25 Ottobre 2016

Sulla rappresentanza processuale del minore la Cassazione fa il punto

di Carlo Vittorio Giabardo Scarica in PDF

Cass., Sez. VI-1, 8 Giugno 2016, n. 11782 Pres. Finocchiaro – Est. Amendola

Procedimento civile – Procedimento di adozione – Minore – Difesa tecnica – Necessità (L. 4 maggio 1983, n. 184, artt. 8, ult. comma, 10, comma 2; c.p.c. art. 354)

[1] Nel procedimento volto all’accertamento dello stato di adottabilità del minore, quest’ultimo deve essere presente allo stesso in qualità di parte. Ne consegue che al minore deve essere assicurata assistenza legale in ogni stato e grado del giudizio, a pena di nullità dell’intero procedimento e conseguente rimessione della causa al primo giudice, ex art. 354 c.p.c.

Il caso

In una intricata vicenda relativa all’adozione di un minore, il Tribunale dei Minorenni di Milano dichiarava lo stato di adottabilità del minore stesso, per inidoneità della famiglia della zia a prendersene cura. Su ricorso di quest’ultima, la Corte d’Appello revocava lo status di adottabilità del minore e disponeva – previa nomina del Comune di residenza quale tutore provvisorio – il suo collocamento presso l’abitazione degli zii. Su ricorso del Comune, la Corte di Cassazione, rilevato come il minore fosse privo di difesa tecnica, cassa la sentenza impugnata, e rimette la causa in primo grado per violazione del diritto di difesa (e quindi del contraddittorio) del minore, enunciando il principio riportato in massima.

La soluzione

La Suprema Corte afferma che, essendo il minore parte integrale (e anzi «principale») del procedimento in cui si disputa della sua adottabilità, egli ha diritto a partecipare allo stesso con pienezza di poteri, necessariamente tramite un curatore speciale il quale – se non dotato egli stesso del potere di stare in giudizio personalmente e in difetto della nomina di un difensore d’ufficio da parte del Tribunale – deve a sua volta nominare un avvocato.

Le questioni

Con la sentenza pronunciata, la Suprema Corte affronta due questioni, distinte, ma connesse.  La prima è che il minore d’età è da considerarsi vera e propria parte sia in senso sostanziale sia processuale del procedimento contenzioso de potestate. In quanto tale ha diritto a stare in giudizio per mezzo di un curatore speciale, nominato ad hoc dal Tribunale, essendo sempre ravvisabile un conflitto d’interessi (in questo caso, anche solo in astratto) con i suoi rappresentanti legali naturali, ossia i genitori, portatori per definizione di un interesse che può essere diverso da quello “superiore” del minore. La seconda questione (da intendersi come la logica conseguenza della prima) è che egli ha diritto anche a una difesa legale in senso tecnico. Nel caso in cui il tutore eventualmente presente o il curatore speciale appositamente nominato non rivestano la qualità di avvocato, dovranno, quindi, nominare un difensore tecnico. In difetto di tale nomina, provvederà il Tribunale stesso d’ufficio. L’orientamento è, oramai, ampiamente consolidato, a partire delle essenziali Corte Cost., 10 Giugno 2009, n. 179, in Fam. e Dir., 2009, 869 con nota di Arcieri, Il minore e i procedimenti che lo riguardano: una normativa ancora disapplicata, e Corte Cost., 11 Marzo 2011, n. 83, ivi, 2011, 547 con nota di Tommaseo, La Corte Costituzionale sul minore come parte nei processi sulla giustizia minorile. Nella giurisprudenza di legittimità, si segnala Cass. 17 Febbraio 2010, n. 3804 del 17 febbraio 2010, con nota di Boccagna, Rappresentanza e difesa del minore nel giudizio di adottabilità: la Cassazione boccia la tesi «ambrosiana», in Riv. Dir. Proc., 2011, 415 e, più di recente, Cass. 22 luglio 2015, n. 15363. In dottrina (anche per un esame degli aspetti deontologici) cfr. Ruo, Avvocato, tutore, curatore del minore nei procedimenti di adottabilità, in Dir. fam. e pers., 2011, 338 ss.; Danovi, L’avvocato del minore nel processo civile, in Fam. e Dir., 2014, 182.

Non va dimenticato, inoltre, che nel medesimo procedimento, ai sensi degli artt. 315 bis, comma 3, 336, comma 2, e 336 bis c.c. come novellati dalla L. 219/2012 e poi dal D. Lgs. 154/2013, il minore che abbia compiuto dodici anni (ma in ogni caso se dotato di capacità di discernimento) ha diritto a essere ascoltato personalmente, a pena di nullità dell’intero procedimento. In generale, si vis, cfr. Giabardo, Il minore e il suo diritto a essere ascoltato nel processo civile, in Giur. It., 2014, 1257 ss.