2 Novembre 2022

Un finanziamento atipico (im)meritevole di tutela: il contratto di risparmio edilizio spurio

di Federica Pasquariello, Ordinario di Diritto commerciale, Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Trib. Bolzano, 31 maggio 2022 – Giudice dott. A. Tarneller

Parole chiave: Risparmio edilizio – Finanziamento bancario- Contratto Atipico – Vaglio di meritevolezza- Sussiste

Massima: “In relazione al contratto di risparmio edilizio c.d. spurio la causa concreta complessiva dell’operazione è quella che comunemente si associa al contratto di mutuo, cioè lo scambio tra un servizio di finanziamento sostenibile e il pagamento di un corrispettivo in forma di interessi, ms con particolarità operative che si estrinsecano in tre negozi collegati. Questi ultimi sono adeguati e proporzionati al perseguimento dello scopo unitario dell’operazione”.

Riferimenti normativi:  art. 1322 c.c.

CASO

Una cassa di risparmio tedesca, già operante in Italia, eroga finanziamenti mediante il contratto di risparmio edilizio, nella sua variante c.d. spuria. I consumatori finanziati contestano la conformità del negozio di finanziamento al vaglio di meritevolezza da applicare ai contratti atipici, secondo l’art. 1322, comma 2, c.c. e domandano – inter alia – la declaratoria di nullità del contratto.

SOLUZIONE

Il Tribunale di Bolzano afferma la meritevolezza di tutela della fattispecie in esame, ponendosi in contrasto con l’orientamento di recente espresso dal Tribunale di Milano.

QUESTIONI

La tecnica di finanziamento che importa in Italia  il modello tedesco del c.d. “ contratto  di risparmio edilizio”, per lo meno nella versione c.d. spuria,  alimenta – tanto davanti ai giudici di merito quanto avanti l’ABF – un contenzioso che merita attenzione. Tralasciando le diverse questioni implicate (quali, quella della corretta indicazione del taeg contrattuale; e la possibile usurarietà del tasso, indicata nel teg) si vuole ora considerare il profilo di  invalidità, che a quanto consta è stato esaminato ex professo dalla sola pronuncia in commento ( che ha deciso per la validità) e dal Trib. Milano 22 gennaio 2022, infra ( che ha deciso per la invalidità).

L’istituto del risparmio edilizio è sorto in Germania nel secolo scorso, per ovviare al divieto per i dipendenti pubblici di contrarre debiti; con il contratto in parola, infatti, essi potevano accantonare direttamente presso la banca il capitale necessario per poi stipulare un mutuo per l’acquisto della casa. La fattispecie è regolata dalla Bausparkassengesetz ( L.16.11.1972, nella versione 15.2.1991, modificata con L. 25.3.1998) e nella fattispecie originaria prevede che il finanziamento si articoli  in due fasi distinte: la prima,  “di accumulo”, nella quale il cliente deposita presso l’intermediario finanziario, con versamenti rateali, un capitale predeterminato e remunerato ad un tasso di interesse prefissato – c.d. risparmio accumulato – finalizzato all’ottenimento del mutuo dell’importo richiesto; la seconda, detta di assegnazione, nell’ambito della quale, al raggiungimento di un determinato ammontare di risparmio accumulato, dietro opzione del cliente, la banca gli concede un mutuo per l’acquisto di un immobile, per un importo pari alla differenza tra l’importo complessivo definito al momento della stipula del contratto di risparmio edilizio ed il risparmio accumulato ( v. Inzitari, Irripetibilità del diritto di stipula in caso di recesso od estinzione anticipata di contratti di risparmio edilizio, in Banca, borsa e tit. cred., 2021, II, p. 258).

A questa versione del contratto di risparmio edilizio si è affiancata  una diversa modalità ( c.d. spuria: quella della fattispecie in commento), che prevede l’erogazione di un prestito personale garantito da ipoteca, denominato “mutuo immediato”, destinato ad essere estinto per mezzo della provvista erogata con il mutuo di assegnazione: quindi il cliente versa una quota di capitale in un apposito conto, denominato “conto di risparmio edilizio”, il cui saldo attivo non è disponibile, e versa  interessi debitori relativi  calcolati sull’intero importo oggetto di finanziamento. Nella seconda fase, a seguito della stipula del c.d. mutuo di assegnazione, prende avvio un vero e proprio piano di ammortamento, con pagamento di rate periodiche, composte da capitale e interessi, sulla somma che risulta dalla differenza fra l’importo inizialmente erogato e quello accantonato sul conto di risparmio edilizio. La durata della prima fase non viene contrattualmente fissata, ma rimessa ad una decisione unilaterale dalla banca, una volta che essa ritenga le somme versate sul conto di risparmio edilizio in un congruo rapporto con l’importo del mutuo immediato. Si tratta di operazione complessa, fondata su contratti distinti –  di mutuo e di risparmio edilizio-, dove il collegamento dipende dalla “unità dell’operazione economica che due o più contratti sono chiamati a realizzare” (e v. Galgano, Dir. civ. e comm., II, Padova, 1990, 181; Roppo, Istituzioni di diritto privato, Bologna, 2001, 372).

