23 Febbraio 2021

Rilievo in appello della nullità della citazione per mancanza dell’avvertimento ex art. 163, n. 7), c.p.c.

di Valentina Baroncini, Avvocato e Ricercatore di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cass., sez. VI, 7 gennaio 2021, n. 32, Pres. Cosentino – Est. Picaroni

[1] Citazione introduttiva del primo grado mancante dell’avvertimento ex art. 163, n. 7, c.p.c. – Contumacia del convenuto – Rilievo in appello – Conseguenze – Nullità del giudizio – Rimessione della causa al primo giudice – Esclusione – Dovere del giudice di appello di decidere nel merito – Sussistenza (artt. 163, 164, c.p.c.)

La nullità della citazione introduttiva del primo grado per mancanza dell’avvertimento ex art. 163, n. 7, c.p.c., non sanata dalla costituzione del convenuto, ex art. 164, comma 3, c.p.c., e rilevata in sede di gravame, comporta la declaratoria di nullità del giudizio di primo grado, con conseguente rinnovazione dello stesso da parte del giudice di appello e, all’esito, decisione nel merito, non ricorrendo un’ipotesi di rimessione della causa al primo giudice. (massima ufficiale).

CASO

[1] Un condominio veniva convenuto in primo grado con un atto di citazione privo dell’avvertimento prescritto dall’art. 163, n. 7), c.p.c., in particolare con riferimento alla decadenza dalla facoltà di eccepire l’incompetenza territoriale del giudice adito, ex art. 38 c.p.c., in caso di mancata tempestiva costituzione.

Il giudizio di primo grado di svolgeva in contumacia del condominio.

La Corte d’Appello, adita su iniziativa del condominio, dopo aver rilevato che effettivamente l’atto di citazione era privo del requisito di cui al richiamato art. 163, n. 7), c.p.c., ha ritenuto che detta nullità non comportasse la nullità dell’intero giudizio di primo grado e dovesse comunque ritenersi sanata, dal momento che il condominio non aveva eccepito in sede di gravame l’incompetenza del giudice adito.

Avverso tale pronuncia, il condominio proponeva ricorso per cassazione di cui, ai fini del presente commento, verrà esaminato il primo motivo. Tramite lo stesso, in particolare, si contestava ciò, che la Corte d’Appello, dopo aver rilevato la nullità della citazione introduttiva, che aveva inficiato l’intero giudizio di primo grado, non avesse provveduto a rinnovare gli atti del processo, come imposto dall’art. 164 c.p.c., ritenendo erroneamente che la nullità fosse stata sanata.

SOLUZIONE

[1] La Suprema Corte accoglie il ricorso, dichiarando la fondatezza del motivo proposto.

In particolare, la Cassazione osserva che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’Appello, la nullità della citazione introduttiva per mancanza dell’avvertimento ex art. 163, n. 7), c.p.c., imponeva la declaratoria di nullità del giudizio di primo grado, con conseguente rinnovazione dello stesso e, all’esito, decisione della causa nel merito, non ricorrendo un’ipotesi di rimessione della causa al primo giudice (in tal senso, già Cass., 28 marzo 2017, n. 7885; Cass., 7 marzo 2013, n. 10580; Cass., sez. un., 19 aprile 2010, n. 9217).

Inoltre, stante la contumacia del condominio nel giudizio di primo grado, la Corte esclude che possa essersi configurata la sanatoria della nullità in discorso, la quale presuppone, ai sensi dell’art. 164, terzo comma, c.p.c., che il convenuto si sia costituito e non abbia eccepito la nullità.

Conseguentemente, in accoglimento del ricorso proposto, la Suprema Corte cassa la sentenza, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’Appello per la rinnovazione del giudizio di merito.

QUESTIONI

[1] La decisione in commento delinea le conseguenze del rilievo, avvenuto nel giudizio di secondo grado, del vizio della citazione introduttiva consistente nella mancanza, all’interno della stessa, dell’avvertimento di cui all’art. 163, n. 7), c.p.c. (nel caso di specie, l’omissione ha riguardato l’avvertimento circa la facoltà di eccepire l’incompetenza territoriale del giudice adito ex art. 38 c.p.c.).

Prima di procedere nell’analisi di tale questione, può senz’altro essere utile richiamare il quadro normativo di riferimento.

Anzitutto, viene in gioco il più volte richiamato art. 163, n. 7), c.p.c. il quale, nel dettare i contenuti dell’atto di citazione, richiede che lo stesso rechi «l’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione; l’invito al convenuto a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’art. 166, ovvero di dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini, e a comparire, nell’udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell’art. 168-bis, con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli art. 38 e 167» [corsivo nostro].

