10 Gennaio 2023

Spetta al creditore dimostrare la successione del socio nei debiti della società cancellata dal registro delle imprese

di Eleonora Giacometti, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., Sez. VI – 2, Ord., (data ud. 25/11/2022) 13/12/2022, n. 36407

Parole chiave: società di capitali – società a responsabilità limitata – società cancellata – successione nei debiti della società – onere della prova.

Massima: “Al momento della cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese le obbligazioni sociali non si estinguono ma si trasferiscono in capo ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione, sicché grava sul creditore l’onere della prova circa la distribuzione dell’attivo sociale e la riscossione di una quota di esso in base al bilancio finale di liquidazione, trattandosi di elemento della fattispecie costitutiva del diritto azionato dal creditore nei confronti del socio”.

Disposizioni applicate: art. 2495 c.c., art. 2697 c.c.

Con il giudizio in esame, Alfa s.r.l. e Beta S.r.l., socie di una S.p.A. estinta e cancellata dal registro delle imprese, hanno proposto ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della Corte d’appello di Roma che aveva confermato la decisione di primo grado del Tribunale di Roma in merito alla successione delle socie nelle obbligazioni sociali della società estinta.

In particolare, le sentenze contestate avevano condannato le due socie al pagamento di una riduzione di prezzo chiesta da un soggetto terzo in relazione all’acquisto di un immobile di proprietà della società cancellata, oltre che al relativo risarcimento del danno.

In merito a tale questione, il Tribunale di Roma aveva richiamato quella giurisprudenza di legittimità che afferma che i soci di una società cancellata sono destinati a succedere pro quota nei rapporti debitori, sia pure, per le società di capitali, nei limiti di quanto percepito in sede di liquidazione finale (diversamente dalle società di persone la cui estinzione comporta, in genere, la successione illimitata dei soci nei rapporti obbligatori facenti capo all’ente).

Nel caso in esame, tuttavia, l’assenza di utili percepiti dalle socie convenute in giudizio non era stata dimostrata dal creditore, dal momento che quest’ultimo aveva prodotto il bilancio finale di liquidazione della società cancellata solo in sede di appello.

Le socie hanno quindi proposto ricorso in cassazione denunciando, quale unico motivo, la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto con riguardo, in particolare, all’art. 2495 c. 2° c.c. e all’art. 2697 c.c., in tema di ripartizione dell’onere della prova, poiché, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, avrebbe dovuto essere il creditore a dimostrare l’ammontare delle somme effettivamente percepite dalle socie, in quanto grava, appunto, sul creditore l’onere della prova circa l’effettiva distribuzione dell’attivo sociale e la riscossione di una quota di questo in base al bilancio finale di liquidazione.

In considerazione di quanto sopra, la Corte di Cassazione ha quindi ritenuto fondato il ricorso proposto dalle socie, richiamando il proprio precedente e consolidato orientamento secondo cui in tema di effetti della cancellazione di società di capitali dal registro delle imprese nei confronti dei creditori sociali insoddisfatti, il disposto dell’art. 2495 comma 2° c.c. implica che l’obbligazione sociale non si estingue ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione, sicchè grava sul creditore l’onere della prova circa la distribuzione dell’attivo sociale e la riscossione di una quota di esso in base al bilancio finale di liquidazione, trattandosi di elemento della fattispecie costitutiva del diritto azionato dal creditore nei confronti del socio (cfr. in senso conforme le sentenze della Corte di Cassazione Sez. 1, n. 15474 del 22 giugno 2017; Sez. 1, n. 31933 del 6 dicembre 2019; Sez. Lav., n. 29916 del 25 ottobre 2021).

Nel caso in esame la sentenza del Tribunale di Roma era infatti errata laddove, anziché accertare che il creditore avesse fornito la dimostrazione di una ripartizione di utili fra i soci, aveva invertito l’onere della prova.

In conclusione, la Corte di Cassazione ha quindi cassato la sentenza impugnata con rinvio del giudizio davanti alla Corte d’appello di Roma per una nuova valutazione della domanda originaria alla luce del principio sopra esposto.

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Difesa dell’Ente in caso di contestazione 231: gli elementi da conoscere per impostare la difesa