Onere di allegazione nell’eccezione di prescrizione estintiva
di Chiara Pisciuneri Scarica in PDFCass., sez. III, 20 ottobre 2025, n. 27934, Pres. Frasca, Rel. Iannello
Massima: “In tema di prescrizione estintiva, elemento costitutivo della relativa eccezione è l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio, mentre la determinazione della durata di questa, necessaria per il verificarsi dell’effetto estintivo, si configura come una quaestio iuris concernente l’identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale per esso previsto dalla legge. Ne consegue che la riserva alla parte del potere di sollevare l’eccezione implica che ad essa sia fatto onere soltanto di allegare il menzionato elemento costitutivo e di manifestare la volontà di profittare di quell’effetto, non anche di indicare direttamente o indirettamente (cioè attraverso specifica menzione della durata dell’inerzia) le norme applicabili al caso di specie, l’identificazione delle quali spetta al potere – dovere del giudice”.
CASO
[1] Diversi medici specializzati convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la Presidenza del Consiglio dei Ministri e gli allora Ministeri dell’Università e della Ricerca, dell’Economia e delle Finanze e del Lavoro, Salute e Politiche Sociali per il risarcimento dei danni da mancata attuazione delle direttive 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE, in punto di adeguata retribuzione dei medici specializzandi in formazione negli anni precedenti all’anno accademico 1991/1992 (anno a partire dal quale lo Stato, con il d.lgs. 257/1991 ha riconosciuto, in via generale ed in attuazione delle soprammenzionate direttive, il diritto dei medici specializzandi di percepire una borsa di studio).
Il Tribunale di Roma, individuata quale unica legittimata passiva l’amministrazione statale e, pertanto, la sola Presidenza del Consiglio dei Ministri, rigettava la domanda di alcuni degli attori, accogliendo l’eccezione di prescrizione sollevata dalla convenuta.
Parte degli attori soccombenti proponevano appello innanzi alla Corte d’Appello di Roma, la quale rigettava tutti i gravami proposti ad eccezione di uno.
La sentenza era oggetto di due distinti ricorsi per cassazione, affidati a vari motivi, che venivano riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c. in quanto relativi al medesimo provvedimento.
Per quanto qui di interesse, i ricorrenti denunciavano, ai sensi dell’art. 360, comma I, n. 4, c.p.c., violazione e falsa applicazione della legge processuale, ovverosia dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 4, comma 43, L. 183/2011 (relativo alla prescrizione per mancata attuazione di direttive comunitarie), all’art. 6, comma 2, d.lgs. 257/1991 (in punto di borse di studio riconosciute ai medici specializzandi) e agli artt. 2947 e 2948 c.c., rilevando che il giudice del gravame avrebbe accolto l’eccezione di prescrizione non basandosi sulle norme richiamate dall’amministrazione statale, bensì riqualificandola e applicando un termine di prescrizione decennale per responsabilità contrattuale, con dies a quo individuato nella data di entrata in vigore dell’art. 11 della L. 370/1999 (con cui il legislatore ha circoscritto il riconoscimento del diritto alla retribuzione per gli anni accademici da 1983-1984 a 1990-1991 ai soli medici destinatari di un accertamento giudiziale del TAR Lazio passato in giudicato).
I ricorrenti denunciavano, altresì, la violazione dei principî del giusto processo e del diritto di difesa, ai sensi degli artt. 24, 101 e 111 Cost., ritenendo che la Corte d’Appello avesse operato una cd. «decisione della terza via», riqualificando l’eccezione di prescrizione sulla base di norme diverse da quelle dedotte dalla convenuta, senza preventiva provocazione del contraddittorio sul punto.
Oltre a ciò, censuravano il dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale individuato dalla Corte di merito, ritenendo che lo stesso non potesse decorrere in presenza di un adempimento solo parziale degli obblighi comunitari e che, comunque, lo stesso non potesse decorrere da data anteriore al 6 luglio 2007, data di emanazione dei decreti attuativi del d.lgs. 368/1999, a partire dalla quale, secondo diverse sentenze di Tribunali di merito, i medici avrebbero acquisito la certezza che non avrebbero percepito il compenso.
