18 Novembre 2025

La cancellazione di una società dal registro delle imprese, con conseguente estinzione della stessa, comporta altresì l’estinzione automatica dei crediti della società medesima?

di Asia Bartolini, Dottoressa in Legge Scarica in PDF

Cass. civ., Sez. Unite, Sentenza, 16/07/2025, n. 19750

Parole chiave: estinzione della società – cancellazione volontaria della società dal registro delle imprese – fenomeno successorio – bilancio di liquidazione della società – mere pretese – crediti incerti ed illiquidi

Massima: “La cancellazione di una società dal registro delle imprese, con conseguente estinzione della società stessa, non comporta l’estinzione automatica dei crediti della stessa. Tali crediti sono trasferiti ai soci, salvo che il creditore abbia inequivocamente manifestato la volontà di rimettere il debito, comunicandola al debitore. La mancata iscrizione del credito nel bilancio di liquidazione non giustifica di per sé la presunzione di avvenuta rinuncia, e incombe al debitore convenuto in giudizio dall’ex-socio l’onere di allegare e provare la sussistenza dei presupposti necessari per l’estinzione del credito”.

Disposizioni applicate: D. Lgs. n. 6/2003 – art. 1236 c.c. – art. 1334 c.c.

Con la sentenza n. 19750/2025, qui in commento, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha risolto un importante contrasto giurisprudenziale relativo alla sorte delle posizioni creditorie – in particolare, le mere pretese e i crediti illiquidi o incerti – non riportate nel bilancio finale di liquidazione di una società estinta a seguito di cancellazione dal Registro delle Imprese.

La differenza tra i due orientamenti giurisprudenziali che la Suprema Corte è stata chiamata a dirimere consiste nel fatto che, mentre per il primo la regola è che il diritto creditorio si trasmette ai soci, nonostante la mancata inclusione delle voci di credito nel bilancio di liquidazione, mentre l’estinzione costituisce un’eccezione, che deve essere rigorosamente allegata e provata da chi intenda farla valere, e quindi dalla controparte dell’ex-socio, per il secondo la mancata inclusione nel bilancio di liquidazione rende applicabile, almeno per le mere pretese ed i crediti incerti o illiquidi, una presunzione (semplice) di estinzione, che pone a carico dell’ex-socio che intenda azionare un diritto della società o proseguire un giudizio dalla stessa iniziato l’onere di allegare e provare di essere subentrato nella titolarità del diritto fatto valere.

Il principio fondamentale stabilito è che l’estinzione della società, pur se conseguente alla cancellazione, non comporta automaticamente l’estinzione dei suoi crediti. Tali crediti, comprese le sopravvenienze attive e i diritti non riportati nel bilancio finale di liquidazione, sono oggetto di trasferimento in favore dei soci.

Il credito, infatti – ha statuito la Corte di Cassazione a Sezioni Unite – si estingue solo nel caso in cui la società creditrice abbia inequivocabilmente manifestato, anche attraverso un comportamento concludente, la volontà di rimettere il debito, e tale volontà sia stata comunicata al debitore, il quale a sua volta non abbia dichiarato di non volerne profittare in un congruo termine, come previsto dall’art. 1236 c.c.. L’onere di allegare e provare l’esistenza di questa inequivoca volontà remissoria e la destinazione della dichiarazione ad uno specifico creditore ricade sul debitore che invoca l’estinzione del credito.

In tal senso, la Suprema Corte di Cassazione ha osservato che, se si aderisse alla tesi dell’estinzione automatica dei crediti, specialmente di quelli illiquidi o incerti non iscritti, si esporrebbe a pregiudizio i creditori sociali, riducendo il valore patrimoniale destinato alla loro soddisfazione; altrettanto difficoltoso, inoltre, risulterebbe la coltivazione delle sopravvenienze attive da parte dei soci, non disponendo questi ultimi degli strumenti di conoscenza in ordine all’esistenza e all’incasso dei crediti originariamente spettanti alla società.

Così argomentando, la Corte ha pronunciato il principio di diritto sopra indicato, dirimendo così il contrasto giurisprudenziale venutosi a creare tra le Sezioni Semplice della Corte di Cassazione.

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