Si fa questione, nel caso in esame, della censura relativa alla  mancanza di causa, ai sensi dell’art. 1322, secondo comma, c.c. di questo secondo tipo di finanziamento, quello di risparmio edilizio c.d. spurio. E’ noto, in effetti, come per ogni contratto che risulti  legalmente atipico (in quanto non previsto dal diritto positivo), ovvero socialmente atipico (in quanto non di generalizzata, comune e diffusa  applicazione concreta nella società e sul mercato), l’art. 1322, comma 2, c.c. impone un vaglio di meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, alla luce dei principi che governano il nostro ordinamento giuridico. Peraltro, a fronte di contratti che presentano un anomalo equilibrio del sinallagma contrattuale, il giudice non è esonerato dall’effettuare uno scrutinio sulla tenuta della causa in concreto; e ciò, a fortiori, con riferimento a modelli tipici di altri ordinamenti, essendo pacifico che un negozio tipizzato da un singolo ordinamento nazionale non per questo soltanto possa dirsi meritevole di tutela in un diverso ordinamento (quello di importazione) ed, in particolare, nel nostro sistema giuridico.

Al riguardo, non è scontato rilevare che l’indagine si appunta sul requisito contrattuale della causa e non già sul requisito della volontà, poichè la sussistenza della volontà delle parti e dell’accordo contrattuale non vale a elidere o a compensare la mancanza del diverso requisito della causa contrattuale.

Del resto, è noto che il moderno diritto dei contratti si caratterizza per una progressiva tendenza alla “oggettivizzazione dello scambio” (e v., per tutti, Galgano, Libertà contrattuale e giustizia del contratto, in Contr. e impresa Europa, 2005, p. 509), che ha preso il sopravvento sul c.d. dogma della volontà. A partire dagli anni ’90, in effetti, si sono susseguiti svariati interventi normativi e giurisprudenziali frutto di una sempre più marcata sensibilità del legislatore al sindacato sulla congruità dello scambio, ossia, sull’equilibrio sinallagmatico e sulla “giustizia” della causa concreta del contratto. Nelle molteplici dimensioni applicative del fenomeno, il Supremo Collegio ha, infatti, chiarito che il controllo di meritevolezza del contratto atipico, ai sensi dell’art. 1322, comma 2, c.c., deve essere svolto alla luce della causa concreta (e v., di recente, Rolli, Il diritto privato nella società 4.0, Padova, 2018, p. 156).

Detto tipo di controllo, peraltro, è pacifico che possa e debba essere svolto anche per tutti i contratti tipici, come peraltro, espresso dall’insegnamento della Suprema Corte in tema di “causa in concreto” del singolo negozio esaminato: “La causa quale elemento essenziale del contratto non deve essere intesa come mera ed astratta funzione economico sociale del negozio bensì come sintesi degli interessi reali che il contratto è diretto a realizzare, e cioè come funzione individuale del singolo, specifico contratto, a prescindere dal singolo stereotipo contrattuale astratto, fermo restando che detta sintesi deve riguardare la dinamica contrattuale e non la mera volontà delle parti” (e v. per tutte Cass. 10490/2006).

Alla luce di tali premesse,  il negozio de quo ben può essere giudicato nullo per mancanza di causa, sia intesa nella sua accezione astratta, sia intesa nella sua accezione concreta. L’operazione di finanziamento in considerazione riprende la variante c.d. “spuria” del c.d. contratto di risparmio edilizio, giacché  l’erogazione effettiva del mutuo, che resta l’obiettivo perseguito dal cliente,  è immediata, e non già (come nella originaria versione “pura”) rimandata al tempo nel quale la Banca abbia avuto modo di valutare la condotta posta in essere dal cliente nel periodo dell’accumulo e, in tal modo, la sua attitudine al risparmio.

