Clausola di salvaguardia e usura originaria
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFLa c.d. clausola di salvaguardia è una previsione contrattuale, spesso inserita nei contratti di mutuo, finalizzata a impedire il superamento del tasso-soglia usura da parte degli interessi di mora, con effetto sostitutivo automatico dell’eventuale tasso usurario con il tasso-soglia pro tempore vigente.
La legittimità della clausola di salvaguardia è dibattuta quanto alla possibilità di operare proficuamente in riferimento all’usura originaria.
Al riguardo, è argomentato che l’apposizione della clausola di salvaguardia esclude l’illegittimità della pattuizione degli interessi moratori già oltre soglia all’atto della stipula del contratto di finanziamento (usura originaria), sul presupposto che tale clausola sia intesa non ad eludere, ma ad assicurare il rispetto della normativa antiusura sia al momento della conclusione del rapporto sia nel corso del suo successivo svolgimento (Trib. Torino 26.6.2018; Trib. Milano 8.2.2019; Trib. Milano 9.4.2019; App. Napoli 19.2.2020; App. Milano 15.7.2020; App. Bologna 10.5.2022. Contra Trib. Marsala 14.6.2016; Trib. La Spezia 18.2.2020).
È sostenuto che, nella fattispecie, l’indicazione del tasso di mora usurario ab origine sia meramente teorica, in quanto, per effetto della clausola di salvaguardia anch’essa prevista in contratto, la banca non avrebbe mai potuto richiedere la corresponsione di interessi di mora in tale misura, dovendosi limitare, in tutti i casi in cui il meccanismo di calcolo contrattualmente previsto avesse portato al superamento della soglia di legge, a richiederli entro i limiti normativamente consentiti (App. Torino 5.5.2020).
Dello stesso tenore sono le conclusioni di parte della Cassazione: la clausola di salvaguardia prevede, nella determinazione degli interessi di mora da applicare, il contenimento entro il tasso-soglia; il tasso, quindi, è ab origine, attraverso detto automatico correttivo, determinato e pattuito entro il tasso-soglia e non può in alcun caso ritenersi usurario (Cass. n. 27586/2019).
Un tale approccio appare in palese contraddizione con il chiaro dettato normativo, secondo cui «ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c., 2° comma, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento» (art. 1, comma 1, L. 24/2001): la previsione penale menzionata è una disposizione imperativa di rango pubblicistico, quindi inderogabile dall’autonomia privata delle parti.
Peraltro, non appaiono immediatamente evidenti i motivi per cui un operatore diligentemente qualificato quale la banca – tenuto al rispetto di vincolanti regole di correttezza, buona fede nonché trasparenza bancaria – debba pattuire ab origine, pur conoscendo i tassi-soglia pro tempore vigenti, un tasso di interesse usurario, affidandone la legittimità alla clausola di salvaguardia, la quale appare ragionevolmente giustificata se predisposta per gestire situazioni (non in essere all’atto della stipula del finanziamento) che possono verificarsi nel corso dell’esecuzione del rapporto di durata.
Condivisibili sono, dunque, i rilievi dell’ABF, secondo cui, in un’evenienza di questo genere (tasso usurario ab origine), la clausola di salvaguardia viene ad assumere «i tratti sostanziali della clausola di stile: non essendo ipotizzabile che l’impresa bancaria predisponente fissi un carico economico eccedente il tasso-soglia e che – nello stesso preciso momento – si porti a ridurre lo stesso al limite della soglia» (ABF Napoli n. 779/2022).
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 27106 del 18 ottobre 2024, ha finalmente chiarito che la clausola di salvaguardia, solitamente prevista nei contratti di finanziamento per evitare che l’istituto di credito applichi interessi (soprattutto) di mora usurari, non è idonea a escludere in radice l’usurarietà originaria degli interessi (sia corrispettivi che di mora).
In particolare, la Corte ha precisato che «una clausola di salvaguardia può essere stipulata esclusivamente per tutelare la validità di quanto non sia già nullo, rispetto alla sopravvenuta modifica del tasso – caratterizzata dal suo movimento fisiologico – che, in assenza di tale clausola, renderebbe nullo il contratto».
In definitiva, la clausola di salvaguardia può essere validamente stipulata solo per garantire la validità di clausole non affette da nullità originaria, in relazione a variazioni sopravvenute del tasso di interesse, come i movimenti dell’Euribor, che potrebbero altrimenti renderle nulle. Diversamente opinando, si dovrebbe sostenere che la clausola di salvaguardia possa sanare un vizio di nullità originaria derivante dalla pattuizione di un tasso illecito per gli interessi moratori, il che è incompatibile con il carattere imperativo della normativa sull’usura.
Infine, la clausola sugli interessi di mora deve essere considerata separata e autonoma rispetto alla clausola di salvaguardia. Qualora essa contrasti con i limiti di legge, è nulla indipendentemente dalla clausola di salvaguardia, che non può conferire effetti sananti ab origine (Cass. n. 27106/2024).
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