 n. 18182).

Da quanto precede discendono importanti conseguenze: a) poiché il credito del correntista non è né liquido né esigibile prima della concreta utilizzazione della somma, deve escludersi che fino a quel momento detta somma sia produttiva di interessi; b) la predetta condizione di illiquidità ed inesigibilità del credito impedisce che, a fronte della semplice conclusione del contratto, possa attuarsi alcuna compensazione tra detto credito e altro ipotetico credito vantato dalla banca nei confronti del proprio cliente (Cass. 16 aprile 2021 n. 10117; Cass. 22 marzo 1994 n. 2742).

Quando il cliente utilizza la provvista messagli a disposizione dalla banca, sorge l’obbligo a suo carico di restituire le somme prelevate, maggiorate del pagamento degli interessi stabiliti per contratto, che decorrono dal momento dell’utilizzo del fido. La determinazione del tasso d’interesse dipende dal grado di rischiosità dell’affidato, dalla presenza di garanzie e dalla forza contrattuale del cliente.

L’obbligo di restituzione del capitale (c.d. rientro dal fido) deve essere adempiuto alla scadenza prestabilita se l’apertura di credito è a tempo determinato oppure quando una delle due parti dichiari, previo preavviso, di recedere dal contratto nell’apertura di credito a tempo indeterminato (art. 1845 c.c.). La scadenza del termine contrattualmente pattuito nell’apertura di credito a tempo determinato comporta lo scioglimento del rapporto, l’interruzione dell’utilizzo del denaro messo a disposizione e l’obbligo di restituzione delle somme utilizzate.

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