Si  perde così la primaria funzione economico-sociale dello strumento: acquisire una sorta di promessa di mutuo, al quale nell’immediato il cliente non ha il merito creditizio sufficiente per riuscire ad accedere, sottoponendosi quest’ultimo, in cambio, al periodo di osservazione del c.d. accumulo; inoltre la variante de qua tradisce il modello originario, “puro”, del contratto di risparmio edilizio, che è caratterizzato da natura mutualistica, poiché la provvista dei singoli finanziamenti è costituita dal risparmio accumulato e dalle quote di ammortamento versate dall’insieme dei risparmiatori facenti parte di questa “comunità”.

Dal punto di vista del consumatore che si accosta al sistema di finanziamento bancario, la versione “spuria” dell’operazione non si distingue, in realtà, da ogni altro accesso al credito, salva l’adozione di una tecnica dalla quale egli non ricava alcuna utilità, ma per effetto della quale, anzi, subisce una penalizzazione.

Si tratta infatti di un meccanismo contrattuale che impone al mutuatario pagamenti, mascherati (secondo lo schema del negozio indiretto) da versamenti a titolo di deposito, da effettuarsi sul conto di risparmio edilizio; pagamenti, in effetti, aventi ad oggetto somme inizialmente risultanti, dal punto di vista formale, a credito del correntista (credito, tuttavia, indisponibile ed inesigibile), ma destinato ab origine, per previsione delle parti, ad estinguere, mediante compensazione alla data della c.d. assegnazione, il debito del cliente ex mutuo, in linea capitale; pagamenti che tuttavia, sino alla data della c.d. assegnazione, in quanto formalmente accreditati sul conto del depositante, ai fini del calcolo degli interessi passivi (inferiori agli interessi attivi derivanti dal deposito) vengono considerati tamquam non essent e, in particolare, non vengono imputati (ex art. 1194 c.c.), come invece sarebbe coerente con le previsioni delle parti, alla restituzione del capitale.

In senso contrario alla validità di simile contratto va segnalata la recentissima statuizione del Tribunale di Milano, 22 gennaio 2022, in www.ilcaso.it che, in una fattispecie del tutto sovrapponibile a quella in esame,  ha valutato  in termini di non meritevolezza la clausola che prevede l’imputazione delle somme mensilmente dovute non ad ammortamento bensì a risparmio e, conseguentemente, ha dichiarato la nullità del prodotto di risparmio edilizio spurio nel suo intero complesso; in motivazione si legge che: “In sostanza, quindi, al momento dell’assegnazione del contratto non vi è alcuna erogazione di somma, ma solo un mutamento del tasso e l’inizio dell’ammortamento. Alla luce di tali elementi di fatto, è inevitabile ritenere che le somme formalmente pagate come risparmio siano in realtà quote di ammortamento del mutuo immediato, e proprio per questo fine vengono infatti utilizzate al momento dell’assegnazione, solo che l’ammortamento non avviene tempo per tempo e il mutuatario, per un considerevole periodo stimato nel caso di specie in circa 15 anni, continua a pagare gli interessi sull’intera somma erogata (…). In pratica, benché mensilmente il capitale mutuato venga in parte rimborsato, il mutuatario continua a pagare gli interessi sull’intera somma erogata. Alla luce di ciò, non si ravvisa alcun interesse meritevole di tutela giuridica nella clausola che prevede il pagamento di una somma mensile qualificata come rata di risparmio, per tutto il periodo indefinito, fino alla assegnazione. (…). Non si ignora lo scopo storicamente perseguito dal contratto in esame. L’istituto del risparmio edilizio è sorto in Germania nel secolo scorso, per ovviare al divieto per i dipendenti pubblici di contrarre debiti (…). Ma quando a tale forma, c.d. pura, si aggiunge la stipula e l’erogazione del mutuo immediato, per il medesimo importo, la finalità di agevolare l’accesso al credito viene meno, dal momento che il mutuo viene subito concesso, e il risultato finale è quello di far pagare al mutuatario maggiori interessi per un lungo periodo di preammortamento, senza certezza sulla sua durata”. Per un commento adesivo alla giurisprudenza milanese ed ogni approfondimento  cfr.  Minneci, Sul Bausvertrag e sulle sue varianti italiane: a proposito di una recente pronuncia del Tribunale di Milano, in Dialoghi di diritto dell’economia, 2022, 1.

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