4 Novembre 2025

L’estinzione della società e la revoca della cancellazione, nella prospettiva della apertura della liquidazione giudiziale

di Federica Pasquariello, Ordinario di Diritto commerciale, Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cassazione Civile, Sez. I,  1 aprile 2025, n. 8647 (ordinanza) Scoditti Presidente – Valentino Relatore

Cancellazione di società dal R.I. – Cancellazione di cancellazione – Presunzione di prosecuzione dell’attività – Sussistenza – Soggezione a fallimento/Liquidazione giudiziale

Parole chiave: Società – Società cancellata – Società estinta – Revoca della cancellazione- Liquidazione giudiziale/fallimento

Massima: “In tema di dichiarazione di fallimento delle società, ai fini del rispetto del termine annuale previsto dall’art. 10 l. fall., l’iscrizione nel registro delle imprese del decreto con cui il giudice ordina ex art. 2191 c.c. la cancellazione della pregressa cancellazione della società già iscritta, fa presumere – sino a prova contraria – la continuazione dell’attività d’impresa, considerato che l’iscrizione del detto decreto rende opponibile ai terzi l’insussistenza delle condizioni che avevano dato luogo alla precedente cancellazione della società e determina altresì, con effetto retroattivo, il venir meno dell’estinzione di quest’ultima in quanto non effettivamente verificatasi”.

Riferimenti normativi:  art. 2191 c.c.; art. 10 l. fall.; art. 33 c.c.i.i.

CASO

Mediante ricorso per Cassazione si denuncia, inter alia, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2191 c.c. (in combinato disposto con la l.n..108/1996, cd. Legge Antiusura e con l’art. 10 l.n. 136/1999), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Si contesta che la Corte di Appello di Roma avesse omesso di considerare che la ricorrente aveva provveduto al deposito di istanza presso il giudice camerale, il quale aveva emesso ordine di riattivazione della società avendo stabilito la continuazione dell’attività con effetti ex tunc, facendo presumere sino a prova contraria la continuazione dell’attività di impresa.

SOLUZIONE

La S.C. ritiene che la censura sia per questa parte fondata: il giudice del rinvio dovrà esaminare la circostanza della cancellazione della pregressa cancellazione dell’iscrizione nel registro delle imprese,  trattandosi di fatto decisivo perché l’iscrizione nel registro delle imprese del decreto con cui il giudice del registro, ai sensi dell’art. 2191 c.c., ordina la cancellazione della pregressa cancellazione della società già iscritta fa presumere sino a prova contraria la continuazione dell’attività d’impresa. Infatti  il rilievo di regola solo dichiarativo della pubblicità comporta che l’iscrizione del detto decreto renda opponibile ai terzi l’insussistenza delle condizioni che avevano dato luogo alla cancellazione della società alla data in cui questa era stata iscritta e determina altresì, con effetto retroattivo, il venir meno dell’estinzione della società per non essersi questa effettivamente verificata (da ultimo Cass., n. 20907/23).

COMMENTO

La pronuncia risulta pienamente condivisibile. Essa offre lo spunto per svolgere ulteriori approfondimenti. Viene in considerazione la pratica, nota a certa giurisprudenza ([1]) e per taluni versi condivisa in letteratura ([2]), di dare luogo alla rimozione della cancellazione di una società ogni volta che la sua liquidazione volontaria possa dirsi non esaustivamente – e, dunque, non correttamente – compiuta, così da riavviare la liquidazione medesima, chiusa troppo frettolosamente o financo opportunisticamente e riaprire poi i termini per la eventuale fallibilità/soggezione a LG.

Giova premettere che è scontato che, a mente dell’art. 2189, comma 2, c.c., la formale carenza delle condizioni di legge possa comportare la cancellazione di una iscrizione: ad esempio, per l’errore nella individuazione dell’Ufficio del registro territorialmente competente; o per l’iscrizione di atto non tipico. Ovvero, più in particolare, e quanto alla cancellazione della società,  se la domanda non fosse stata autenticamente sottoscritta dai liquidatori; o non offrisse in allegato un bilancio di liquidazione da quelli pure sottoscritto; o si trattasse di bilancio di liquidazione non approvato, in pendenza del termine per l’opposizione dei soci ([3]). Scontato sottolineare che  di certo non rileva, ai fini della revoca della cancellazione, lo stato soggettivo della società ( in persona dei suoi liquidatori e con la eventuale connivenza dei soci); poiché questo rimedio non riguarda le sole cancellazioni frodatorie o abusive, ma anche quelle che, pure irregolari, siano state effettuate in buona fede.