SOLUZIONE
[1] La Corte ha giudicato inammissibili i motivi di ricorso soprammenzionati.
Preliminarmente, richiamandosi a giurisprudenza consolidata (ex multis Cass., sez. III, 11 gennaio 2005, n. 359; Cass., SSUU, 20 marzo 2017, n. 7074), ha rilevato come il motivo di impugnazione, per essere rispondente al dettato normativo di cui all’art. 366 c.p.c, debba essere corredato tanto dell’individuazione dell’enunciato della sentenza impugnata ritenuto erroneo, quanto della prospettazione della soluzione ritenuta corretta.
I primi due motivi di ricorso, come sopra ricostruiti, risultavano, secondo la Corte, del tutto avulsi dal confronto con la sentenza impugnata, ove, invero, emergeva che le parti, già in primo grado, avessero discusso del termine di prescrizione decennale con decorso a partire dalla data di entrata in vigore dell’art. 11 della L. 370/1999, dovendosi, pertanto, ontologicamente, escludere una cd. decisione della terza via.
In ogni caso, al di là della loro inammissibilità, ai sensi dell’art. 366, comma I, n. 4, c.p.c., essi, a detta della Suprema Corte, si appalesavano come manifestamente infondati.
In proposito, la Cassazione ha precisato che, ai fini del corretto spiegamento di una eccezione di prescrizione, la parte è onerata solamente dell’allegazione del relativo elemento costitutivo, ovverosia l’inerzia, protratta nel tempo, del titolare del diritto e della volontà di profittare dell’effetto estintivo, non dovendosi necessariamente indicare, invece, le norme applicabili, anche per il tramite della indicazione della durata dell’inerzia, posto che la qualificazione giuridica del diritto azionato e del relativo regime prescrizionale rientra nel potere-dovere ufficioso del giudice (Cass., SSUU, 25 luglio 2002, n. 10955).
Con riguardo, invece, alla censura relativa al dies a quo, la Corte si è richiamata ad un indirizzo consolidato (ex multis Cass., SSUU, 27 novembre 2018, n. 30649; Cass., SSUU, 9 giugno 2022, n. 18640) con cui è stato chiarito che il diritto al risarcimento del danno da tardiva e incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE si prescrive nel termine decennale, decorrente dalla data di entrata in vigore (27 ottobre 1999) della L. 370/1999, il cui art. 11 ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore di quanti, tra i medici che hanno frequentato la specializzazione negli anni accademici da 1983-1984 a 1990-1991, risultassero beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo, così appalesandosi la ragionevole certezza, per i medici esclusi dall’operatività del menzionato art. 11, che lo Stato non avrebbe più adottato norme in attuazione delle direttive europee.
Sebbene i ricorrenti, nella stesura del motivo di ricorso de quo, si siano riferiti a sentenze di merito che andavano in senso contrario al menzionato orientamento, la Suprema Corte ha evidenziato come, alla base delle sentenze citate, vi fossero delle argomentazioni già affrontate e confutate da numerosi arresti della Corte di Cassazione, sicché il motivo doveva considerarsi privo del requisito della novità degli argomenti per mutare o confermare l’orientamento consolidato, richiesto dall’art. 360-bis, n. 1, c.p.c., ai fini dell’ammissibilità dello stesso.
QUESTIONI
[1] La sentenza affronta il tema dell’eccezione di prescrizione estintiva e del corrispondente onere allegativo della parte eccipiente, ai fini della corretta proposizione dell’eccezione medesima.
Come noto, l’art. 2938 c.c. prevede che «il giudice non [possa] rilevare d’ufficio la prescrizione non opposta», sicché la relativa eccezione rientra nella categoria delle cd. eccezioni in senso stretto.
Si definiscono eccezioni in senso stretto quelle difese del convenuto in cui la deduzione in giudizio del fatto estintivo, modificativo o impeditivo in funzione reiettiva della domanda avversaria sia esclusivamente riservata all’iniziativa della parte, per espressa previsione di legge, ovvero perché si tratti di far valere, in via d’eccezione, un diritto della parte che potrebbe essere reso oggetto di una autonoma domanda (cd. eccezioni riconvenzionali). [Cfr., a tal riguardo, L.Dittrich, Diritto processuale civile, I, Milano, 2025, p. 1318 ss.; G.Fanelli, L’ordine delle questioni di rito nel processo civile in primo grado, Pisa, 2020, p. 104 ss.; R.Oriani, voce Eccezione, in Dig. it., disc. priv., sez. civ., Torino, 1991, § 5 e ss.].
