2 Novembre 2015

Uno sguardo al procedimento «sommario» per la liquidazione degli onorari agli Avvocati

di Mara Adorno Scarica in PDF

A seguito dell’entrata in vigore del d.leg. 1° settembre 2011, n. 150, il dichiarato obiettivo di riduzione e semplificazione dei riti civili speciali attraverso la loro riconduzione a tre modelli processuali fondamentali (il rito ordinario, il rito del lavoro e il rito sommario di cognizione) pare sia stato disatteso. Piuttosto che ad «un’inversione di tendenza rispetto al passato», il nuovo corpus normativo ha favorito la proliferazione di diversi riti speciali da applicarsi a ciascuna delle controversie assoggettate all’intervento normativo. In particolare, emerge la lacunosità della disciplina inerente le controversie in materia di liquidazione degli onorari e diritti degli avvocati, che è il frutto di una distratta redazione normativa e che, dopo pochi anni di applicazione, ha dimostrato le sue annunciate inadeguatezze.

Tradizionalmente l’avvocato, ai fini della liquidazione del compenso nei confronti del proprio cliente, poteva percorrere tre strade alternative: seguire la via della cognizione ordinaria; scegliere il ricorso al procedimento per ingiunzione; intraprendere la speciale procedura camerale disciplinata dagli artt. 28-30 della l. n. 794/1942.

Quest’ultima è stata pochi anni or sono assorbita dal d.leg. 1° settembre 2011, n. 150, che ha sostituito la previgente disciplina con una nuova, desumibile dal combinato disposto degli artt. 3 e 14 d. leg. 150/2011 e degli artt. 702 bis  ss. c.p.c.

La scelta di ricondurre queste controversie al modello del procedimento sommario in un’ottica di semplificazione delle forme procedimentali e di abbandono del modello camerale avrebbe richiesto, come contraltare, il superamento dei problemi applicativi sorti nel precedente regime ed invece, nonostante l’apparente semplicità, la disciplina introdotta dal d. leg. 150/2011 ha suscitato dubbi interpretativi e dato prova di insuperate incongruenze rispetto al passato. 

In linea generale, l’art. 14  d. leg. 150/2011 prevede, in materia di controversie aventi ad oggetto la liquidazione degli onorari e dei diritti degli avvocati, l’applicazione di uno «speciale»  rito sommario caratterizzato a) dalla competenza del tribunale in composizione collegiale; b) dalla non appellabilità dell’ordinanza che definisce il giudizio. Un’ulteriore deroga al regime codicistico del procedimento sommario è prescritta dall’art. 3 d. leg. 150/2011, che esclude per questo tipo di procedimenti l’applicazione del 3° comma dell’art. 702 bis c.p.c., ovvero c) la possibilità per il giudice di disporre la conversione del rito da sommario in ordinario.

Innanzitutto, dal coordinamento dell’art. 14 d. leg. 150/2011 con l’attuale formulazione dell’art. 28 l. 794/1942, al quale il primo espressamente rinvia, resta immutato l’ambito di applicazione del nuovo procedimento: l’oggetto del giudizio è, tuttora, limitato alla quantificazione degli onorari spettanti all’avvocato e non può estendersi all’accertamento dei presupposti del diritto al compenso o ai limiti del mandato o alla sussistenza di cause estintive o limitative della pretesa (cfr. Cass. 13 ottobre 2014, n. 21554, Foro it., Rep. 2014, voce Avvocato, n. 174; Cass. 4 giugno 2010, n. 13640, id., Rep. 2010, voce cit., n. 232). Con la conseguenza che, ove nel corso del procedimento sorgano contestazioni sull’an del diritto al compenso, esclusa espressamente dall’art. 3 d. leg. 150/2011 la possibilità che il rito sommario si converta nelle forme del rito ordinario, si dovrebbe pervenire alla dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità della domanda  (Cass., 5 agosto 2011, n. 17053, id. Rep. 2011, voce cit., n. 182; Trib. Lucca (ord.) 3 luglio 2015, in www.eclegal.it; Trib. Mantova 16 dicembre 2014; Trib. Torino (ord.) 18 luglio 2014; contra, nel senso che, in tal caso, il giudice deve pronunciarsi sulla domanda seguendo le forme del procedimento sommario di cognizione, v. Trib. Foggia 25 settembre 2012, Foro it., Rep. 2013, voce cit., n. 294).