Si può osservare che l’ipotesi si colloca su un piano altro rispetto a quello che ha formato oggetto delle pronunce a SS.UU. della Cassazione sulla cancellazione delle società ([4]): se in queste ultime sentenze si opera la destinazione ( ai soci) dei rapporti sociali sopravvissuti alla liquidazione, ora si sta considerando il caso che una cancellazione sia stata iscritta, benché in presenza di un vizio che ne avrebbe dovuto comportare il rifiuto; ma ciò, pure in relazione ad una società la cui liquidazione fosse effettivamente esaurita, in ipotesi escludendosi che sussistessero rapporti giuridici ancora in essere. Tuttavia, si può dare che le due situazioni si cumulino nella medesima fattispecie: e quindi, che sia erroneamente eseguita una cancellazione, secondo uno dei casi appena sopra esemplificati, ed in relazione ad una società alla quale pure erano imputabili debiti, crediti o processi pendenti. Così che gli effetti successori descritti dalla Cassazione ed automaticamente prodotti dalla cancellazione dovranno essere caducati ( salvi quegli effetti irreversibili che si potrebbero verificare) a seguito della rimozione della cancellazione, che comporta la reviviscenza della società e la riapertura della liquidazione. Non è questo, però, il caso che interessa ora.

Interessa ora acquisire il dato della non assoluta incompatibilità tra il dettato delle Sezioni Unite e l’applicazione dell’art. 2191 c.c. alla cancellazione. E interessa interrogarsi, a questo punto, se accanto alle indiscusse ipotesi di rimozione di una cancellazione avvenuta contra legem  ne siano configurabili altre, fondate su vizi di validità degli atti dei quali si domanda l’iscrizione; se non, addirittura, su vizi di merito o di ordine sostanziale.

Questo ultimo quesito dovrebbe ricevere risposta negativa ([5]). Innanzitutto, perché manca un fondamento normativo certo: anzi, è pacifica la lettura della disciplina fornita dall’art. 2189 c.c. nel senso che, rispetto ad ogni domanda di iscrizione al Registro imprese di atti per i quali l’iscrizione è prevista, gli uffici svolgano solo un riscontro dei requisiti per l’iscrivibilità ([6]). Ed in sede di iscrizione di una  cancellazione  il Conservatore si limita a  verificare se la domanda è accompagnata dal deposito del bilancio finale di liquidazione approvato, con annesso piano di riparto, il tutto sottoscritto dai liquidatori. Mentre va escluso che formi oggetto di valutazione  la correttezza del ( pluriennale ) procedimento di liquidazione o la verità ed esattezza del bilancio finale non opposto e depositato. Quindi pare conseguente ritenere che il vizio di validità degli atti depositati, attingendo al merito, come non forma oggetto di vaglio in sede di accettazione della iscrizione, nemmeno possa poi fondare la pretesa della cancellazione.

Inoltre più di un riscontro normativo dimostra la compatibilità della cancellazione dell’ente con la persistenza o con l’incerto esaurimento di tutte le posizioni giuridiche riferibili alla società: si consideri in primis il dettato dell’art. 2495 c.c., che disciplina la responsabilità dei soci per i debiti superstiti della società di capitali cancellata espressamente lasciando “ferma l’estinzione della società”;  ed anche la varia disciplina che commina cancellazioni d’ufficio, impregiudicate dalla sussistenza di rapporti attivi e/o passivi in essere ([7]).

