Intelligenza Artificiale e professioni intellettuali: l’obbligo di trasparenza verso il cliente
di Gaia Viani Scarica in PDFCon l’approvazione della Legge 132/2025, l’Italia si è dotata della prima legge quadro nazionale sull’intelligenza artificiale, in armonia con il Regolamento (UE) 2024/1689 – noto come AI ACT, che fissa regole comuni a livello europeo.
La normativa nazionale integra e specifica tali principi, incidendo in modo diretto su settori strategici e, tra questi, sul mondo delle professioni intellettuali.
Il cuore della disciplina per avvocati, notai, consulenti del lavoro e commercialisti è rappresentato dall’articolo 13, che introduce due pilastri: la prevalenza del lavoro intellettuale umano e l’obbligo di trasparenza nei confronti del cliente sull’uso di sistemi di AI.
Prevalenza del lavoro intellettuale umano
Il legislatore chiarisce che l’impiego di strumenti di Intelligenza Artificiale da parte dei professionisti è ammesso solo per “attività strumentali e di supporto”, restando esclusa qualsiasi possibilità di sostituire il giudizio critico e l’attività principale del prestatore d’opera.
Per gli avvocati, questo significa che l’AI potrà agevolare la ricerca giurisprudenziale, la revisione di documenti o la predisposizione di bozze di atti, ma aspetti quali l’interpretazione normativa, la valutazione delle prove e la costruzione della strategia difensiva rimarranno sempre affidate al pensiero umano. Per i notai, l’uso di algoritmi potrà semplificare controlli formali o attività di back office, senza intaccare la funzione di garanzia e di certezza giuridica. Analoghe considerazioni valgono per consulenti del lavoro e commercialisti, per i quali l’AI potrà velocizzare calcoli o analisi fiscali, senza sostituire il ruolo di consulenza personalizzata.
L’obbligo di informativa al cliente
Il vero elemento innovativo dell’art. 13 è l’obbligo per il professionista di comunicare al cliente l’uso di sistemi di AI nello svolgimento dell’incarico. Tale informativa deve essere resa in modo “chiaro, semplice ed esaustivo”, così da rafforzare la fiducia e la consapevolezza del cliente.
In concreto, ciò implica che la documentazione contrattuale – lettere di incarico, mandati professionali, procure – dovrà essere aggiornata per includere specifiche informazioni, tra cui:
- se lo studio utilizzerà sistemi di AI di ricerca, generativi o predittivi;
- la tipologia di strumenti adottati e la loro provenienza (interni o forniti da terzi);
- le misure di sicurezza per garantire la riservatezza e la protezione dei dati del cliente;
- la conferma che ogni elaborazione automatizzata sarà sempre sottoposta a verifica e supervisione umana.
Questa previsione si innesta su doveri già esistenti di trasparenza, competenza e correttezza informativa, sanciti, ad esempio, dal Codice deontologico forense e dai principi di lealtà professionale vigenti per le altre categorie ordinistiche.
Opportunità e criticità applicative
La previsione normativa rappresenta un passo avanti importante nella regolamentazione delle nuove tecnologie, ma pone anche alcune questioni applicative.
- Uniformità delle informative: l’assenza di modelli standard potrebbe generare prassi difformi tra studi professionali.
- Perimetro dell’uso consentito: non sempre sarà agevole distinguere tra attività “strumentali” e attività che incidono sul cuore della prestazione professionale.
- Responsabilità del professionista: eventuali errori o imprecisioni derivanti da sistemi di AI non attenuano la responsabilità personale del professionista, che resta piena e diretta.
Al tempo stesso, la norma offre l’opportunità di rafforzare il rapporto fiduciario con il cliente: una comunicazione trasparente sull’uso di tecnologie avanzate può diventare un elemento di distinzione professionale e di qualità del servizio.
Conclusioni
L’articolo 13 della Legge 132/2025 segna un punto di equilibrio tra innovazione tecnologica e tutela della funzione intellettuale del professionista. Se da un lato apre all’utilizzo dell’AI come strumento di supporto, dall’altro ribadisce che la responsabilità critica e decisionale resta insostituibilmente umana.
Per i professionisti, l’adeguamento non sarà soltanto tecnologico ma soprattutto deontologico e contrattuale: la trasparenza sull’uso dell’AI dovrà tradursi in clausole precise nei mandati e nelle lettere di incarico, garantendo al cliente conoscenza e fiducia.
L’Intelligenza Artificiale può diventare un alleato prezioso, ma solo se gestita con rigore, chiarezza e rispetto del rapporto fiduciario che costituisce l’essenza stessa delle professioni intellettuali.
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