Soluzione quest’ultima che inevitabilmente, da un lato, sacrifica le esigenze di economia processuale, giacché impone all’attore di intraprendere un’ulteriore azione giudiziaria; dall’altro, consente al convenuto di ottenere una definizione in rito del processo, per effetto della mera contestazione dell’an della pretesa, indipendentemente dalla sua fondatezza (cfr. A. Carratta, La «semplificazione» dei riti e le nuove modifiche del processo civile, Torino, 2012, 62; G. Deluca, in Giusto processo civ., 2013, 138). 

Nessun mutamento si ravvisa, inoltre, riguardo alla composizione dell’organo giudicante.

Il legislatore non ha colto l’opportunità di mettere a tacere i dubbi interpretativi sorti, nel vigore della previgente disciplina, in seno alla giurisprudenza, oscillante tra la monocraticità (cfr. Cass. (ord.), 16 maggio 2005, Foro it., Rep. 2007, voce cit., n. 224) e la collegialità (cfr. Cass., 11 marzo 2004, n. 4967, Giur. it., 2004, 2271) del tribunale competente a decidere sulla liquidazione degli onorari dell’avvocato.

Resta, infatti, confermata l’attribuzione di queste controversie alla competenza del tribunale in composizione collegiale.

Tuttavia, occorre osservare che la riserva di collegialità, ancorché giustificata in passato dal fatto che questo tipo di procedimenti era assoggettato alle forme del rito camerale, mal si concilia con la scelta di ricondurre al modello del procedimento sommario controversie di competenza del collegio, quand’anche l’ambito di applicazione di tale procedimento, in ragione di esigenze di semplificazione, sia limitato, ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., alle «cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica» (cfr. A. Carratta, La «semplificazione» dei riti e le nuove modifiche del processo civile, cit., 46).

Sopravvive, dunque, la vecchia regola con buona pace della Suprema corte (Cass. civ., sez. un., 20 luglio 2012, n. 12609, Foro it., 2012, I, 2649, e Corriere merito, 2012, 1123, con nota di G. Travaglino, Il procedimento di liquidazione degli onorari di avvocato; Cass., 31 marzo 2014, n. 7504, Foro it., archivio Cassazione civile) e della Consulta (Corte cost., 1° aprile 2014, n. 65, id., 2014, I, 1363, che ha dichiarato l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale relativa alla composizione collegiale del tribunale nei procedimenti in materia di liquidazione degli onorari degli avvocati).

Alcune considerazioni merita, poi, la scelta di qualificare «non appellabile» l’ordinanza conclusiva del procedimento.

Sotto un primo profilo, occorre notare che il regime di inappellabilità dell’ordinanza sommaria assicura una tutela minore rispetto all’ordinanza resa nel procedimento sommario di cognizione, soggetta, invece, all’appello di cui all’art. 702 quater c.p.c.

Sotto altro profilo, va detto che la nuova disciplina non esclude del tutto l’applicazione all’ordinanza sommaria della disciplina dell’appello di cui all’art. 702 quater c.p.c., ma  prevede solo come regola speciale l’inappellabilità per alcuni procedimenti.

Resta perciò salva l’operatività della regola che attribuisce efficacia di giudicato all’ordinanza sommaria non impugnata, con la particolarità che in tal caso il mezzo di impugnazione che preclude il passaggio in giudicato è il ricorso per cassazione (sul tema, v. R. Tiscini, sub art. 14, La semplificazione dei riti civili, a cura di B. Sassani e R. Tiscini, Roma, 2011, 134 ss).  

Il rito «speciale» di cui all’art. 14 d. leg. 150/2011 così come la precedente procedura camerale di cui all’art. 28 l. 794/1942 continua ad applicarsi esclusivamente ai compensi per le prestazioni rese nei giudizi civili e non opera, invece, per le prestazioni rese in altro tipo di giudizio (cfr. Cass. 25 luglio 2013, n. 18070, id., Rep. 2013, voce cit., n. 278; Corte cost., 11 aprile 2008, n. 96, id., 2008, I, 1747; per l’inapplicabilità della procedura al processo amministrativo, v. Cons. Stato, 12 maggio 2009, n. 2892, id., Rep. 2009,voce cit., n. 181; Cons. Stato (decr.), 21 ottobre 2005, n. 5957, id., 2005, III, 669, con nota di L. Carbone, Il rito camerale speciale per il recupero delle competenze professionali dell’avvocato).

E’ ragionevole pensare che il legislatore avrebbe potuto completare il restyling di questo procedimento, estendendone l’ambito di operatività anche al processo amministrativo, in ossequio alle finalità di snellezza e di economicità cui si ispira il rito sommario.