Occorre, poi, aggiungere un non secondario riscontro normativo di sistema, offerto dalla disciplina concorsuale: non può sfuggire che  l’art. 33 c.c.i./10 l fall. individua già l’ipotesi tipica di possibile superamento della avvenuta cancellazione di una società, col prevedere che la stessa possa essere dichiarata fallita/soggetta a LG in proprio nell’anno successivo alla cancellazione per un’insolvenza anteriore: questa disposizione pare ispirata proprio all’intento di impedire  l’esenzione dalla disciplina concorsuale in una con la unilaterale cancellazione; e pare volta a tutelare proprio quei creditori pretermessi, le cui ragioni potrebbero essere accolte nella rimozione della cancellazione([8]). Sulla scorta della norma è lecito ritenere che tutte le volte che si tenta di rimuovere un’avvenuta cancellazione, qualora si intervenga su una società  per la quale era aperto il termine annuale de quo,  allora il rimedio tipico per azionarne la persistente responsabilità resta quello indicato dall’art. 33 c.c.i./10 l. fall., idoneo ad assicurare la massima protezione degli interessi coinvolti. Si badi che tali interessi non restano circoscritti alle sole posizioni dei creditori superstiti, poiché la procedura concorsuale risulta idonea a creare lo spazio processuale per tutte quelle azioni recuperatorie ([9]), revocatorie e di responsabilità tese al ripristino della massa attiva, nel massimo rispetto della par condicio creditorum.   Se invece il tempo assegnato per legge per esperire questa strategia di tutela è spirato, allora occorre prendere atto che l’ordinamento preclude l’apertura di un supplemento di liquidazione, in sede concorsuale; ed è lecito dubitare che possa ritenersi non altrettanto preclusa la (ri)apertura di un supplemento di liquidazione, in sede ordinaria, mediante la revoca della cancellazione della società.

Ma non solo nel diritto positivo l’ipotesi di rimozione della cancellazione che si sta criticando risulta contraddetta:  anche l’insegnamento giurisprudenziale pare smentirla, nella misura in cui si fonda su logica  mal conciliabile con quella accolta dalle Sezioni Unite del 2013 e del 2025 ( sopra, nt. 4), e tesa allo sforzo di ricostruire la sorte di debiti, crediti, processi, relativi a società cancellate, sul presupposto della estinzione della società. Cioè sul presupposto che la persistenza di rapporti pendenti non ne comport asse la restituzione alla società ormai estinta, ma gli stessi  andassero, invece, necessariamente rimessi ai soli soggetti che l’ordinamento continua a riconoscere in epoca successiva alla cancellazione di una società: vala a dire, ai suoi soci ([10]).

In sintesi, dunque, pare che la soluzione del ricorso allo strumento della cancellazione d’ufficio della cancellazione per mancato esaurimento della liquidazione vanifichi il più moderno percorso normativo e giurisprudenziale, riportando l’elaborazione a rinnegare, nella fase estintiva delle società,  l’istanza per la certezza del diritto, tutto a favore, invece, della valorizzazione di un principio di effettività che risulta superato in diritto positivo ([11]).

[1]     Nel merito, cfr. ex multis Trib. Verona, 10 luglio 2001, in Giur. merito 2002,  76 ( fattispecie di revoca della cancellazione per mancato completamento della liquidazione); Trib Padova, 13 agosto 2004, in Società, 2005, 1024; Trib. Como, 27 aprile 2007, in Società, 2008, 889; Trib. Padova, 2 marzo 2011, in Società, 2011, 593 (“ Presupposto della cancellazione della società dal Registro delle imprese è l’effettivo compimento della liquidazione -art. 2495, comma 1, c.c.-. Qualora, pertanto, il soggetto a ciò legittimato – nella specie, il liquidatore- dimostri che in realtà la liquidazione non è terminata, è possibile provvedere, ai sensi dell’art. 2191 c.c., alla cancellazione dal registro delle imprese della iscrizione della cancellazione della società, soluzione, questa, che non contrasta con l’interpretazione data all’art. 2495 (nuovo testo) c.c. dalla sentenza a Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 4062/10, dal momento che tale decisione, nell’affermare che l’iscrizione nel registro delle imprese della cancellazione della società comporta l’estinzione della stessa, non preclude l’applicabilità dell’art. 2191 c.c. per i casi in cui, come quello in esame, la cancellazione sia avvenuta in mancanza dei necessari presupposti”); Trib. Cuneo, 16 luglio 2012, in Società, 2013, 400, con Commento di FANTI ( fattispecie in tema di permanenza di cespiti immobiliari non liquidati e ancora iscritti in capo alla società, oltre ad un giudizio per usucapione in corso); Trib. Bologna, 6 giugno 2013, in www.ilcaso.it (fattispecie di revoca della cancellazione se la appostazione nel bilancio finale di liquidazione non garantisce il debito che potrebbe sorgere nell’eventuale soccombenza in un giudizio pendente);  Trib. Treviso, 2 settembre 2013, in Corr. merito, 2013, 1155 (“ Il giudice del registro può ordinare la cancellazione della iscrizione della cancellazione della società dal registro delle imprese qualora accerti l’erroneità della predetta iscrizione, avvenuta in assenza di conclusione della liquidazione”).

