6 Giugno 2016

Sulla domanda di risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c. proposta per la prima volta nel giudizio di appello

di Andrea Perin Scarica in PDF

 

Cass. 21 aprile 2016 n. 1115

Pres. Finocchiaro – Est. Vivaldi

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Spese e danni derivanti dal processo – Responsabilità processuale aggravata ex art. 96 c.p.c. – Domanda ex art. 96 c.p.c. proposta per la prima volta nel giudizio di appello – Ammissibilità (c.p.c. artt. 96, 345)

[1] La domanda di risarcimento danni per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. può essere proposta per la prima volta nella fase di gravame solo con riferimento a comportamenti della controparte posti in atto in tale grado del giudizio, quali la colpevole reiterazione di tesi giuridiche già reputate manifestamente infondate dal primo giudice ovvero la proposizione di censure la cui inconsistenza giuridica avrebbe potuto essere apprezzata in modo da evitare il gravame, e non è soggetta al regime delle preclusioni previste dall’art. 345, comma 1, c.p.c., tutelando un diritto conseguente alla situazione giuridica soggettiva principale dedotta nel processo, strettamente collegato e connesso all’agire od al resistere in giudizio, sicché non può essere esercitato in via di azione autonoma.

CASO
[1] Con la sentenza in commento la Corte di cassazione torna ad affrontare la questione concernente la proponibilità, per la prima volta nel giudizio di appello, di una domanda di risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c.

È in particolare accaduto che la domanda principale dell’attore era stata rigettata in primo grado; proposta l’impugnazione avverso la sentenza, l’appello veniva accolto senza che però il giudice decidesse sulla domanda di risarcimento del danno per lite temeraria formulata per la prima volta in giudizio con l’atto di appello. Il ricorrente in Cassazione – sconfitto in primo grado, ma vittorioso in appello – si è quindi rivolto alla Suprema Corte lamentando l’omessa pronuncia del giudice del gravame sulla domanda ex art. 96 c.p.c., proposta nei termini sopra indicati.

SOLUZIONE
[1] Dopo aver consapevolmente richiamato l’orientamento giurisprudenziale (Cass., 20 ottobre 2014, n. 22226; Cass., 12 marzo 2002, n. 3573; Cass. ,21 aprile 1999, n. 3967) secondo cui la domanda diretta al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata a norma dell’art. 96 c.p.c. può essere proposta per la prima volta in appello – anche se solo con riferimento a comportamenti della controparte posti in atto in tale grado del giudizio – in quanto una simile domanda non incontrerebbe il limite del divieto dello ius novorum sancito dall’art. 345 c.p.c., comma 1°, c.p.c., la Cassazione ha rigettato il ricorso evidenziando come nel caso di specie l’appellante non avesse dedotto alcuna circostanza che, riferita al giudizio di impugnazione, integrasse gli estremi per l’applicabilità dell’art. 96 c.p.c.

QUESTIONI
[1] In tema di responsabilità processuale aggravata ci si è da sempre chiesti se e con quali limiti sia ammissibile formulare per la prima volta nel giudizio di appello una richiesta di risarcimento del danno da lite temeraria ex art. 96 c.p.c.

Una parte, per vero isolata, della dottrina e della giurisprudenza negano la possibilità di chiedere siffatto risarcimento, per la prima volta, in appello, valorizzando l’esigenza di dover «mantenere i normali gradi di giudizio anche con riferimento ad una simile domanda» (G. Scarselli, Le spese giudiziali civili, Milano, 1998, 390; in giurisprudenza Cass., 9 dicembre 1980, n. 6332).

La giurisprudenza di legittimità ha, invece, più recentemente e in più occasioni affermato che è ammissibile una domanda ex art. 96 c.p.c. per la prima volta anche in appello, almeno con riferimento a comportamenti processuali posti in essere in tale grado del giudizio (Cass., 25 luglio 2006, n. 16975; Cass., 21 aprile 1999, n. 3967; Cass., 20 ottobre 2014, n. 22226; Cass., 12 marzo 2002, n. 3573).

Muovendo dalla considerazione secondo cui la domanda per responsabilità processuale aggravata è «accessoria alla domanda principale di merito» (G: Chiovenda, La condanna nelle spese giudiziali, Torino, 1901, passim), dottrina e giurisprudenza assolutamente prevalenti ritengono che la domanda di risarcimento del danno per responsabilità processuale aggravata ex art. 96 c.p.c. deve essere formulata esclusivamente, sia per l’an che per il quantum, innanzi al giudice investito del procedimento per il quale si pretende dedurre tale responsabilità, con conseguente esclusione della possibilità di avanzare una domanda ex art. 96 c.p.c. in un successivo e separato giudizio rispetto a quello in cui si è realizzata la condotta temeraria (C. Mandrioli, Diritto processuale civile, ed. 21a, I, Torino, 2011, 366; V. Andrioli, Commento al codice di procedura civile, Napoli, 1961, 271; in giurisprudenza Cass., 8 febbraio 1990 n. 875; Cass., 26 giugno 2001, n. 8738; Cass., 12 marzo 2002, n. 3573. In senso contrario, isolatamente, P. Pajardi, La responsabilità per le spese e i danni del processo, Milano, 1959, 356).

D’altro canto, l’art. 96 c.p.c., nell’affidare al giudice – avanti al quale si è «agito o resistito in giudizio» (comma 1°), ovvero a quello che ha compiuto l’accertamento dell’inesistenza del diritto (comma 2°) o a quello che «pronuncia sulle spese» (3° comma) – il compito di decidere sulla relativa istanza, disciplina un fenomeno che si colloca all’interno di un processo già pendente; si è così affermato che il potere di proporre detta istanza, essendo previsto come potere endoprocessuale collegato e connesso all’azione od alla resistenza in giudizio, non può essere esercitato in via di azione autonoma (Cass., 18 aprile 2007, n. 9297); di conseguenza, l’istanza, con cui si chiede al giudice la condanna della controparte al risarcimento del danno da lite temeraria, non essendo configurabile come autonoma azione giudiziale, sfugge al regime di preclusioni previsto per le domande nuove dall’art. 345, comma 1°, c.p.c. e, quindi, può essere proposta per la prima volta in appello, anche se limitatamente ai danni processuali conseguenti a condotte temerarie tenute in tale grado.

Tirando le fila del discorso, è dunque possibile proporre per la prima volta in appello una domanda risarcitoria ex art. 96 c.p.c., ma alla condizione che si richiedano danni processuali conseguenti a condotte temerarie tenute nel solo grado di appello (v. utilmente Cass., 18 novembre 2014, n. 24546, che ha condannato, ai sensi dell’art. 96, comma 3°, c.p.c. la parte che aveva insistito colpevolmente in tesi giuridiche già reputate manifestamente infondate dal primo giudice e che aveva mosso censure alla sentenza impugnata la cui inconsistenza giuridica ben avrebbe potuto essere apprezzata dall’appellante, in modo da evitare il gravame); eventuali e ritenuti danni processuali da condotte temerarie tenute in primo grado dovranno invece essere chiesti al giudice di prime cure non potendo essere domandati per la prima volta nel giudizio di appello.