La mancanza di tale avvertimento – evidentemente prescritto a fini garantistici nei confronti del convenuto e delle sue facoltà difensive -, comporta, come noto, la nullità dell’atto di citazione (così, apertis verbis, l’art. 164, primo comma, c.p.c.). Altrettanto noto dovrebbe essere il regime processuale che la legge riserva a tale vizio: in caso di mancata costituzione del convenuto, esso è sanato ex tunc dalla rinnovazione della citazione; altrimenti è proprio la costituzione spontanea del convenuto a sanare, sempre con efficacia retroattiva, il vizio, salvo il caso in cui tale soggetto deduca espressamente la mancanza dell’avvertimento in questione, ciò cui consegue la fissazione da parte del giudice di una nuova udienza nel rispetto dei termini (art. 164, primo, secondo e terzo comma, c.p.c.).

Nel caso che ci occupa, il convenuto non si è costituito spontaneamente, né la citazione viziata dalla mancanza dell’avvertimento di cui al n. 7) dell’art. 163 c.p.c. risulta essere stata rinnovata: per il che è giocoforza da escludere che il vizio in questione sia stato sanato nel corso del giudizio di primo grado. Sul punto, la Corte d’Appello ha ritenuto che la sanatoria dell’atto fosse stata prodotta dalla scelta, operata dal condominio, di non eccepire, in sede di gravame l’incompetenza territoriale del giudice adito in prime cure.

Tornando alla normativa positiva, in caso di omessa sanatoria di un vizio processuale entra in gioco il meccanismo di cui all’art. 159 c.p.c., ai sensi del quale la nullità dell’atto comporta la nullità di tutti gli atti successivi che ne sono dipendenti: trattandosi di nullità (non sanata) dell’atto introduttivo del giudizio, ne discende allora la nullità dell’intero giudizio di prime cure, da farsi valere mediante l’impugnazione della sentenza conclusiva di tale grado di merito.

Per l’eventualità in cui – come avvenuto nel caso di specie – il vizio sia rilevato per la prima volta nel grado d’appello, è possibile distinguere tre distinti orientamenti dottrinali circa il trattamento da riservare allo stesso. Secondo una prima opinione (G. Monteleone, Diritto processuale civile, Padova 2004, 367 ss.), il giudice d’appello, rilevata la nullità dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, dovrebbe limitarsi a dichiarare la nullità dell’intero giudizio e l’improcedibilità dell’azione, senza possibilità di rimettere la causa in prime cure, stante la tassatività delle ipotesi delineate dall’art. 354 c.p.c.; un secondo orientamento, viceversa, ritiene applicabile analogicamente al caso de quo l’art. 354 c.p.c., con conseguente possibilità per il giudice di secondo grado di emettere una pronuncia meramente rescindente della sentenza, con rimessione della causa in prime cure (in tal senso, F.P. Luiso, sub art. 164, in C. Consolo, F.P. Luiso, B. Sassani (a cura di), Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996, 95; B. Sassani, Appello (dir. proc. civ.), in Enc. Dir., III, Milano, 1999, 198); un terzo filone interpretativo, infine, afferma come il giudice d’appello debba trattenere la causa e deciderla nel merito, previa rinnovazione degli atti processuali nulli (così, G. Balena, La rimessione della causa al primo giudice, Napoli, 1984, 147 ss.; S. Chiarloni, Appello (dir. proc. civ.), in Enc. Giur. Treccani, II, Roma, 1995, 23; A. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2014, 228 ss.).

Sulla scia dell’ultimo orientamento richiamato si è inserita altresì la giurisprudenza di legittimità, la quale è oggi consolidata nel senso di ritenere che il giudice d’appello, rilevata in secondo grado la nullità (non sanata) dell’atto di citazione, non possa dichiarare la nullità e rimettere la causa in primo grado (non ricorrendo alcuna delle ipotesi di appello c.d. rescindente di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c.), ma, dopo aver dichiarato la nullità della sentenza e del procedimento, debba trattenere la causa e, previa ammissione dell’appellante a esercitare in appello tutte le attività impedite nel giudizio di primo grado, decidere la causa nel merito (oltre alle pronunce già richiamate, si ricordano Cass., 26 luglio 2013, n. 18168; Cass., 8 giugno 2012, n. 9306; Cass., sez. un., 21 marzo 2001, n. 122).

A completamento di quanto detto, si aggiunge solamente che, sulla base della disciplina di cui all’art. 294 c.p.c., la giurisprudenza di legittimità riconosce al convenuto contumace il diritto alla rinnovazione delle attività proprie del giudizio di primo grado, ma precisa come tale soggetto potrà essere ammesso al compimento delle attività colpite dalle preclusioni verificatesi in tale grado di giudizio in quanto dimostri che la nullità della citazione gli abbia impedito di avere conoscenza del processo e, quindi, di difendersi (c.d. contumacia involontaria; in tal senso, la già citata Cass., n. 7885/2017).

Alla luce degli orientamenti richiamati, appare corretta la decisione assunta dalla Cassazione nel caso di specie secondo cui, per l’appunto, il giudice d’appello, una volta rilevata la nullità dell’atto di citazione (che, stante l’omessa costituzione del convenuto in prime cure, non poteva considerarsi sanata), avrebbe dovuto dichiarare la nullità della sentenza e decidere la causa nel merito previa rinnovazione degli atti processuali affetti da nullità.

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