[2]   In letteratura, per tutti sugli argomenti a favore della praticabilità della revoca della cancellazione v. Spolidoro, Seppellimento prematuro, La cancellazione delle società di capitali dal registro delle imprese ed il problema delle sopravvenienze attive, in Riv. soc., 2007, 823. Riferimenti in Niccolini, La disciplina dello scioglimento, della liquidazione e dell’estinzione, in aa.vv., La riforma delle società. Profili delle nuova disciplina, a cura di Ambrosini, II, Torino, 2005, 704 ss.; Sanna, Cancellazione ed estinzione delle società di capitali, Torino, 2013, 55 ss.

[3]   Il punto è pacifico; cfr. ex multis Spiotta, Cancellazione della…cancellazione, in Giur. comm., 2006, I, 706.

[4]    Cfr. da ultimo, sulle sopravvivenze attive, Cass., SS.UU., 16 luglio 2025, n, 19750in Dirittodellacrisi; nonché le note sentenze gemelle Cass. SS.UU. 12 marzo 2013, nn. 6070-6071-6072, in Società, 2013, 536, con Commento di Fimmano’ e Guizzi Le Sezioni Unite, la cancellazione delle società e il “problema” del soggetto: qualche considerazione critica; in Giur. it., 2013,  858, con nota di Cottino, La difficile estinzione delle società: ancora un intervento (chiarificatore?) delle Sezioni Unite; in Foro it., 2013, I, 2204, con nota di  Longo, Ancora sugli effetti della cancellazione delle società dal registro delle imprese: chiarimenti o nuove incertezze? e di Nigro, Cancellazione ed estinzione delle società: una parola definitiva delle Sezioni Unite;  in Foro it., 2014, I,  228, con nota di proto pisani, Note sulla estinzione delle società per azioni, processi pendenti ( e impugnazione della sentenza nei confronti della società estinta); in Guida al dir., 2013, n. 14, 32; in Notariato, 2013, 251, con nota di iaccarino, Interpretazione della valenza innovativa dell’art. 2495 c.c. ad opera della cassazione dal 2008 al 2013; ed in Fallimento, 2013, 831, con nota di La Croce, La Cassazione mette la parola fine alla querelle sugli effetti della cancellazione delle società dal registro delle imprese. In epoca anteriore e in senso conforme, v. Cass., 16 maggio 2012, n. 7679, in Foro it., 2012, I, 3060, ove si legge che “la cancellazione dal registro delle imprese della società  equivale alla morte della persona fisica”.     Sulla cancellazione delle società v. per tutti Aa.Vv., Scioglimento e liquidazione delle società di capitali, a cura di Fimmano’, Milano, 2011;  Niccolini, Scioglimento, liquidazione, estinzione, in Trattato  Colombo –  Portale, 7***, Torino, 1997,  448 ss.; id., Commento all’art. 2484 c.c., in Società di capitali, Commentario  dir. da  Niccolini e  Stagno d’Alcontres, III, Napoli, 2004, 1708 ss.;  Sarale, Scioglimento e liquidazione delle società di capitali, in aa.vv., Il nuovo diritto societario nella dottrina e nella giurisprudenza: 2003-2009, diretto da  Cottino,  Bonfante,  Cagnasso e  Montalenti, Bologna, 2009, 1183; Speranzin, L’estinzione delle società di capitali in seguito alla iscrizione della cancellazione nel registro delle imprese, in Riv. soc., 2004,  514.

