L’amministrazione di sostegno non è uno strumento per risolvere conflitti familiari sulla gestione del patrimonio
di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDFCassazione civile sez. I, ordinanza del 22/09/2025 n.25890
Amministrazione di sostegno – strumenti a tutela delle persone
(Legge n. 6/2024- artt. 404 e ss c.c.)
Massima: “Se il soggetto destinatario della misura di sostegno è lucido e si oppone alla misura protettiva, deve essere rispettata la sua autodeterminazione. In presenza di capacità accertata di svolgere autonomamente attività lavorativa e di curare gli aspetti di vita ordinaria, la risoluzione dei conflitti endofamiliari sulla gestione del patrimonio indiviso può essere affidata a un curatore ad hoc”.
CASO
La vicenda giudiziaria per la quale la Cassazione è intervenuta ben due volte riguarda il caso di due sorelle con un cospicuo patrimonio ereditario indiviso. Una delle due donne, ritenendo l’altra incapace di gestire la complessa situazione per motivi riconducibili a sospette patologie, si rivolge al tribunale di Parma per far nominare all’altra un amministratore di sostegno.
Secondo la ricorrente erano indici di incapacità della sorella alcune condotte quali la trascuratezza dei beni in comproprietà, l’impedimento di farla accedere alla e di provvedere al suo posto, l’ingiustificato rifiuto di pagare delle imposte, con conseguente applicazione di sanzioni ed aggravamento del debito tributario, il mancato pagamento di alcune utenze, e lo stato di incuria sia dell’abitazione che del giardino.
Tutto ciò dimostrava l’inidoneità della donna di provvedere adeguatamente alla cura propri interessi.
Destinataria della misura di sostegno è una professoressa, insegnante da oltre 40 anni e artista, che si oppone fermamente al ricorso della sorella arrivando anche a sporgere querela contro di lei. In tribunale, infatti, si rifiuta di sottoporsi alla CTU medica disposta per accertare l’esistenza di profili patologici. Nell’impossibilità di rispondere al quesito, il CTU conclude però indicando la possibile presenza di un disturbo “evitante di personalità” che consiste nella inibizione sociale, inadeguatezza e tendenza a evitare i rapporti sociali.
Contro la decisione del tribunale e della Corte d’appello che dichiaravano l’apertura della misura di sostegno, la donna ricorre in Cassazione la quale rimanda alla Corte d’appello.
I giudici di legittimità riaffermano i principi che regolano l’istituto a cui attenersi: l’importanza di mettere al centro le esigenze ed i bisogni del beneficiario e l’opportunità di individuare una misura protettiva circoscritta a quelle specifiche esigenze, modellata in maniera tale da non incidere più del necessario sulla capacità d’agire della persona.
La Cassazione rammentava che lo strumento dell’ADS non può servire da rimedio alternativo per la risoluzione di conflitti endofamiliari e che se il soggetto è lucido e si oppone alla misura protettiva, deve essere rispettata la sua autodeterminazione.
Nonostante tali indicazioni, la Corte bolognese ha confermato l’amministrazione di sostegno motivando la decisione sulla base della fragilità della persona beneficiaria della misura anche se capace di svolgere autonomamente attività lavorativa e di curare gli aspetti di vita ordinaria, confermando tuttavia l’incapacità di seguire da sola le complesse operazioni di gestione del proprio patrimonio.
A causa dell’indisponibilità dell’interessata e dell’assenza di soggetti in grado di supportarla, oltre che per la particolare entità del patrimonio da gestire, occorreva nel caso di specie necessariamente ricorrere alla figura dell’amministratore di sostegno.
SOLUZIONE DELLA CASSAZIONE E PERCORSO ARGOMENTATIVO
Con il secondo intervento della Cassazione la donna ottiene ragione. Le esigenze di sostegno per la conduzione e gestione di determinate incombenze patrimoniali possono essere attuate anche con strumenti diversi come, ad esempio, con la nomina di un curatore speciale ex art 78 c.p.c. per la gestione dei beni in comunione.
Priva di fondamento la decisione di ricorrere all’amministrazione di sostegno solo per la condotta non collaborativa della ricorrente e il suo rifiuto preconcetto di sottoporsi alle visite prescritte, poiché non sono indice di una condizione di salute tale da rendere necessaria la nomina contestata. Ne si può giustificare con l’assenza o indisponibilità di soggetti, come il marito, in grado di supportarla, soprattutto perché gli stessi giudici non hanno negato la sua capacità di svolgere la sua professione e di essere autonoma a livello personale.
La vita che può apparire inconsueta agli occhi degli altri può essere semplicemente manifestazione di asprezza caratteriale.
La Corte di Cassazione ribadisce pertanto che Il ricorso all’amministrazione di sostegno risponde a specifiche finalità individuate dal legislatore, e non può rappresentare uno strumento per risolvere conflitti familiari riguardanti la gestione di beni ereditari per i quali esistono appositi rimedi previsti dall’ordinamento.
QUESTIONI
Già da qualche tempo la giurisprudenza di merito e di legittimità sembrano orientate nel dare rilievo alla volontà del soggetto che si oppone all’amministrazione di sostegno privilegiando il rispetto dell’autodeterminazione della persona interessata.
Il caso esaminato dalla Cassazione 31 dicembre 2020, n. 29981 riguardava una donna fragile e Il sostegno si sarebbe reso necessario per gestire le sue disponibilità economiche, rappresentate dalla titolarità di più trattamenti pensionistici, da depositi bancari e da proprietà immobiliari.
La Cassazione ha ritenuto errata e ingiustificata l’applicazione della misura dell’amministrazione di sostegno quando l’esigenza di protezione della persona capace ma in stato di fragilità, sia già assicurata da una rete familiare organizzata e funzionale, soprattutto se il soggetto si oppone all’attivazione in modo motivato.
Nel caso all’odierno esame la Cassazione è andata oltre ritenendo superflua la misura di sostegno anche in assenza di parenti con funzioni vicarianti.
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