12 Ottobre 2021

Le modalità di esercizio dello ius variandi (art. 118 TUB)

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

L’art. 118 TUB fissa obblighi e limiti precisi per l’esercizio della facoltà di modifica unilaterale in peius (da parte della banca) delle condizioni economiche e regolamentali dei contratti bancari (c.d. ius variandi), prevedendo che « nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo. Negli altri contratti di durata la facoltà di modifica unilaterale può essere convenuta esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo» (comma 1) e che « qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: “Proposta di modifica unilaterale del contratto”, con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente. Nei rapporti al portatore la comunicazione è effettuata secondo le modalità stabilite dal CICR. La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro la data prevista per la sua applicazione. In tale caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate» (comma 2).

La modifica del tasso di interesse presuppone la validità dell’originario tasso di interesse oggetto della variazione, posto che un tasso di interesse può essere legittimamente ed unilateralmente variato (tanto più in misura peggiorativa) in quanto quel tasso originario sia valido e come tale produttivo di effetti tra le parti, e ciò in virtù del principio generale, recepito dal nostro ordinamento, secondo cui quod nullum est, nullum producit effectum (ABF Milano 12.5.2015 n. 3724; Trib. Bari 27.2.2020; Trib. Ascoli Piceno 21.1.2021. V. anche Cass. n. 4015/2007). Lo stesso vale per ogni clausola contrattuale che si intende modificare.

Per completezza di informazione, occorre ricordare il principio normativo secondo cui «il contratto nullo non può essere convalidato se la legge non dispone diversamente» (art. 1423 c.c.), per cui mai una variazione unilaterale di una originaria clausola nulla può sanarne l’invalidità (così come è parimenti noto che l’esecuzione spontanea del contratto da parte dei contraenti non ne sana la nullità) (ex multis Cass. n. 8993/2003; Cass. n. 11156/1994).

Per mezzo dell’esercizio dello ius variandi è escluso che possano essere introdotte clausole nuove, potendo essere modificate solo quelle preesistenti: «l’istituto dello ius variandi, … come noto non può essere utilizzato per introdurre nel regolamento negoziale previsioni nuove, ma solo per modificare pattuizioni già esistenti in modo da garantire la permanenza dell’equilibrio sinallagmatico del contratto. In simili casi … l’introduzione ex novo risulta atta a modificare radicalmente l’equilibrio sinallagmatico del contratto e quindi non suscettibile di rientrare fra le ipotesi di modifica unilaterale del contratto previste dall’art. 118 TUB» (ABF Milano 12.5.2015 n. 3724; conf. ABF Napoli n. 300/2010; ABF Napoli 28.2.2011; ABF Milano 10.11.2010; Trib. Bari 27.2.2020).

Di questo tenore sono i chiarimenti resi dal Ministero dello Sviluppo Economico con nota del 21.2.2007 prot. 5574 («le “modifiche” disciplinate dal nuovo articolo 118 TUB riguardando soltanto le fattispecie di variazioni previste dal contratto, non possono comportare l’introduzione di clausole ex novo») nonché le Disposizioni di “Trasparenza bancaria” di Banca d’Italia (cfr. Sez. IV, par. 2).

Non costituisce una semplice modifica, dunque, l’introduzione ex novo di un onere, un obbligo, una controprestazione o qualsivoglia altro termine o condizione (economica o normativa) nel contratto, che non sia già previsto nell’assetto originario determinato dalle parti. Tali variazioni si traducono nell’aggiunta di nuovi costi, in quanto non si pongono come mera modifica di oneri già previsti nel contratto (Collegio di coordinamento ABF n. 26498/2018; ABF Torino n. 4845/2017; Trib. Bari 27.2.2020).

È stato inoltre osservato come, in conformità a quanto statuito dai recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di abuso del diritto, la facoltà di modificare unilateralmente il contratto non possa essere esercitata in violazione del generale principio di buona fede (ad es., può essere indice di violazione di tale principio il frequente ricorso allo ius variandi, a meno di eccezionali condizioni di mercato che giustifichino la condotta della banca) (Collegio di coordinamento ABF n. 26498/2018).

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