7 Ottobre 2025

Illegittima restituzione di crediti postergati: rimedi esperibili in sede concorsuale

di Giulio Marconcin, Avvocato Scarica in PDF

App. Firenze., Sez. II, 15 ottobre 2024, n. 1729

Parole chiave: Fallimento – Liquidazione giudiziale – Società di capitali –Finanziamento soci – Postergazione – Divieto di rimborso – Responsabilità amministratori – Azione di ripetizione – Esclusione – Azione revocatoria – Ammissibilità

Massima: In tema di società di capitali, l’avvenuta restituzione di somme ai soci in violazione della postergazione prevista dall’art. 2467 c.c., può fondare una responsabilità degli amministratori per violazione dei doveri previsti dalla legge, nei confronti dei creditori e, quindi, del curatore, nel caso di successiva apertura di una procedura concorsuale, ma una volta che gli amministratori abbiano effettuato il pagamento, l’inefficacia ex lege dei rimborsi avvenuti nell’anno precedente l’apertura del concorso, non dà luogo ad un’azione di ripetizione di indebito, ma consente solo di agire in revocatoria come nei casi di cui all’art. 65 l. fall. (oggi art. 164 CCII)”.

Disposizioni applicate

R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 65; Codice Civile, artt. 1185, 2467, comma 1, 2497-quinquies; D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, art. 164

Con la pronuncia in commento, la Corte d’Appello di Firenze affronta il tema dei rimedi processuali esperibili in caso di rimborso di finanziamento soci avvenuto in violazione del principio di postergazione, di cui all’art. 2467 c.c. – norma richiamata dall’art. 2497-quinques, applicabile alle ipotesi in cui il finanziamento sia erogato da società che esercita attività di direzione e coordinamento – nel contesto di un’azione di responsabilità promossa dalla curatela della società posta in liquidazione giudiziale (beneficiaria del finanziamento) nei confronti dell’amministratore e del liquidatore della stessa.

La Corte ha evidenziato che, ove venga accertata la violazione del divieto di rimborso da parte dell’amministratore (o del liquidatore) della società, il rimedio esperibile per ottenere la restituzione dell’importo rimborsato non è l’azione di ripetizione di indebito, ex art. 2033 c.c., ma l’azione revocatoria fallimentare, oggi regolata dall’art. 164 CCII, finalizzata a ottenere una pronuncia che dichiari l’inefficacia del rimborso effettuato, secondo un meccanismo analogo a quello previsto per i pagamenti non scaduti.

CASO

La curatela della società fallita proponeva azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore e del liquidatore della società (OMISSIS) avanti il Tribunale di Firenze. La curatela chiedeva la condanna per entrambi al risarcimento dei danni subiti da (OMISSIS), a fronte degli atti di mala gestio imputati ai convenuti: quanto all’amministratore, l’indebito rimborso del finanziamento erogato in favore di (OMISSIS) dal socio controllante (OMISSIS); quanto al liquidatore, l’aver omesso l’avvio di un’azione di ripetizione di indebito, ex art. 2033 c.c., nei confronti del socio finanziatore, a fronte dell’illegittima restituzione del finanziamento erogato.

All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale di Firenze accoglieva la domanda risarcitoria proposta nei confronti del liquidatore, mentre rigettava – per intervenuta prescrizione – la domanda svolta nei confronti dell’amministratore. Seguiva atto di appello da parte del liquidatore, con cui veniva, fra l’altro, lamentato l’omesso esame della tesi secondo cui il liquidatore – a fronte dell’illegittimo rimborso del finanziamento – non avrebbe potuto proporre l’azione di ripetizione di indebito, ex art. 2033 c.c., sul presupposto che il rimborso effettuato dall’amministratore era finalizzato a estinguere un debito esistente (i.e. il finanziamento erogato), con conseguente mancanza di un corrispondente debito restitutorio. 

