2 Settembre 2025

Alla scoperta dei segreti della lingua forense

di Giovanni Acerboni, Linguista specializzato nella scrittura forense Scarica in PDF

Uno scritto difensivo commenta continuamente fatti, ipotesi e ragionamenti., c’è il commento espresso con parole valutative soggettive: “Carente ed insufficiente è la prova testimoniale” ma non tutti i commenti sono così.

Per esempio, il commento espresso con una connotazione.

La connotazione si realizza con un termine che esprime un giudizio positivo o negativo rispetto al termine base. Se ‘Avvocato’ è il termine base, ‘Azzecca-garbugli’ è connotato negativamente, e ‘Principe del Foro’ è connotato positivamente. Il valore positivo o negativo è largamente condiviso dalla società: sono luoghi comuni che, in cambio di espressività, introducono tratti di stile colloquiale (corsivi miei: “bere la versione più banale”, “propinarci questa versione di comodo”, “sentenza non certamente sciatta”).

Molto frequente è il commento espresso con una modalizzazione, che esprime l’atteggiamento di chi scrive sul rapporto che quanto si sta dicendo ha con il mondo esterno. La modalizzazione si realizza con la scelta di una parola che rappresenta il modo soggettivo con cui si “legge” la realtà, che dà il segno di una visione propria e soggettiva. Le modalizzazioni si distinguono in tre tipi:

  • aletica (verità): “una simile riserva poteva essere ravvisata nella disposizione”;
  • epistemica (credenza): “Argomentando a contrariis, si ravviserebbero evidenti profili di incostituzionalità della disposizione”;
  • deontica (obbligo): “il Fascicolo del fabbricato si dovrà comunque redigere”.

Il commento più frequente di tutti è l’inciso. Posso dirlo perché li ho contati. Siccome a prima vista mi parevano molti, e siccome non mi piace parlare di ciò che mi pare a prima vista, ho fatto una ricerca specifica (contenuta nel libro Sinteticità e chiarezza degli atti processuali tra norme, giurisprudenza e Intelligenze Artificiali, in stampa) da cui risulta che in effetti gli avvocati li amano di un amore sconfinato (ma anche i giudici). Negli scritti difensivi ne appare uno ogni 29,3 parole (nelle sentenze ogni 47,2). Gli incisi contengono il 25,3% delle parole totali dello scritto difensivo (il 17,2% delle sentenze).

A me paiono decisamente troppi, nel senso che qualsiasi strategia comunicativa utilizzata troppo spesso perde di intensità, passa per normale. L’efficacia, soprattutto persuasiva, richiede rarità (e conseguente coerenza nell’uso della punteggiatura: virgole, parentesi o lineette?).

Come razionalizzarli? L’inciso è difficile da definire.

Una delle sue caratteristiche è che la frase ospite non ha mai un legame sintattico con l’inciso (non è sempre vero il contrario). Pertanto, la sintassi della frase ospite può farne tranquillamente a meno: “La sinteticità degli atti costituisce uno dei modi – e forse tra i più importanti – per arrivare ad una giustizia rapida ed efficace”. Ciò nonostante non viene percepito né sanzionato come un errore.

 Gli incisi vengono così, non è che ci si pensa.

Una seconda caratteristica è che crea un secondo piano rispetto al primo piano della frase ospite. A questa caratteristica, invece, ci si pensa: l’inciso è deliberato. Siamo noi a decidere di commentare un fatto, ritenendo che il commento giovi all’argomentazione: “considerato che, come è logico che fosse, i testi non hanno fatto altro che richiamare i propri atti”.

Questa caratteristica ci svela che l’inciso è un commento in sé stesso, nel senso che lo realizziamo per commentare quello che stiamo dicendo in primo piano, indipendentemente dal suo contenuto, da come commenta che cosa.

Come tale, andrebbe messo in equilibrio con gli altri tipi di commento. Un eccesso di commenti, infatti, viene percepito come insistenza e produce fastidio nel lettore, che si sente continuamente spinto verso l’unica conclusione che chi scrive sembra ammettere.

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