In tema di eccezioni, la giurisprudenza ha più volte precisato come la regola generale sia quella del rilievo ex officio (cd. eccezioni in senso lato), sicché si identificano nella categoria delle eccezioni in senso stretto solo quelle per cui «la manifestazione della volontà della parte sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva (come nel caso di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un’azione costitutiva), ovvero quando singole disposizioni espressamente prevedano come indispensabile l’iniziativa di parte, dovendosi in ogni altro caso ritenere la rilevabilità d’ufficio dei fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultanti dal materiale probatorio legittimamente acquisito ». (Cfr. Cass., sez. VI, 13 gennaio 2012, n. 409; Cass., sez. lav, 20 maggio 2010, n. 12353; Cass., SSUU, 3 febbraio 1998, n. 1099).
L’eccezione in senso stretto è soggetta al ristretto termine preclusivo di cui all’art. 167 c.p.c. (o dell’art. 416 c.p.c. per quanto concerne le controversie che seguono il rito del lavoro), pertanto, la parte è onerata della sua proposizione, a pena di decadenza, con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata, essendone espressamente escluso il rilievo ufficioso (cfr. E.Merlin, Elementi di diritto processuale civile, Pisa, 2017, p. 86 ss.).
Poste queste brevi premesse, debbono individuarsi i confini precisi dell’onere allegativo della parte, in ordine all’eccezione di prescrizione estintiva e, in particolare, ci si deve chiedere se la parte eccipiente sia tenuta ad indicarne il tipo legale (prescrizione ordinaria o breve) e la durata.
Sul punto, la sentenza in commento, inserendosi all’interno di un filone giurisprudenziale già consolidato (cfr., ex plurimis, Cass. SSUU, 25 luglio 2002, n. 10955; Cass., sez. I, 25 luglio 2016, n. 15337; Cass., sez. III, 12 dicembre 2019, n. 32485,) ha osservato che, ai fini del compiuto e corretto spiegamento di una eccezione di prescrizione estintiva, la parte ha il solo onere di allegare la sussistenza di una inerzia del titolare del diritto e di manifestare la propria volontà di profittare dell’effetto che naturalmente l’ordinamento le ricollega, rientrando l’identificazione del tipo legale e della durata nel potere-dovere di qualificazione giuridica del giudice, in ossequio al generale principio dello iura novit curia.
Ne discende che non incorre in alcuna preclusione la parte che, in comparsa di costituzione, abbia eccepito una prescrizione ordinaria decennale e, in corso di causa, invochi la prescrizione breve quinquennale; né rileverebbe l’erronea individuazione del dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale, ben potendo il giudice accogliere l’eccezione di prescrizione, fondandola su norme giuridiche diverse da quelle richiamate, ovvero facendo decorrere il corso della prescrizione da un momento diverso da quello individuato dalla parte eccipiente.
Questi profili rientrano nella categoria delle quaestiones iuris, rispetto alle quali il giudice non è in alcun modo vincolato alle allegazioni delle parti, purché venga rispettato il contraddittorio, ai sensi dell’art. 101, comma II, c.p.c., onde evitare di incorrere in decisioni cd. «della terza via». (cfr. Cass., sez. I, 22 maggio 2007, n. 4238, Cass., sez. I, 27 luglio, n. 15631, Cass., sez. lav, 27 ottobre 2021, n. 30303). [V.Baroncini, Alcuni chiarimenti sul rilievo in giudizio dell’eccezione di prescrizione estintiva, in Euroconference Legal, 21 gennaio 2020; D.Buoncristiani, Il nuovo art. 101, comma 2°, c.p.c., sul contraddittorio e sui rapporti tra parti e giudice, in Riv. dir. Proc., 2010, p. 407 ss.; L.P.Comoglio, voce Contraddittorio, in Dig. it., disc. priv., sez. civ, Torino, 1989, §18].
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