SOLUZIONE

La Corte d’Appello, nel motivare l’accoglimento dell’appello proposto dal liquidatore, ha richiamato alcuni passaggi contenuti in una nota pronuncia della Corte di Cassazione (n. 12994/2019), in tema di postergazione di finanziamento soci, che valorizzano il fatto che la regola di cui all’art. 2467 c.c. “opera già durante la vita della società e non solo nel momento in cui si apre un concorso formale con gli altri creditori, integrando una condizione di inesigibilità legale e temporanea del diritto del socio alla restituzione del finanziamento sino a quando non sia superata la situazione di difficoltà economico-finanziaria prevista dalla norma”. I giudice di seconde cure hanno poi citato un’altra sentenza della Suprema Corte, che ha chiarito che ove il divieto di rimborso sia violato, “l’azione del curatore volta ad ottenere la restituzione del rimborso, percepito entro l’anno anteriore al fallimento, non ha natura di ripetizione dell’indebito, bensì di revocatoria di carattere speciale, poiché l’art. 2467, comma 1, c.c. (ratione temporis applicabile) delinea un’inefficacia ex lege del rimborso e stabilisce una presunzione assoluta della scientia decotionis”.

Per supportare ulteriormente le proprie conclusioni, la Corte di merito ha valorizzato il fatto che il pagamento di un debito esistente non genera un indebito, in coerenza con il testo dell’art. 1185 c.c., che esclude che il debitore possa ottenere la restituzione di ciò che ha pagato anticipatamente.

QUESTIONI APPLICATE NELLA PRATICA

La pronuncia in esame è particolarmente interessante in quanto offre l’occasione di approfondire il duplice tema dell’ambito di operatività della regola della postergazione dei finanziamenti dei soci e dei rimedi processuali azionabili in caso di violazione del divieto di rimborso del finanziamento.

Giova premettere che la postergazione del finanziamento soci, disciplinata dall’art. 2467 c.c. – e richiamata, in tema di gruppi societari, dall’art. 2497-quinques c.c., applicabile ai finanziamenti erogati dalle società che esercitano attività di direzione e coordinamento in favore della beneficiaria – è un istituto relativamente recente del nostro diritto societario, introdotto a seguito della riforma del 2003. Il testo dell’art. 2467 c.c. – che la giurisprudenza ritiene applicabile non solo alle società a responsabilità limitata, ma anche alle società per azioni a base sociale ristretta (Cass. Civ., 7 luglio 2025, n. 14056) – prevede che, qualora il socio di una società a responsabilità limitata conceda alla società, in qualsiasi forma, un finanziamento e la società medesima si trovi in un momento in cui, anche in relazione al tipo di attività esercitata, risulti un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto ovvero in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento, il rimborso del finanziamento è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori. Trattasi di norma inderogabile (sul punto, N. Abriani, Finanziamenti “anomali” dei soci e regole di corretto finanziamento nella società a responsabilità limitata, in Il diritto delle società oggi. Innovazione e persistenze, Studi in onore di Giovanni Zanarone, Torino, 2011, 345), finalizzata a prevenire il comportamento abusivo dei soci che, conoscendo o potendo conoscere lo stato di crisi finanziaria della società, supportano comunque la stessa non già attraverso nuovi conferimenti, ma generando ulteriore debito che, a sua volta, aggrava lo squilibrio patrimoniale della società finanziata (cfr. F.S. Caputi, La postergazione dei finanziamenti soci: meccanismi e momenti di operatività, in Società, 2024, 11, 1177 e 1189, secondo il quale la previsione in esame si pone come norma dal carattere punitivo e sanzionatorio del concorso “sleale” dei soci finanziatori accanto ai creditori terzi sull’unica garanzia patrimoniale della società costituita dal suo capitale sociale e dalle altre poste di netto. In questo modo, essa postula una presunzione assoluta di arbitraggio opportunistico compiuto dai soci finanziatori, le cui aspettative di credito (dolosamente costruite) vengono dunque sanzionate con la loro pretermissione rispetto alle legittime (ed inconsapevoli) aspettative del restante ceto creditorio).