[5]   Per la irreversibilità della cancellazione si sono pronunciati, tra gli altri: App. Roma, 9 gennaio 2004, in Foro it., 2004, I,  2242; Trib. S.M. Capua Vetere, 30 giugno 2006, in Giur. it., 2007,  118; App. Milano, 5 dicembre 2007, in Corr. merito, 2008,  295; Trib. Milano, 24 gennaio 2007, in Banca, borsa, tit. cred., 2007, II,  763; Trib. Treviso, 19 febbraio 2009, in Società, 2010,  355, con nota di  Zagra , Effetti irreversibili della cancellazione di società di capitali dal registro delle imprese; Trib. Catania, 9 aprile 2009, in Società, 2010,  88;  Trib. Bologna, 8 ottobre 2010, in Società, 2011,  271, con nota di Bonavera, Sopravvenienze attive di società estinta in seguito alla cancellazione dal registro delle imprese; Trib. Milano, 30 ottobre 2012 e Trib. Milano 8 ottobre 2012, in Società, 2013, 505, con nota di Ferrari, La “cancellazione della cancellazione” della società dal registro delle imprese; Trib. Roma, 24 marzo 2014, in www.ilcaso.it . In questa logica la tutela dei creditori resterebbe affidata  “non tanto sui meccanismi che consentono loro di riaprire la liquidazione, quanto sulla pubblicità del procedimento e sull’inderogabilità del medesimo”: cfr. Pavone la Rosa, Il registro delle imprese, in Cod. civ. commentato diretto da  Schlesinger, Milano, 1996,  111.           In letteratura, in senso contrario alla pratica della revoca della cancellazione v. per tutti  fimmano’ e angiolini, Cancellazione, estinzione e cancellazione della cancellazione: quando la società può risorgere e fallire,  in www.ilcaso.it, 2012,  15.

[6]      Che  l’accertamento in sede di iscrizione ( della cancellazione) verta su soli elementi formali, e non già sul merito della correttezza del procedimento di liquidazione e della sua effettiva conclusione è del tutto pacifico: in letteratura v.  Fimmano’, Il procedimento di iscrizione nel registro delle imprese su domanda, in N.L.C.C., 1990, 900;  Ibba, La pubblicità delle imprese, Padova, 2012, 17 e 69;  Marasa’ e Ibba, Il registro delle imprese, Torino, 1997,  94;  Niccolini, Scioglimento, liquidazione ed estinzione delle società per azioni, cit., 702.

[7]   L’ipotesi della  cancellazione d’ufficio ( v. d.p.r. 247/ 2004) è prevista al fine di sfoltire il registro mediante eliminazioni delle posizioni da ritenere inerti o abbandonate; tale cancellazione è disposta per  mancato deposito del bilancio di liquidazione per tre esercizi consecutivi nelle società di capitali ( art. 2490 c.c.) ovvero, per cinque anni nelle cooperative ( art. 2545 octiesdecies, c.c.); per il  mancato compimento di atti di gestione per tre esercizi nelle società di persone; per mancanza di autorizzazione necessaria per legge, secondo l’art.  223 quater, norme att. c.c.).

[8]   Sul tema da ultimo cfr. F. Pasquariello, La liquidazione giudiziale di società cancellata, in Dir. fall., 2024, I, 623.

[9]   Anche nei confronti dei soci che avessero ricevuto quote di liquidazione: la procedura concorsuale rappresenta la sede ideale per ripartire efficacemente questi valori indebitamente percetti tra tutti i creditori sociali ( e non già soltanto tra quelli che, al di fuori di una procedura concorsuale, escutono il socio ex art. 2495 c.c.).

[10] Per quanto sia vero che le stesse Sezioni Unite non hanno espressamente smentito  l’orientamento giurisprudenziale sulla cancellazione della cancellazione; anzi, lo hanno testualmente richiamato a livello di obiter dictum

[11] Cfr. Cottino,  La difficile estinzione delle società: ancora qualche (libera) divagazione sul punto, in  Giur. it., 2012, 2572; Fimmano’, Cancellazione ed estinzione delle società di persone, in Notariato, 2013, 279, in nota a Trib. Busto Arsizio, 2 ottobre 2012. Il principio di effettività continua, invece, ad operare in relazione alle società irregolari, per le quali manca il riscontro pubblicitario e, nell’impossibilità di conteggiare l’anno dalla data certa della cancellazione, si fa leva sulla percezione da parte dei terzi della effettiva cessazione.

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