18 Aprile 2016

Sull’ambito di applicazione del procedimento «sommario» per la liquidazione del compenso degli avvocati

di Giacinto Parisi Scarica in PDF

Cass., Sez. VI-3, 29 gennaio 2016, n. 4002

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Avvocato – Compenso professionale – Spese – Liquidazione – Sommario di cognizione (procedimento) – Contestazione del diritto – Mutamento del rito – Non applicabilità – Inammissibilità della domanda – Esclusione (C.p.c. artt. 702 bis e segg.; l. 13 giugno 1942, n. 794, art. 28; d. leg. 1° settembre 2011, n. 150, artt. 3, 14)

[1] Le controversie aventi ad oggetto la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti vantati nei confronti del proprio cliente da parte dell’avvocato per prestazioni svolte nell’ambito di un processo civile, rientrano, anche qualora la domanda riguardi l’an della pretesa, nell’ambito di applicazione dell’art. 14 d.leg. 150/2011 senza possibilità per il giudice adito di disporre il mutamento di rito né di dichiarare l’inammissibilità della domanda.

CASO

[1] Il Tribunale di Bari, adito da un avvocato con ricorso ex art. 14 d.leg. 150/2011 per ottenere la liquidazione del compenso maturato, dichiarava inammissibile la domanda in quanto i resistenti, costituendosi nell’ambito del giudizio, avevano sollevato contestazioni inerenti non solo all’entità della somma dovuta per le prestazioni professionali rese, ma anche all’esistenza stessa del rapporto obbligatorio.

Avverso la pronuncia del Tribunale, il professionista proponeva ricorso per cassazione, con il quale sosteneva che il giudice di prime cure non avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità della domanda, ma disporre la prosecuzione del giudizio nelle forme del rito ordinario di cognizione.

La Corte di cassazione, pur disattendendo le argomentazioni proposte a sostegno del motivo di impugnazione, accoglieva il ricorso, enunciando il principio di diritto riportato nella massima.

SOLUZIONE
[1] La Corte di cassazione, in antitesi con il proprio orientamento consolidato, ha affermato che anche le contestazioni relative alla sussistenza del diritto al compenso dell’avvocato devono essere trattate nell’ambito del procedimento speciale di cui agli artt. 28 l. 749/1942 e 14 d.leg. 150/2011. Conseguentemente, nel caso in cui tali contestazioni sorgano nell’ambito di un procedimento instaurato ai sensi dell’art. 14 cit., il Tribunale è tenuto a decidere sulla domanda, e non deve dunque né disporre il mutamento di rito né dichiarare l’inammissibilità della domanda.

QUESTIONI
[1] A seguito dell’emanazione del d.leg. 150/2011, gli interpreti si sono interrogati sulla possibilità di ricomprendere nell’oggetto del nuovo procedimento «sommario» previsto dall’art. 14 cit. anche l’accertamento dei presupposti del diritto al compenso, dei limiti del mandato o della sussistenza di cause estintive o limitative della pretesa dell’avvocato (per tutti, si vedano Carratta, La «semplificazione» dei riti e le nuove modifiche del processo civile, Torino, 2012, 60; Tiscini, sub art. 14, in La semplificazione dei riti civili, a cura di Sassani e Tiscini, Roma, 2011, 133).

Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, la novella del 2011, limitandosi a sottoporre la materia in questione al rito sommario di cognizione, non avrebbe comportato alcuna modifica dei presupposti per il ricorso al procedimento di cui all’art. 28 l. 794/1942: conseguentemente, anche il nuovo procedimento di cui all’art. 14 cit. si applicherebbe ai casi in cui la controversia abbia ad oggetto esclusivamente l’accertamento del quantum del compenso spettante all’avvocato (Cass. 5 ottobre 2015, n. 19873; Trib. Catania 28 gennaio 2016 (ord.); Trib. Bologna 24 dicembre 2015 (ord.); Trib. Modena 23 ottobre 2015 (ord.); Trib. Lucca 3 luglio 2015 (ord.), in www.eclegal.it; Trib. Bari 26 giugno 2015 (ord.); Trib. Torino 18 luglio 2014 (ord.); Trib. Bologna 27 gennaio 2014 (ord.); Trib. Mantova 16 dicembre 2014 (ord.), in www.ilcaso.it; Trib. Napoli 26 gennaio 2012 (ord.), in Giur. Merito, 2012, 1537).

Con la sentenza n. 4002/2016 la Suprema Corte, aderendo all’orientamento minoritario (cfr. Trib. Bari 14 marzo 2013 (ord.); Trib. Foggia 25 settembre 2012 (ord.), in Giusto proc. civ., 2013, 128), ha, invece, affermato che anche nel caso in cui sorgano contestazioni in ordine alla sussistenza del diritto al compenso dell’avvocato, il processo debba proseguire nelle forme del rito sommario di cui all’art. 14 cit.

A sostegno della propria decisione, la Cassazione ha affermato che: (i) la pienezza della cognizione assicurata dal procedimento di cui agli artt. 702 bis ss. c.p.c. consente di ritenere che anche le controversie relative all’an della pretesa possano essere trattate con il rito speciale di cui all’art. 14 cit.; (ii) tale soluzione sarebbe, peraltro, rispettosa «dell’impianto generale del d. leg. n. 150/2011, in cui la tipologia del rito è il frutto di una decisione legislativa senza possibilità di scelte discrezionali della parte o del giudice»; e, infine, (iii) in tal senso militerebbero altresì ragioni di economia processuale e il rispetto del principio di conservazione degli atti processuali, poiché, ove si propendesse per la tesi opposta, non potendosi comunque procedere alla conversione del rito in virtù di quanto previsto dall’art. 3, comma 1, d.leg. 150/2011, si dovrebbe necessariamente pervenire alla dichiarazione di inammissibilità del domanda.

Tale revirement della Corte di cassazione, oltre a prestare il fianco ad una serie di obiezioni di carattere sistematico (per le quali si rinvia a Carratta, La «semplificazione» dei riti, cit., 61), è destinato a suscitare non poche difficoltà di carattere pratico in sede di impugnazione del provvedimento che definisce il giudizio di primo grado.

Infatti, là dove si acceda all’orientamento giurisprudenziale (sino ad oggi) prevalente, il provvedimento conclusivo del giudizio di primo grado che incide sull’an della pretesa creditoria dell’avvocato dovrebbe essere impugnato con l’appello (cfr., per tutte, Cass. 5 ottobre 2015, n. 19873), mentre, nell’ipotesi in cui si aderisca all’indirizzo da ultimo inaugurato dalla Corte di cassazione, l’ordinanza che definisce il procedimento dovrebbe essere impugnata, in ogni caso, per mezzo del ricorso straordinario per cassazione, trattandosi di un provvedimento “non appellabile”, a mente dell’art. 14, comma 4, d.leg. 150/2011.

Dubbi sorgono, infine, anche con riferimento alla sorte dei giudizi di appello instaurati nei confronti di provvedimenti emanati all’esito del procedimento «sommario» ex art. 14 cit., sui quali pende oggi, in virtù del recente pronunciamento della Suprema Corte, la spada di Damocle della declaratoria di inammissibilità.

Non resta, quindi, che attendere per scoprire se la pronuncia in epigrafe rimarrà una voce isolata in seno alla giurisprudenza di legittimità ovvero se ci si trovi all’alba di un nuovo orientamento interpretativo della Suprema Corte.