Dibattuto è poi l’ambito di operatività della regola della postergazione. Secondo una prima tesi, c.d. processualistica, condivisa dalla giurisprudenza minoritaria, la postergazione opererebbe soltanto in un contesto concorsuale, ossia quando la società è soggetta a una procedura di regolazione del concorso tra creditori (Trib. Milano, 4 giugno 2013, in Giur. comm., 2015, II, 160, con nota di E. Pedersoli, Il trattamento delle garanzie rilasciate dai soci e applicazione dell’art. 2467 c.c.; Trib. Milano, 10 gennaio 2011, in Giur. It., 2011, 574 In dottrina, G. Ferri jr., In tema di postergazione legale, in Riv. dir. comm., 2004, 975, il quale osserva che dalla disciplina dell’art. 2467 c.c. sembra potersi ricavare che il credito del socio, avente ad oggetto il rimborso, è appunto esigibile alla scadenza pattuita dalle parti e che, dunque, il relativo pagamento non solo non sarebbe vietato, ma dovrebbe ritenersi addirittura doveroso per gli amministratori). Il credito del socio sarebbe, dunque, postergato nei casi in cui la società sia soggetta a procedura concorsuale o esecutiva.

Secondo la tesi c.d. sostanzialistica, condivisa da autorevole dottrina e dalla giurisprudenza largamente maggioritaria – di legittimità e di merito, fra cui la pronuncia in commento – la postergazione opera anche durante la vita della società a prescindere, quindi, dalla sottoposizione a procedura concorsuale. Essa, infatti, integra “una condizione di inesigibilità legale e temporanea del diritto del socio … alla restituzione del finanziamento sino a quando non sia superata la situazione di difficoltà economico-finanziaria prevista dalla norma” (fra le tante, cfr. Cass. Civ., Sez. I, 30 maggio 2024, n. 15196; nel merito, Trib. Bari, 5 febbraio 2018; Trib. Roma 22 gennaio 2019; in dottrina, cfr. N. Abriani, Finanziamenti “anomali” dei soci e regole di corretto finanziamento nella società a responsabilità limitata, in Il diritto delle società oggi. Innovazione e persistenze, Studi in Onore di Giovanni Zanarone, Torino, 2011, 330; M. Maugeri, Finanziamenti “anomali” dei soci e tutela del patrimonio nelle società di capitali, Milano, 2005, 271). Pertanto, l’amministratore della società in bonis che, in una situazione di tensione finanziaria, provveda al rimborso del finanziamento in favore del socio che lo aveva erogato, viola il divieto posto dall’art. 2467, primo comma, c.c., e pone in essere un atto di mala gestio, sanzionabile attraverso il ricorso al rimedio dell’azione di responsabilità. In tal modo, l’operatività della regola della postergazione nel corso della vita della società assicura il mantenimento nel patrimonio sociale delle somme erogate, nel rispetto dell’ordine di priorità dei creditori esterni alla società (cfr. G. Balp, I finanziamenti dei soci soggetti a postergazione, in Le operazioni di finanziamento: bancario, societario, sull’estero, al consumatore, strutturato, a mezzo garanzia, pubblico, Zanichelli, 2016, 1272) e costituisce, al contempo, un ulteriore presidio rispetto a eventuali condotte colpose imputabili agli amministratori della società.

La pronuncia della Corte d’Appello, valorizzando la tesi della postergazione quale condizione di inesigibilità temporanea del credito da rimborso del finanziamento, ha dunque escluso la configurabilità dell’azione di ripetizione di indebito da parte dell’amministratore (o, nel caso di specie, del liquidatore) che aveva rimborsato il finanziamento in violazione del divieto temporaneo di rimborso. A supporto di tale conclusione, i giudici di seconde cure hanno, fra l’altro, valorizzato la lettura dell’art. 1185 c.c., secondo la quale “il debitore non può ripetere ciò che ha pagato anticipatamente”: il rimborso in simili casi costituisce, come riconosciuto dallo stesso Tribunale, il pagamento di un debito esistente ma solo temporaneamente inesigibile e quindi di per sé irripetibile”. Da questo punto di vista, quindi, nelle ipotesi di violazione della regola della postergazione ex art. 2467 c.c., si prospettano due rimedi giudiziali da parte della società e/o dei creditori lesi: l’azione di responsabilità, con la quale vengono poste a carico dell’amministratore le conseguenze pregiudizievoli derivanti della violazione del divieto citato, e, altresì – sul presupposto che sia stata aperta la procedura di liquidazione giudiziale della società – l’azione revocatoria, oggi regolata dall’art. 164 CCII che, al secondo comma, dispone l’inefficacia, rispetto ai creditori, dei rimborsi dei finanziamenti dei soci a favore della società se sono stati eseguiti dal debitore dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della procedura concorsuale o nell’anno anteriore.

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